Sette motivi per cui Rousseau e il M5s non spariranno

Questa è stata la settimana in cui è iniziata davvero la trattativa per portare Forza Italia in area di governo. Vedremo se sarà un appoggio esterno, se verrà concesso a Berlusconi qualche sottosegretario, come reagiranno Salvini e Meloni. Ma ormai è chiaro che questa legislatura vedrà perfino una qualche forma di accordo tra Berlusconi, Casaleggio e Grillo.

Di Maio, in alcune interviste dopo gli Stati Generali, si era dichiarato disponibile. Bettini (PD), titola Linkiesta, offre un “patto del Nazareno” a Berlusconi e allo stesso Di Maio.

C’è anche stato l’episodio del presidente della commissione antimafia Morra, con una dichiarazione spiacevole sulla defunta presidente di Forza Italia della regione Calabria, Jole Santelli. La gaffe è stata subito sfruttata dal centrodestra per chiederne le dimissioni, ma il senatore osserva con attenzione anche le reazioni dei suoi compagni di Partito.

Di Maio, ad esempio, ha incontrato poche ore dopo la presidente del Senato Casellati. Di cosa si è parlato, non è stato reso noto, ma il deputato europeo M5s Corrao, vicino ad Alessandro Di Battista, spera che “non si sia parlato di intese con Berlusconi”. Segno che probabilmente si è proprio parlato di intese con Berlusconi.

Casaleggio, Rousseau, il voto e i candidati

Casaleggio, sul tema, ha detto che qualsiasi cambio di maggioranza dovrà essere votato su Rousseau. Aggiungendo, in un’intervista al Corriere della Sera, che la selezione dei candidati del Movimento 5 Stelle dovrà rimanere compito di Rousseau e non passare, come chiedono i parlamentari, al Movimento 5 Stelle. Perché, spiega, ci sarebbe un conflitto d’interesse tra le persone che devono selezionare i candidati, tra cui sé stessi. Ma è ovvio che la selezione dei candidati è funzionale a mantenere la sua influenza: Casaleggio infatti si comporta come un broker di seggi parlamentari, che noleggia per 300€ al mese. Poter decidere il metodo con cui selezionare i candidati è ciò che glielo permette.

Ma non è tutto. Il vantaggio di una struttura “leggera” come Rousseau è quella di poter prendere decisioni velocemente, anticipando le mosse dei propri concorrenti, compreso il Movimento parlamentare. Proprio oggi, lunedì 23 novembre, Rousseau lancia il “Piano 2020/2021”. Un’iniziativa sia per la raccolta di fondi – data la riluttanza di parte dei parlamentari a versare le proprie quote – sia per anticipare alcune richieste che sono emerse dagli Stati Generali. Quella che mi sembra la più significativa è la necessità di luoghi d’incontro fisici.

Casaleggio propone nuovi strumenti di relazione digitali e una “struttura decentralizzata”. Chiarissimo il tentativo, che verosimilmente riuscirà, di fare concorrenza agli Stati Generali. Vito Crimi si è affrettato a dire che non si tratta di un’iniziativa del Movimento, ma do Rousseau, ma le comunicazioni che arrivano a chi decide di partecipare all’evento di oggi sono confuse. La mail arriva con mittente “Iniziative a 5 Stelle”, presenta i due marchi “Movimento 5 Stelle | Rousseau”, sembra in tutto e per tutto un’iniziativa del partito.



L’utilizzo anche del marchio “M5s” per questo evento ha fatto infuriare Luigi Di Maio, dice chi è vicino al ministro. Casaleggio considera il Movimento roba sua e ne dispone come meglio crede senza nessun interesse per le dichiarazioni di quelli che considera “strumenti” del proprio Sistema, i parlamentari.

Questi episodi saranno sempre più frequenti da qui al prossimo voto: è la guerriglia a bassa intensità che si sta combattendo tra il Sistema Casaleggio e il Movimento parlamentare.

Sette motivi per cui Rousseau e il M5s non spariranno

Dall’8 settembre 2007, quando i lettori del Blog di Grillo si manifestarono fisicamente in piazza, e poi da quando nel 2009 venne fondato il M5s, leggo dai più diversi commentatori che il partito di Casaleggio è destinato a scomparire. Dopo tredici anni, quindici se si considera l’anno di apertura del Blog, siamo ancora qui. Credo che nemmeno alla prossima tornata elettorale il Sistema Casaleggio svanirà come neve al sole. Ecco i sette motivi per cui non accadrà.

1. Le motivazioni di Casaleggio

Se all’inizio il ruolo del clan Casaleggio era per lo più ignoto, ora è noto che il proprietario del partito sia l’Erede di Gianroberto. Chi non ha chiaro questo concetto, che io e Nicola Biondo ripetiamo dal 2016, riconosce per lo meno un ruolo della struttura di Casaleggio. Davide non gestisce il Movimento 5 Stelle, tramite Rousseau, per divertimento, ma per soldi e influenza. Mantenere il ruolo di recettore dei desiderata dei portatori d’interessi, nazionali e internazionali, è ciò che gli consente di fare business con la propria società, Casaleggio Associati.

Senza le relazioni che può coltivare grazie al fatto di controllare un partito, l’azienda verosimilmente non starebbe sul mercato. Anche solo perché non si è mai misurata col mercato vero, senza gli agganci con la finanza milanese prima e la politica romana poi. Rousseau è, di fatto, una spin off di Casaleggio Associati ed è gestita come un’azienda: non può permettersi che fallisca.

2. La struttura organizzativa

I partiti sopravvissuti alla seconda repubblica e ancora influenti non sono molti, nonostante molti ne siano stati fondati negli ultimi anni. La maggioranza di questi non è rappresentata in parlamento da due legislature. Verdi, Radicali, rifondatori  comunisti, Sel, la lista Monti, Udeur, Italia dei Valori, hanno avuto soprattutto problemi con la struttura organizzativa. In alcuni casi non c’era, in altri era troppo costosa. Sono rimasti quelli con una forte componente ideologica, dopo una drastica cura dimagrante dei costi (Forza Italia, Lega, Fratelli D’Italia), o una solida struttura organizzativa (PD, Movimento 5 Stelle).

Quella del Movimento 5 Stelle, come abbiamo visto, è non solo leggerissima, ma è anche gestita con mentalità imprenditoriale, che la rende più efficiente di quella dei concorrenti. È, o cerca di essere, allo stesso tempo sia lontana dalle logiche di distribuzione del potere che molto ben inserita negli uffici che contano.

Soprattutto: esiste. Il M5s è stato favorito, nella sua scalata, dalla narrativa che raccontava il partito come una manica di scappati di casa che non avrebbero combinato nulla. Tralasciando colpevolmente, per molti anni, di raccontare la macchina milanese, il sistema Casaleggio, che governa i processi e la comunicazione, studia e implementa strategie, si occupa della burocrazia del Movimento con una struttura mai sottoposta ad alcun controllo democratico.

Fattore importante, è una struttura che meglio di altri ha saputo utilizzare i dati, anche commettendo gravi errori e violando molte leggi. Il valore, in termini elettorali, che Rousseau è in grado di estrarre da un dato è almeno un ordine di grandezza superiore a quello che sono in grado di estrarre i concorrenti.

3. La strategia della sinistra italiana

I complici. Non saprei come altro definirli. Il Movimento 5 Stelle non scomparirà pure perché la sinistra italiana, soprattutto il Partito Democratico, ha rinunciato a elaborare una proposta più attraente, preferendo il tentativo di appropriarsi dei voti di Casaleggio e Grillo. Non funzionerà. Non sta funzionando. Il conflitto d’interessi di Casaleggio, che persino il presidente del Parlamento Europeo aveva deciso di sottoporre a scrutinio, è sparito. Invece, le parole d’ordine, pericolose, dei Cinque Stelle sono entrate nel discorso quotidiano dei cosiddetti democratici.

Per ultimo, il concetto di cancellare il debito contratto per la crisi sanitaria. Proposta fatta propria dallo stesso Sassoli, smentito e spernacchiato da tutte le autorità continentali. La sinistra italiana è guidata da personale incapace di leggere il XXI secolo e, per non perdere il proprio potere, ha venduto la propria storia e i propri valori a uno spregiudicato imprenditore delle nullità, che noleggia la democrazia per 300 euro a seggio. Quelli che scompariranno rischiano di essere loro, non Casaleggio.

4. Gli iscritti

Il sistema di reclutamento del personale politico che il clan Casaleggio ha elaborato, e che infatti non vuole cedere, è la fonte inesauribile di slancio dell’Associazione Rousseau. Casaleggio ha passato anni a profilare un esercito di aspiranti parlamentari che non devono fare altro che aspettare il proprio turno per diventare onorevoli. La concorrenza, gli altri partiti e perfino il Movimento parlamentare che si sta rivoltando contro Milano, cosa offrono? Come faccio a diventare parlamentare iscrivendomi al PD, alla corrente Di Maio, ad Azione di Carlo Calenda? Quali sono le probabilità di entrare a Montecitorio con loro, quali con Rousseau?

Con Rousseau mi basta convincere un bassissimo numero di persone a votarmi su di una piattaforma insicura e manipolabile. Al resto ci pensa Casaleggio. Davide Casaleggio vende un efficiente servizio di noleggio di seggi parlamentari a un costo estremamente ridotto, 300 euro al mese, se paragonato ai quasi 130mila euro di reddito garantito per cinque anni, nel caso si venga eletti. Tutti gli altri partiti, al contrario, chiedono un versamento anticipato per essere candidati.

5. Lo spazio politico

Siamo sicuri che lo spazio politico che hanno finora occupato i Casaleggio sia scomparso? Io sono convinto di no. In parte perché il messaggio è tenuto volutamente semplice affinché raggiunga il maggior numero possibile di persone (lo scrive lo stesso Casaleggio in Tu sei Rete). In parte perché quei voti sono funzionali ai concorrenti che sanno, adesso, di poter contare su di una realtà disponibile a governare con chiunque. Ma c’è un altro fattore importante: Casaleggio ha dimostrato di saper adattare la propria strategia sulla base del contesto che muta. Ha creato una struttura di potere sufficientemente resiliente, o elastica, da permettere di riempire qualsiasi vuoto politico si crei. Un filler democratico che s’insinua nelle crepe della società e se ne approfitta per perpetuare sé stesso.

6. La legge elettorale

Il Clan Casaleggio e il suo tentacolo politico costituito da Rousseau e dal Movimento Cinque Stelle sono pensati per funzionare con qualsiasi sistema elettorale. Ma è chiaro che la situazione che in Italia si è creata, con un minore numero di seggi disponibili dalla prossima legislatura e la prospettiva di una legge proporzionale, favorirà il M5s anche se dovesse perdere molti voti. Anche con una percentuale dimezzata o men che dimezzata, diciamo tra il 12 e il 15 percento, il partito di Casaleggio sarà determinante per la costituzione di una maggioranza. Ma pure ci fossero altre opzioni e il Movimento fosse relegato all’opposizione non sarebbe un problema. Il Sistema funziona, e l’abbiamo visto, anche meglio all’opposizione.

7. I soldi (m5s è più “efficiente”)

Il fattore soldi è determinante. Si avvicina una crisi economica che colpirà duro e tutte le imprese ne risentiranno. Anche le imprese politiche. I partiti hanno costi elevatissimi per le proprie infrastrutture, soprattutto le sedi fisiche, e su di esse basano buona parte della loro capacità di raccogliere, organizzare, gestire il consenso. Rousseau ha un sola sede fisica, poco personale (circa dieci persone), e una capacità di convincere volontari operativi molto elevata. Ha tecnicamente ragione Casaleggio quando dice che sono in grado di offrire un servizio migliore a un costo inferiore.

The Democrat dilemma

C’è un bell’articolo di Nicola Pedrazzi sul Mulino. L’analisi storica sulla genesi e il successo del Movimento 5 Stelle sono assolutamente condivisibili e vi consiglio di leggerle con attenzione. C’è tanto, in quelle righe, anche su di noi.

Nicola rilancia il pezzo su Twitter con questo commento:

Io non condivido la tesi. Forse poteva essere vero qualche anno fa: il Movimento non era organico al centrosinistra, come non lo era al centro destra pur condividendone sostanzialmente tutte le peggiori piattaforme. Ciò che davvero voleva e vuole ottenere il Clan Casaleggio non è rovesciare il sistema ma sedersene a capotavola. Ora, tale obiettivo può essere ottenuto in svariati modi, con la destra, con la sinistra, con una legge maggioritaria, eccetera.

Ma io credo che un errore molto grave sia sopravvalutare la nobiltà delle intenzioni del centrosinistra italiano. Soprattutto il Partito Democratico, temo si senta investito di una missione sacra per conto di Dio per la quale ogni compromesso diventa digeribile pur di restare al potere. Lo dice la storia. Il PD – nelle sue successive reincarnazioni – è quel partito che ha spiegato di dover governare con Mastella per evitare Berlusconi. Poi con Berlusconi per evitare Grillo e Casaleggio. Adesso con Grillo e Casaleggio per evitare Salvini. Non credo ci siano limiti scolpiti nella pietra.

Per questo, dal mio punto di vista, la questione va ribaltata: accettare una personalità mediocre come Conte, accettare il macroscopico conflitto d’interessi di Casaleggio, significa che culturalmente Grillo e Casaleggio hanno vinto. Non Di Maio.

Io penso che il Movimento 5 Stelle, oramai, non sia “estraneo” al centrosinistra, ma che il centrosinistra sia ormai organico – per scelta consapevole – ai Cinquestelle fintanto che la somma dei parlamentari di ciascuno permetterà loro di restare coi piedi ben piantati nei ministeri. Non è vero, come dice Bersani, che il M5S sia un “personaggio in cerca d’autore”: l’autore ce l’hanno, si chiama Davide Casaleggio. È il centrosinistra che si è adattato a cambiare spartito a seconda delle circostanze. La domanda è: il PD è disposto a sacrificare il governo Conte (con l’elezione del capo dello stato fra due anni) se il mese prossimo Di Battista dovesse vincere (qualsiasi cosa voglia dire da quelle parti) il congresso?

Io credo che da qui non se ne possa uscire, finché non ci sarà qualche sostanziale novità nell’offerta politica del Paese.

Meglio il voto? Il disastro dell’accordo PD-M5s

Onestamente, non so se sarebbe stato meglio il voto. Non so, come non può saperlo nessuno, se i sondaggi che premiavano la Lega disegnavano davvero un esito elettorale ineluttabile. Ovviamente, non lo sapremo mai.

Siamo in un sistema elettorale proporzionale, il che significa che fare accordi con gli avversari politici è l’unico modo per mettere insieme una maggioranza di governo.

Siamo anche molto vicini a due scadenze, nel 2022: a febbraio si voterà il nuovo Capo dello Stato; a novembre il 60% dei parlamentari – quelli di prima nomina – maturano il diritto alla pensione. Un assegno di 1200 a partire dai 65 anni di età.

È del tutto evidente, quindi, che questo Parlamento cercherà in ogni modo di arrivare alla fine della legislatura.

Non come avevo pensato. Io immaginavo che la maggioranza Lega-M5s avrebbe retto, con magari l’innesto di Fratelli d’Italia. Avevo sottovalutato che il delirio di onnipotenza di Salvini unito al fatto che non regge molto bene l’alcol l’avrebbe portato a rompere con Di Maio.

Resta il fatto che, come avevo suggerito, almeno per questo giro ha prevalso lo spirito di sopravvivenza del parlamento.

Però.

C’è modo e modo di fare gli accordi

Il Movimento 5 Stelle nasce in un momento in cui l’avversario, il Potere era il PD. Il neonato PD. Dal giorno zero, l’obiettivo è stato il Partito Democratico. Era il partito al governo, era pure il concorrente del principale cliente di Gianroberto Casaleggio, L’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro.

Una delle argomentazioni di propaganda più efficaci era la seguente: Berlusconi aveva governato ed era sopravvissuto agli scandali grazie al PD. Il ritorno al governo nel 2008 la prova definitiva. Il discorso alla Camera di Luciano Violante, secondo il quale durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset era aumentato di 25 volte, la confessione.

Avanti veloce fino a 4-5 settimane fa: si sprecavano, da parte di molti attuali ministri e sottosegretari, giuramenti solenni: “mai un governo con il Movimento 5 Stelle”.

Il segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, ha vinto il congresso su questa piattaforma, lamentando quanto fosse avvilente doverlo ripetere. Lo ripeteva il 2 settembre all’incontro di AreaDem, la corrente di Franceschini. Che ora propone di costruire col M5s una “casa comune, coi sassi che ci siamo lanciati” negli ultimi anni.

Renzi, lo scorso anno aveva fatto saltare l’ipotesi di un governo col Movimento, oggi ne è l’artefice.

Si va verso una legge proporzionale pura (ne parleremo, ma il referendum che propone Salvini è perfettamente inutile: il parlamento legifererà non appena depositato il quesito, per annullare la consultazione). È inevitabile che il Movimento cercherà alleanze. Mi voglio rovinare: forse ha pure senso che il Partito Democratico cerchi strategicamente di scardinare le alleanze avversarie. Ma c’è modo e modo.

L’alternativa

Mi si chiede quale sarebbe stata l’alternativa. Meglio il voto? Non lo so: non decidono i leader di partito, ma il Parlamento e il Capo dello Stato se ci sono altre maggioranze o si deve tornare alle urne. Ma, ripeto, c’è modo e modo di costruire gli accordi.

Sarebbe stato meglio che tutti, da Renzi ai sottosegretari che spergiuravano che mai avrebbero governato con Casaleggio, avessero chiesto scusa, allegando spiegazioni un filo più credibili che fermare i barbari e l’aumento dell’IVA. Non perché i leghisti non siano pericolosi, ma perché si sta facendo un’alleanza con chi li ha resi tali: Casaleggio che li ha traghettati a Palazzo Chigi.

Anche perché i sondaggi premiavano il ministro alco-leghista ben prima del Papeete. Ben prima che Zingaretti diventasse segretario. O dicevano cazzate prima, o ne hanno fatta una ora.

Poi, visto che una simile richiesta è pervenuta dal M5s, si poteva pretendere che l’interlocutore non fosse Di Maio. Per una questione di principio: se cambio di stagione dev’essere, lo si fa cambiando dirigenti. Fatto così, è una resa incondizionata, non un accordo.

Infine, avrei preteso la rigorosa osservanza delle prassi Costituzionali e una totale chiarezza sul ruolo di Casaleggio. Se il Movimento doveva chiedere conferma dell’indirizzo politico ai propri aderenti, l’avrebbe dovuto chiedere prima di salire al Colle, per il rispetto che si deve al Quirinale e alla Costituzione.

Il Paese in mano a Casaleggio. Era meglio il voto?

In questo modo, invece, si è legittimato – anzi lo hanno proprio dichiarato i dirigenti che hanno condotto la trattativa – una struttura partitica personale, il cui proprietario ha il dichiarato scopo di superare il Parlamento.

Come si è legittimato definitivamente Berlusconi come interlocutore la scorsa legislatura, dopo aver fatto finta di avversarlo per vent’anni, così ora si è legittimato Casaleggio dopo aver fatto finta di avversarlo per dieci. A partire dallo stesso Renzi, che pochi mi mesi fa mi citava per denunciare la legge Salva Casaleggio del ministro Bonafede.

Tutto ciò non è accaduto: i dirigenti del Partito Democratico si sono arresi. Della vocazione maggioritaria di Veltroni non v’è più traccia e si cercando accordi locali. Il PD ha cambiato il proprio ruolo storico nell’arco di dieci giorni perché un ministro in ferie alzava troppo il gomito.

Io lo scrivo qui, perché resti agli atti: Casaleggio è più pericoloso di Salvini. Il suo metodo è più lento, ma l’allergia per la democrazia è perfino peggiore. Persegue interessi esclusivamente personali e commerciali, come Berlusconi. Il Movimento 5 Stelle è il ramo d’azienda politico del suo business; il “capo politico” è il suo amministratore delegato. È scritto negli statuti. Il partito è suo, la comunicazione è sua, i processi democratici sono suoi, le iscrizioni sono sue.

Come ho già detto, non so se sarebbe stato meglio il voto, ma so che accordarsi con il Movimento significa consegnare il Paese a Casaleggio. Che presto passerà all’incasso.

 

Dall’Osso dal Movimento a Berlusconi: le conseguenze

Non basterà la battuta di Grillo (“offro il doppio di Berlusconi“) per evitare le conseguenze del passaggio del deputato Matteo Dall’Osso dal Movimento a Forza Italia.

Dall’Osso, infatti, rappresenta molte prime volte. Soprattutto, era un militante storico del Movimento, da quando ancora non esisteva.

Una grana che potrebbe aprire nuovi fronti nel gruppo parlamentare, che già non vive un momento sereno.

L’episodio è clamoroso per tanti motivi: è il primo parlamentare del Movimento che dalla maggioranza passa all’opposizione, direttamente in un altro partito senza passare dal gruppo misto.

Lo fa in diretta polemica con i vertici, Di Maio in particolare, per documentati motivi politici, dopo aver tentato in ogni modo di ottenere l’approvazione di un emendamento.

Dimostra la dinamica che vado descrivendo da mesi: il gruppo si tiene finché Di Maio riesce a garantire risultati, nomine, prebende politiche. Dimostra che, ormai, non c’è più alcuna spinta ideale nemmeno tra i militanti che hanno investito ore, giorni, mesi prima che perfino si potesse ipotizzare di diventare deputati. Dimostra, pure, l’affinità con la destra del Paese. È lì che si guarda, quando col Movimento è finita.

Non c’è una comunità, non c’è un “sogno” che tenga insieme il gruppo parlamentare, solo una fitta rete di ricatti e aspettative. Tutti lo sanno. Nessuno, prima, si era stancato di aspettare. Ora è accaduto. Ora Di Maio e soci sanno che niente è al sicuro: neppure i più fidati, insospettabili buongustai, quelli che si sono bevuti tutto, che si sono ingoiati dieci anni di rospi, sono più disposti ad aspettare.

C’è terreno fertile – vedremo quanto – per la campagna reclutamento di Berlusconi e Forza Italia. E al Senato il governo si regge su sei voti.

L’addio di Matteo Dall’Osso apre, inevitabilmente, un altro fronte: l’efficacia e la credibilità della multa di 100.000 euro prevista per chi, come lui, lascia il partito. È un meccanismo che si era inventato Gianroberto Casaleggio, sulla scorta di quel che faceva Antonio Di Pietro. Solo che non ha mai funzionato. Nessuno ha mai pagato alcuna multa.

Il primo episodio c’era stato qualche mese fa, all’uscita di un europarlamentare. Anche allora il trattamento era stato molto comprensivo, e nessuna multa fu richiesta. Questo secondo episodio tradisce la consapevolezza che quella norma sia inapplicabile, perché incostituzionale. Meglio lasciare il sospetto e il timore, piuttosto che rischiare la certezza. “Basta che lo credano“, diceva Gianroberto.

Come dicevo pochi giorni fa, sono finiti soldi e posti. Ora c’è un sentiero tracciato.

Ora si devono inventare qualcos’altro per trattenere gli oltre trecento parlamentari a cui si offre di diventare finalmente davvero determinanti, prima per far cadere il governo, poi per farne nascere uno nuovo.

La legislatura è ancora lunga, ne vedremo delle belle.

Il conflitto di interessi di Davide Casaleggio

Gentili Direttori,

per oltre vent’anni si è parlato del conflitto di interessi di Berlusconi e dei suoi effetti sulle istituzioni e sulla democrazia. Oggi il primo partito italiano, secondo i sondaggi, è il MoVimento 5 Stelle. Davide Casaleggio si comporta come Silvio Berlusconi? Il Movimento Cinque Stelle è, come Forza Italia, il braccio politico de facto di un azienda?

Se la TV ha garantito la nascita e l’espansione del fenomeno Berlusconi, vent’anni dopo è la manipolazione della Rete che consente, a costi molto inferiori, di orientare l’opinione pubblica.

Il Blog delle Stelle, organo ufficiale del MoVimento, pubblica il 13 novembre 2017 a nome del partito un’intervista al Corriere della Sera di Davide Casaleggio, che parla di una ricerca condotta dalla sua azienda Casaleggio Associati.

Davide Casaleggio è anche presidente dell’Associazione Rousseau, che gestisce il medesimo Blog delle Stelle oltre alla piattaforma Rousseau, usata dal M5s per selezionare i propri candidati e scrivere il proprio programma.

Si concretizza così il conflitto di interessi di Casaleggio, che abbiamo denunciato in Supernova.

Il post, come detto, è firmato MoVimento 5 Stelle: oltre al fatto che venga utilizzato un organo di partito per fare pubblicità a un’azienda privata, sono anche stati usati soldi pubblici per farlo? È l’ufficio stampa del MoVimento che se ne è occupato?

Casaleggio sovrintende alla vita del primo partito del Paese, ne sfrutta l’immagine e, forse, le risorse allo scopo di promuovere se stesso e la sua azienda. A che titolo?

È come se l’ufficio stampa di Forza Italia diffondesse un’intervista di Confalonieri su Mediaset, o se quello del Partito Democratico facesse un comunicato sull’attività delle aziende di Tiziano Renzi.

La realtà dei fatti, peraltro, smentisce l’erede di Gianroberto quando sostiene di essere un semplice attivista che gratuitamente mette a disposizione del MoVimento il suo tempo libero. È una balla: non è un semplice attivista perché detiene gli strumenti di amministrazione e comunicazione del partito e perché, evidentemente, il partito — almeno in questo caso — ricambia facendo pubblicità a lui e alla sua azienda.

È ammissibile questa bugia? Cosa nasconde e cosa rivela? È tollerabile questo conflitto di interessi? C’entra qualcosa, ad esempio, il fatto che pochi giorni fa era stato organizzato dal MoVimento 5 Stelle al Parlamento Europeo un convegno proprio sullo stesso tema trattato dallo studio di Casaleggio Associati, di cui ha parlato il Blog in un post firmato David Borrelli?

Se il nuovo partito-azienda conquistasse Palazzo Chigi, chi ci garantisce che la sua rete di rapporti non sarà messa a disposizione del capo e della srl?

Immaginatevi la scena.

“Vendo protesi ortopediche, ho bisogno di una strategia sulla Rete per la mia azienda”.

“Certo, le interessa anche avere rapporti con il Ministero della Sanità, con il presidente della commissione? Io posso fornirle questo servizio, il mio concorrente no.

Gentili Direttori, comunque la pensiate su Silvio Berlusconi e sui suoi conflitti di interessi, questa notizia non può non essere considerata di rilevanza pubblica. Se si accetta — o peggio non si discute — il palese conflitto di interessi del primo partito di opposizione e del suo dominus, il MoVimento 5 Stelle e Davide Casaleggio, allora si deve necessariamente accettare anche quello di Berlusconi.

Qual è la vostra opinione? Dopo vent’anni abbiamo davvero accettato che un partito allergico al giornalismo possa insultare alcuni cronisti lo stesso giorno in cui utilizza la stampa — in questo caso una testata importante come il Corriere — per il vantaggio di interessi privati e particolari? Abbiamo davvero accettato che singoli individui possano esercitare un controllo di fatto sul primo partito del Paese senza efficaci contrappesi democratici, in questo caso addirittura perché il suo ruolo non è nemmeno ufficialmente definito né definibile?

Grazie dell’attenzione e del vostro tempo.

Marco Canestrari e Nicola Biondo