Il voto su Salvini non è una svolta

Due giorni fa ho spiegato quali sono state le difficoltà tecniche di Rousseau, perché non sono risolvibili e soprattutto cosa dovrebbero chiedersi parlamentari e attivisti del Movimento: cosa ci fa Casaleggio coi soldi se la piattaforma fa così schifo?

Oggi vediamo quali sono le conseguenze politiche del voto che ha evitato il processo a Salvini, l’alleato di governo del partito di Di Maio. O meglio, cosa certifica quel voto: perché l’esito è un punto d’arrivo, non una svolta inaspettata.

Almeno non per chi da parecchi anni, ormai, vede il M5s per quello che è: il ramo d’azienda politico di un Sistema gestito da Davide Casaleggio. Il M5s è stato scalato, trasformato e modellato sulla base di un’agenda completamente diversa da quella di suo padre.

Se prendiamo per valido l’esito del voto, 60% a favore del salvacondotto a Matteo Salvini, significa che non solo il partito ma pure la sua base è stata rimodellata. Ripeto, non che sia una novità. Io e Nicola Biondo nel nostro libro Supernova abbiamo descritto per filo e per segno il processo di mutazione.

È un processo iniziato subito dopo lo sbarco in Parlamento nel 2013 che si è concluso nel 2017 dopo la morte di Gianroberto Casaleggio. Il partito è stato scalato da un gruppetto di giovani arrivisti, con l’aiuto decisivo di un paio di funzionari di partito che, da Milano, hanno agevolato e guidato la transizione.

A cominciare dalla costituzione del Direttorio: già lì era chiaro dove si andava a parare.

Il voto su Rousseau che permette a Salvini di evitare il processo è l’esito naturale del percorso. Non è vero che i parlamentari siano scollati dalla base: gl’iscritti e soprattutto gli elettori sono in perfetta sintonia, almeno la maggioranza di loro (inteso sia i parlamentari che gl’iscritti). Sono stati sempre selezionati affinché fossero plasmabili a seconda della necessità del momento. Gli attivisti non esistono più, esistono solo i fan delle pagine Facebook. I follower dei canali Twitter.

Il volto del Movimento Cinque Stelle non è più Beppe Grillo, ma il senatore Giarrusso. Membro della giunta per le autorizzazioni a procedere, ieri ha votato per parare le chiappe a Salvini. Uscito dall’aula ha mostrato ai parlamentari PD il segno delle manette, riferendosi al padre di Renzi agli arresti. Una sintesi perfetta: noi al potere salviamo gli amici, voi finite in galera.

Il voto su Rousseau ha pure rassicurato Di Maio e Casaleggio riguardo un altro aspetto della mutazione che stanno apportando al Movimento. Da giorni sono annunciate novità rispetto all’organizzazione. Si parla di una segreteria politica, di una rete territoriale. Il timore che la base non digerisse il passaggio è svanito. I supporter approveranno qualsiasi cosa. Ratificheranno qualsiasi decisione. Adesso che la linea Di Maio – Casaleggio è stata confermata, anche la resistenza interna non ha più ragione d’essere. Il voto su Salvini era un voto su chi comanda: comandano Casaleggio e il suo amministratore delegato Di Maio. Fine.

Chi segue me o chi ha letto Supernova sa bene che il rapporto con la Lega nasce lontano nel tempo. Leghista della prima ora era Gianroberto Casaleggio. Incontri più o meno segreti si sono svolti durante tutta la scorsa legislatura. La propaganda, i temi, le alleanze internazionali hanno sempre più chiaramente svelato che gli elettorati e gli eletti si piacciono. Sono simili e compatibili.

Il prossimo passo saranno le elezioni europee. Il Movimento 5 Stelle non ha trovato alleati per formare un gruppo. I quattro che ha presentato (destracce e fascistame vario) non sono sufficienti, ammesso che riescano a eleggere dei parlamentari. Mi sbilancio e prevedo che la scelta sarà tra il gruppo con la Lega e l’irrilevanza. E Di Maio sceglierà la prima.

Guai sulla piattaforma Rousseau: sono finiti gli hacker!

Dichiaro fin da subito che l’idea di usare “ciofeca” per definire la piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio è di Nicola Biondo. Quindi nel caso denunciate lui: se qualcuno chiederà l’autorizzazione a procedere, a quel punto mi autodenuncio anche io.

Ciò detto, ieri si è tentato di svolgere la votazione sulla Ciofeca per stabilire se il Movimento debba o meno concedere l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro Salvini.

Secondo l’amministratore unico della Ciofeca, gl’iscritti – o chi per loro – hanno deciso (30.948 contro 21.469) che Salvini non andrà processato. Non che sia importante: nessuno sa se questi risultati siano veri o falsi. O meglio lo sa solo uno: Davide Casaleggio.

Infatti, il codice della Ciofeca non è pubblico, lo conoscono solo Casaleggio e i suoi tecnici. Questo impedisce, ovviamente, qualsiasi verifica sul buon funzionamento del sistema di voto e di conseguenza ogni verifica sulla correttezza del risultato.

Inoltre, per tutta la giornata ci sono stati problemi tecnici: prima è stato rinviato il voto di un’ora, dalle 9 alle 10. Alla fine è iniziato alle 11 e si è concluso alle 21.30. Il buon David Puente, su Open, ha documentato la giornata. Le operazioni di voto per ogni singola persona potevano durare anche ore. Non tutti hanno ricevuto conferma dell’avvenuta votazione. Una parlamentare, Elena Fattori, si è lamentata di non riuscire nemmeno a collegarsi.

In effetti, nelle prime ore della mattinata, ci sono stati parecchi errori del sistema che ospita la piattaforma. Perché?

Anzitutto, possiamo escludere che ci siano state violazioni esterne: sono finiti gli hacker. Infatti, come accade quando non si sa che pesci pigliare, spesso in passato è stato usato l’attacco esterno contro il voto per giustificare quelli che oggi sappiamo essere altro. Per la precisione gravi carenze nello sviluppo e nella gestione dei sistemi. I tecnici che hanno sviluppato e che amministrano Rousseau semplicemente non sono capaci di farlo. Non sono proprio in grado.

Il punto è questo: se sai quanti utenti sono iscritti devi dimensionare la struttura per sopportare un voto di tutti gl’iscritti contemporaneamente. Se non lo fai e il server (per semplificare) è sottodimensionato, si crea un collo di bottiglia e ci sono i casini di ieri sulla Ciofeca.

A dimostrazione, per cercare di sgorgare la fogna, sono stati quasi subito rimossi alcuni fondamentali controlli di sicurezza, come l’autenticazione a doppio fattore (un SMS con un codice oltre alla password per poter accedere) e il messaggio di conferma dell’avvenuta votazione.

La domanda è: ma che cavolo ci fa Casaleggio col fiume di denaro che gestisce tramite Rousseau invece di sviluppare una Ciofeca che funzioni?

Domani facciamo qualche considerazione politica facendo finta che questo voto abbia un qualsivoglia valore.

Rousseau gratis, pagano i parlamentari M5s

 

Ieri Di Maio ha rilasciato un’esilarante intervista pubblicata sul Corriere della Sera.

Tra le altre cose, torna sul tema delle alleanze dopo il voto europeo, di cui parlavamo settimana scorsa. Pare che ci siano i saldi anche sulla piattaforma Rousseau.

Nel tentativo di raccogliere i cocci del gruppo con Farage e di quello dei conservatori che andranno in frantumi senza i parlamentari del Regno Unito, Di Maio e Casaleggio offrono l’uso di Rousseau ai potenziali alleati europei.

Un po’ pochino rispetto all’alleato Salvini, che può promettere invece un accordo di governo del Continente insieme al Partito Popolare.

Ma il paradosso più divertente sarà che i parlamentari del Movimento dovranno pagare per una piattaforma privata, in gestione a Casaleggio tramite l’Associazione Rousseau, per darla evidentemente in comodato d’uso gratuito a parlamentari ed elettori stranieri. Immagino saranno tutti molto felici di sapere di essere gli unici fessi a tassarsi per sviluppare un prodotto privato che altri clienti possono usare senza sborsare un centesimo.

La campagna elettorale sarà davvero divertente.

Rousseau: delazione per la profilazione

Il nuovo servizio “Segnalazioni” della piattaforma Rousseau permette, a chi s’iscrive, di segnalare comportamenti scorretti e in violazione delle regole del Movimento 5 Stelle.

È stato usato il termine “delazione” per descrivere questa funzione. Vero. Peraltro la pratica è ben rodata nel Movimento. Fu Gianroberto Casaleggio a pubblicare una chat tra consiglieri regionali, anni fa, che parlavano male di lui. Qualcuno che partecipava, evidentemente, gliel’aveva mandata, dimostrandogli fedeltà. Lui fece un post riportando tutta la conversazione ma oscurando i nomi. Come a dire: occhi e orecchie in ascolto mi riportano quel che succede. Il delatore ha fatto una brillantissima carriera nel Movimento e adesso ha un ottimo stipendio da Palazzo Chigi.

Questa funzione sistematizza il processo: i probi viri e soprattuto Casaleggio avranno i loro nuovi occhi e orecchie dappertutto. Chi vuol fare carriera sa come fare.

C’è un altro termine che va utilizzato per descrivere quanto succederà, ed è profilazione.

Compilando il modulo, Davide Casaleggio, l’Associazione Rousseau e altre persone di cui non conosciamo l’identità (i dipendenti di Casaleggio) otterranno informazioni sul conto di chi effettua la segnalazione e su coloro che, a loro insaputa, ne sono l’oggetto. I quali potrebbero, com’è spesso accaduto in passato, vedere pubblicate tali segnalazioni, ad esempio in seguito a violazioni della sicurezza che Rousseau, per l’incompetenza dei gestori, subisce spesso.

È importante, quindi, capire la vera esigenza che questo strumento risolve: permettere una migliore profilazione degli utenti, attivisti e – chissà – rappresentanti eletti al solo vantaggio dell’unica persone che non potrà mai esserne vittima: Davide Casaleggio.

Di Maio: Casaleggio Associati non c’entra nulla!

Sì, il titolo è provocatorio.

Ovviamente Casaleggio Associati c’entra eccome con Luigi Di Maio, il Movimento 5 Stelle e, indirettamente, col video di scuse di Antonio Di Maio.

Ma non come hanno raccontato alcuni quotidiani, che hanno parlato di video prodotto direttamente dall’azienda milanese. L’hanno fatto perché il nome del padre del ministro ha la stessa grafica dei video ufficiali del Movimento 5 Stelle. Ma non è vero che sia stato prodotto da Casaleggio Associati. L’ha fatto la comunicazione del partito che risponde all’Associazione Rousseau. Credo che la struttura del Sistema Casaleggio vada raccontata in maniera corretta e precisa.

Anche perché l’intreccio d’interessi e potere è ben più intricato e grave della produzione di un video di pochi minuti.

Capisco, però, perché viene fatta questa semplificazione. Per molti anni, fino al 2016, è stato vero che l’azienda si occupava di tutto, dalla comunicazione ufficiale all’amministrazione delle liste all’organizzazione di eventi per il partito. E il suo presidente, Gianroberto Casaleggio, si occupava pure dell’indirizzo politico.

Alla sua morte, però, il figlio Davide ha ereditato azienda e partito e ha trasferito le attività di quest’ultimo nell’Associazione Rousseau, raccogliendo pure “donazioni” obbligatorie dai parlamentari. Tramite l’associazione Gianroberto Casaleggio, invece, continua l’attività di networking, incontrando portatori d’interesse durante l’anno e raccogliendo importanti personalità della cultura, finanzia, giornalismo, economia italiani a Ivrea alla manifestazione “Sum”.

Conseguenza? Non è certo un caso che la settimana in cui l’azienda presenta una ricerca sulla Blockchain il ministro dello sviluppo economico annunci un fondo per finanziare questa tecnologia, i cui beneficiari saranno verosimilmente gli stessi presenti nella platea di Casaleggio.

Questo conflitto d’interessi, il Sistema Casaleggio, va raccontato.

Questo è interessante, molto più, ripeto, della produzione di un video di pochi minuti.

Ciò che Calenda non vede del Movimento 5 Stelle

Ho finito di leggere “Orizzonti Selvaggi”, di Carlo Calenda. L’ex ministro dello sviluppo economico dei governi Renzi e Gentiloni fa un’interessante quanto utile analisi dello stato di salute delle democrazie occidentali. I traguardi, le prospettive come pure i problemi e i limiti del modo in cui è stata gestita la globalizzazione. Non voglio però fare una recensione: ne trovate una ben fatta qui, a firma Stefano Feltri.

Voglio criticare un passaggio, nelle ultime pagine, che riguarda il Movimento 5 Stelle. Calenda (s)cade nel solito cliché: il partito nato dal “vaffa” di un comico miliardario. Non vengono mai nominati Casaleggio, Gianroberto e Davide, l’associazione Rousseau, il conflitto d’interessi dell’Erede. Viene confusa una storia complessa e in evoluzione con il suo frontman.

Io e Nicola Biondo abbiamo ben descritto, in Supernova, la macchina di cui Grillo è solo la figurina. Il Movimento 5 Stelle non nasce dal “vaffa” del V-Day, ma dalla mente e soprattutto dagli uffici di Gianroberto Casaleggio.

Il suo elettorato è stato cavia, prima sul Blog poi sui social, dei tentativi – spesso riusciti – d’ingegneria sociale che ci ha spiegato Carlo Baffè, già dipendente di Gianroberto in WebEgg.

Dopo la morte di Gianroberto, il partito è passato di mano tramite una successione di quote societarie al figlio Davide. Il quale, non interessato alla politica ma solo a quello che la politica avrebbe potuto portare alla sua società, ha costruito una rete di soggetti giuridici che gli garantisce di esercitare influenza e potere senza che questi siano codificati negli statuti e nei regolamenti. Cioè senza che possa essere sottoposto ad alcun controllo democratico.

Il sistema Casaleggio ha piazzato propri uomini in molti ruoli apicali dello Stato e amministra il primo partito del Paese e di governo.

Non esattamente solo un partito nato da un “vaffa”.

M5s: la base contro Casaleggio

Come sapete, venerdì scorso ho presentato Supernova a Monaco di Baviera (qui trovate la registrazione dell’incontro).

Torno a ringraziare il circolo di Monaco del Partito Democratico che ha organizzato l’evento, soprattutto perché mi ha permesso di parlare civilmente con un sostenitore locale del Movimento 5 Stelle.

Una persona molto educata che ha fatto alcune domande sulla mia esperienza e sottolineato alcuni aspetti dell’organizzazione del Movimento che, peraltro, condivido.

Una fra tutte, il fatto che la piattaforma Rousseau assolve alla funzione di far credere a chi la usa di contare qualcosa. Lo dissi anche in occasione dell’evento di Sinistra Anno Zero in aprile. La nostra opinione differisce quando si parla degli esiti. Nessuna delle decisioni prese viene applicata davvero: dalle proposte di legge alla selezione dei candidati, tutto viene filtrato, scremato, limato da poche persone ai vertici del Partito.

Tuttavia, quello che mi ha veramente sorpreso è l’opinione sui Casaleggio, sia Gianroberto che Davide.

Dell’Erede abbiamo parlato pubblicamente durante l’incontro. A quanto pare, quando spiego l’inadeguatezza di Davide nel gestire piattaforma Rousseau e partito, così come la scarsa chiarezza dei rapporti tra le realtà che amministra (Rousseau, Casaleggio Associati, Associazione Casaleggio), con gli attivisti “sfondo una porta aperta”. Di Gianroberto, invece, mi ha detto che in Supernova ne ho parlato con fin troppa delicatezza. Come gli ho spiegato, io e Nicola, nonostante tutto, non riusciamo a non voler bene a Roberto, tradito dai suoi nel momento in cui era più vulnerabile. Ma questo è un altro discorso.

Le chiacchiere sono proseguite fino a tarda notte: dopo l’incontro, insieme agli organizzatori e ad alcuni partecipanti, siamo andati a bere insieme una birra.

Ho capito che c’è una linea di faglia nel Movimento. Un fenomeno ora insignificante, ma che non va sottovalutato per quel che può diventare in futuro. Ci sono attivisti che mal sopportano la presenza e la gestione di Davide Casaleggio, come già mal sopportavano quella di Gianroberto; con l’aggravante del fatto che il figlio non ha nemmeno la scusa dell’aver fondato il Movimento, avendolo solo ereditato.

Ho avuto l’impressione che non sia un’opinione isolata ma bensì, sostanzialmente, patrimonio latente di quel che resta della base del Movimento.

Personalmente, dopo tutto quello che abbiamo scoperto, rivelato, spiegato e discusso, non capisco – sicuramente per limiti miei – la convinzione di poter “sistemare le cose”. Devo però ammettere che io pure avevo peccato della stessa ingenuità, cercando di candidarmi per le Europee nel 2014. Conoscevo bene la macchina e pensavo di poter capitalizzare quel vantaggio a favore di un migliore assetto del partito, evidentemente sbagliandomi.

Tuttavia, non è detto che questo fenomeno carsico non arrivi a mettere in seria discussione gli attuali assetti politici, amministrativi e finanziari del partito di Casaleggio.

Cercherò di capirne di più, magari coinvolgendo l’amico di Monaco, se vorrà.

M5s, anticorruzione: i veri problemi dietro il rinvio a dicembre

La vicenda è ormai nota. Martedì la Camera approva con voto segreto un emendamento alla legge anticorruzione (quella che contiene – ancora, ma ci torneremo – le norme salva Casaleggio) che ammorbidisce i reati di abuso d’ufficio e peculato.

Ovviamente c’è un problema, significa che qualcuno, nella maggioranza, ha votato con l’opposizione. Aldo Giannuli, visto che l’estensore dell’emendamento è un ex M5s iscritto alla massoneria, ha ipotizzato un accordo trasversale tra confratelli.

Sia come sia, secondo i calcoli, i deputati di maggioranza che hanno votato l’emendamento contro la linea definita dal governo sono almeno 36. Statisticamente è molto difficile che, come accusa Di Maio, siano tutti della Lega. Ieri, nell’assemblea trasmessa in streaming, è apparso estremamente in difficoltà. Ma questa, ovviamente, è una mia impressione.

Come spiegavo ieri, nel Movimento è finita la stagione dei dissidenti che, pubblicamente, mettono in difficoltà la leadership: non conviene a nessuno. Meglio, come ha fatto Roberto Fico, incassare alti dividendi politici (copyright Nicola Biondo) con messaggi comprensibili solo a chi ha le giuste chiavi di lettura.

Quell’emendamento è un provvedimento secondario, che si può eventualmente correggere con altri passaggi parlamentari. Questo voto è un messaggio. Ai parlamentari del Movimento 5 Stelle non importa nulla di quello che si vota o meno, si può anche derogare ai princìpi per un reato come il peculato (l’appropriazione indebita di risorse dello Stato da parte di pubblici funzionari). Quello che importa è che tutti abbiano la propria ricompensa: in questi mesi, senatori e deputati provenienti dalla scorsa legislatura sono stati accontentati. Posti di governo e sottogoverno, presidenze di commissione, incarichi nel partito. Quelli di prima nomina, invece, sono ancora in lista d’attesa, e la pazienza sta finendo.

La preoccupazione è che la leadership di Luigi Di Maio non sia in grado di garantire nulla per il prossimo giro di giostra. Il sospetto è che, ormai, chi ha più “anzianità” si sia rassegnato al fatto che questa legislatura resterà un’esperienza isolata.

Se così dev’essere, allora durerà cinque anni, anche a costo di cambiare cavallo, leader, governo. C’è chi, nel Movimento, senza esporsi come “dissidente”, è comunque pronto a formare maggioranze alternative per tutelare la legislatura.

Il comma Casaleggio che blinda Davide

Dopo aver segnalato la legge salva Casaleggio nascosta nell’anticorruzione di Bonafede, e dopo la replica di Luigi Di Maio, abbiamo spiegato nel dettaglio di cosa si tratta. Dopo aver legittimato per legge l’associazione Rousseau, messo al sicuro l’identità dei finanziatori e assicurato che nessuno possa farle concorrenza, resta da blindare il grande capo.

L’ultimo comma interessante riguarda il ruolo di Davide Casaleggio. L’ultimo pericolo è che qualcuno, dal Movimento, chieda di poter intervenire sulla gestione dei soldi raccolti da Rousseau. D’altronde, sono denari che gli attivisti e i simpatizzanti versano pensando di sostenere il partito di Di Maio. I parlamentari stessi chiedono di effettuare donazioni, quindi perché non poter gestire questi soldi?

Anche per questo problema arriva in soccorso Bonafede, con questo comma: “I partiti o movimenti politici e le fondazioni, associazioni o comitati ad essi collegati devono garantire la separazione e la reciproca indipendenza tra le strutture direttive”. Nessuno può mettere becco nelle decisioni di Davide, la Rousseau Open Academy, iniziativa mai deliberata dal partito, è salva.

 

 

Il comma Rousseau della #salvacasaleggio

Stiamo entrando nel vivo dell’analisi della legge Bonafede salva Casaleggio. Ne abbiamo parlato settimana scorsa per la prima volta. Poi ci ha risposto il ministro Di Maio. In seguito siamo tornati sul tema spiegando come la norma risolva il problema della natura dell’Associazione Rousseau e aiuti a tenere riservata l’identità dei suoi finanziatori.

Parliamo adesso del rapporto tra Movimento 5 Stelle e Associazione Rousseau.

Dobbiamo fare un salto indietro di un paio d’anni. Siamo nel 2016: Gianroberto Casaleggio, fondatore del Movimento 5 Stelle, è malato e ha pochi giorni di vita. Fino a quel momento, lo sviluppo della piattaforma Rousseau e l’amministrazione dei processi democratici del partito erano stati gestiti dalla sua azienda, Casaleggio Associati. La società non raccoglie direttamente fondi, anzi perde un sacco di soldi a causa degli oneri che derivano dall’amministrazione del partito.

Pochi giorni prima della morte del fondatore, lui e il figlio Davide fondano, davanti a un notaio, l’Associazione Rousseau.

Poche settimane dopo la morte di Casaleggio, Davide annuncia che tutte le attività passeranno da Casaleggio Associati a Rousseau e inizia a raccogliere soldi tramite il blog di Beppe Grillo. Attenzione: non per il Movimento ma per Rousseau.

Quando, nel 2017, viene riscritto lo Statuo del M5s, Luca Lanzalone scrive un articolo dedicato interamente a Rousseau che diventa l’unico soggetto titolato a gestire i processi democratici tramite l’omonima piattaforma. Il successivo regolamento impone ai parlamentari un contributo all’Associazione di trecento euro al mese.

Ma se qualcuno cambiasse idea?

C’è il rischio che la gestione Casaleggio non piaccia più. La piattaforma è tecnicamente inadeguata e pericolosa per la sicurezza dei dati in essa contenuta. Casaleggio, inoltre, coi fondi raccolti ha iniziato a promuovere iniziative non direttamente legate al partito né da esso mai deliberate. Qualcuno, nel Movimento, potrebbe mettere in discussione il ruolo di Rousseau e Casaleggio. Qualcuno potrebbe decidere di riportare la raccolta fondi in capo al partito, o fondare un altro soggetto che rivendichi il diritto di occuparsene oppure fare concorrenza a Rousseau. Nove milioni di euro a legislatura sono tanti.

Così, ecco il comma Rousseau: “…[una sola associazione]”. La norma prevede infatti che ciascun partito possa essere legato a una e una sola associazione e fondazione. Fine delle minacce a Casaleggio: sostituirlo è impossibile, per legge. Se qualcuno, nel gruppo parlamentare, pensava di poter cambiare gestione ora la legge glielo vieta, e non più solo lo Statuto del Movimento.