Anzitutto grazie ai follower di The Digilife Post. È una pubblicazione senza grandi pretese nella quale vorrei raccontare la mia visione della vita digitale, attraverso esperienze personali e analisi di respiro più ampio.
Dieci anni fa, a marzo, aprivo il mio primo blog che mi permise, nel giro di pochi mesi e inaspettatamente, di iniziare la mia carriera nell’editoria.
I ritmi serrati della mia prima esperienza di lavoro (il Blog di Beppe Grillo) mi costrinsero a smettere di scrivere, ma ultimamente ho sentito il desiderio di tornare a condividere i miei pensieri e le mie storie. Ho scelto di farlo su Medium perché mi affascina il tentativo di superare i modelli di business editoriali basati sulla sola pubblicità, per concentrarsi sulla qualità del prodotto e dei contenuti. Speriamo abbia successo: c’è un gran bisogno di novità, e di soluzioni, in questo settore.
Forse non è chiaro a tutti, ma stiamo fornendo armi ai terroristi: quelle della propaganda.
È assodato che il proselitismo di Daesh, soprattutto in Occidente, venga fatto anche su Internet, soprattutto attraverso i social network. Fanno correre le colonne di carri armati della loro propaganda sulle nostre autostrade digitali. Capita perfino che incontrino i nostri soldati, che con molta imprudenza fanno loro il pieno di gasolio.
Non so all’estero, ma in Italia è già capitato che alcuni militari si siano lasciati andare pubblicamente a commenti indecenti, quando non veri e propri insulti, su vicende di cronaca in cui sono coinvolti. Mi capita sempre più spesso di notare la stessa leggerezza, sempre da parte di uomini in divisa anche con incarichi apicali, nel commentare vicende internazionali legate al terrorismo e al mondo arabo. Usando un eufemismo, non esattamente raffinate strategie di geopolitica.
Qual è la probabilità che questi commenti siano letti, e dunque usati, dai responsabili della comunicazione online di Daesh (sì: hanno dei social media manager)? Molto alta. Anzitutto, anche se scritti in italiano, sia Facebook che Twitter integrano traduttori automatici. In secondo luogo, nessuno sa quanti operativi parlano la nostra lingua: dobbiamo supporre, per prudenza, che siano molti. Infine, è dimostrato che su Facebook i gradi di separazione tra due utenti qualsiasi sono quattro: Mario conosce Maria, che conosce Giuseppe, che conosce Elena, che conosce Antonio. Basta poco perché Antonio legga quello che scrive Mario (quante volte vi capita di imbattervi in commenti o post scritti da perfetti sconosciuti?).
Trovo stupefacente, alla luce dei rischi che corriamo, che i vertici militari occidentali non formino i propri uomini e donne all’uso dei social media. Non si sono accorti che il nemico lo fa? Non si sono accorti dei 90.000 account Twitter riconducibili ai terroristi?