Di Pietro e il Blog di Grillo: gli interessi incrociati tra politica e business

Il MoVimento 5 Stelle nasce per iniziativa di Gianroberto Casaleggio che, tramite la sua azienda, crea il Blog di Grillo, lo fa crescere e lo trasforma in un partito. Con quali soldi e con quali energie? In Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle raccontiamo come il “boom” del 2013 nasce da lontano, quando Antonio Di Pietro e Italia dei Valori erano anch’essi clienti di Casaleggio Associati e il Blog era finanziariamente in perdita. Qui un breve estratto. Tutta la storia la trovate nel libro.

Il Blog era anche, inevitabilmente, un’iniziativa commerciale, come disse lo stesso Grillo nel 2012 a un attivista: “…lui (Casaleggio, nda) è un manager e vorrebbe anche farlo fruttare, dal suo punto di vista. Fino ad adesso ci abbiamo solo rimesso.” Per un paio d’anni il Blog fu finanziariamente autosufficiente.

C’era un delicato equilibrio di interessi incrociati, tutti legittimi, di cui la Casaleggio Associati era il fulcro. Grillo, dopo anni passati in tournée nei palazzetti e sul palco delle convention delle grandi aziende, ritrovava la visibilità nazionale perduta dopo l’uscita dalla Rai e, in cambio, cedeva a Casaleggio il diritto di sfruttamento della sua immagine per la vendita di libri e dvd. I lettori del Blog trovavano nuovi strumenti per organizzarsi, discutere, promuovere iniziative virtuose nelle proprie comunità e, in cambio, facevano sostanzialmente pubblicità al Blog. Di Pietro, anche lui cliente della Casaleggio Associati, poteva di fatto coordinare la sua comunicazione con quella di Grillo, raccogliendo grande consenso nell’area politica che il Blog stava costituendo, in cambio delle cospicue parcelle versate all’azienda. In quel momento frequentava il Blog per lo più un elettorato di sinistra. Di Pietro vedeva la possibilità, un giorno, di lanciare la sua Opa al neonato Partito democratico. L’equilibrio finanziario del Blog è durato poco: presto libri e dvd non sono più stati sufficienti e le perdite venivano coperte dal bilancio della Casaleggio Associati.

Incrociando i conti dell’azienda e di Italia dei Valori si può dire, col senno di poi, che il partito abbia finanziato il proprio disastro politico. Con fondi pubblici.

Laura Boldrini, Milano cavalca l’onda dell’odio in Rete

Cosa disse Casaleggio sugli insulti alla Presidente della Camera

Laura Boldrini (Ansa)

L’episodio più noto dello scontro tra il MoVimento 5 Stelle e Laura Boldrini è la pubblicazione sui profili social di Beppe Grillo di un video satirico sulla Presidente della Camera, accompagnato da un commento disgustoso: “Cosa fareste in macchina con la Boldrini?”. Il risultato fu scontato: migliaia e migliaia di commenti pieni di odio e insulti.

Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle è disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo

In Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle raccontiamo la conversazione che intercorse tra Nicola Biondo, capo della Comunicazione M5S alla Camera, e il fondatore Gianroberto Casaleggio. Supernova è disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

“Ti rendi conto che se la Boldrini querelasse la tua azienda finirebbe a gambe per aria?”

Era l’inizio di Marzo del 2014. Per giorni avevo portato l’imbarazzo e la vergogna addosso. Prendere in giro un potente è giusto, lecito, un diritto protetto dalla legge. Darlo in pasto alle peggiori pulsioni della Rete è stupido, irresponsabile. Il video di un attivista pubblicato in Rete era esilarante: un ragazzo al volante con accanto un cartonato raffigurante la presidente della Camera a cui venivano poste domande, ragionamenti, proposte. Tutto qui, tutto molto lieve. E invece la Casaleggio decise di pigiare sull’acceleratore dell’odio becero titolando sulle pagine del Blog il video in questo modo: “Cosa fareste in auto con la Boldrini.” Il web tirò fuori il peggio, tutto il peggio. E uno dei responsabili della comunicazione di fronte a quelli che la presidente della Camera definì “stupratori del web” rispose così, “tranquilla Laura che tu non corri nessun rischio”.

Da qui il sentimento di frustrazione, imbarazzo, vergogna. E la mia domanda retorica a Gianroberto pochi giorni dopo l’accaduto.

“Vuol dire che mi assumerai qui da te all’ufficio comunicazione” rispose, provando a stemperare la tensione con una battuta.

“Roberto, questa cosa non deve più accadere. Fare satira è una cosa, aizzare i buzzurri della Rete è un’altra. Il MoVimento cerca competenze, non ’sta robaccia…”

“Delle conseguenze non ti preoccupare. Ma noi dobbiamo imparare a canalizzare il sentiment della Rete e usarlo. Oggi abbiamo sbagliato ma il risultato che ne è venuto fuori ci dice che la Rete è dalla nostra parte. È la Rete che decide la reputazione delle persone. Per il futuro dobbiamo essere in grado di canalizzare questo sentiment senza apparire direttamente, governandolo.”

Mi vennero i brividi. Io che sognavo un nuovo inizio luminoso e pieno di gioia per il mio Paese avrei dovuto accettare la politica della calunnia, dell’anonimizzazione, dell’orda?

Mi spaventai moltissimo, e così questo scambio di battute finì dritto nel mio diario.



Io e Nicola Biondo abbiamo scritto come nasce, cresce e muta il MoVimento 5 Stelle in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Eravamo presenti, dal 2007 al 2014 lì dove le cose succedevano, dlla creazione all’arrivo in Parlamento del M5S: in questo libro raccontiamo la storia di come il sogno di Gianroberto Casaleggio sia diventato un pericoloso inganno.

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Il MoVimento, i soldi, il diritto al lavoro: tre domande a Di Maio

Dimentichiamoci per un attimo dei problemi di sicurezza di Rousseau, di quelli della giunta Raggi, dei malumori del MoVimento nei confronti di Di Maio e trattiamo quest’ultimo come il Capo Politico del primo partito del Paese.

C’è una vicenda che riguarda il diritto del lavoro, un parlamentare del MoVimento, Paolo Bernini, e un suo ex collaboratore, Lorenzo Andraghetti.

Andraghetti viene licenziato da Bernini, quindi gli fa causa e la vince: il giudice stabilisce l’ammontare del risarcimento di 70.000 euro. Bernini non solo non paga, disobbedendo a una sentenza, ma si avvale di una norma che stabilisce l’impignorabilità dei conti correnti dei parlamentari; norma che lo stesso MoVimento vuole abolire.

Rivolgo quindi tre domande al Capo Politico del MoVimento Luigi Di Maio:

  1. Non ritiene che le sentenze, soprattutto quelle sul diritto al lavoro, vadano sempre rispettate?
  2. Non ritiene incompatibile col MoVimento un parlamentare che, per non rispettare la sentenza e non pagare il dovuto, si avvalga di un privilegio riservato a deputati e senatori?
  3. Ha intenzione di prendere qualche iniziativa nei confronti del suo collega Bernini per indurlo a rispettare la sentenza o, in caso si opponesse, a lasciare il MoVimento 5 Stelle?

Raggi e Di Maio: stessi guai, stesso destino

Perché il MoVimento minimizza così sfacciatamente i guai giudiziari di Virginia Raggi? Perché Raggi è legata a doppio filo a Luigi Di Maio: per lei si è speso senza riserve fuori e dentro il partito, prima e dopo le elezioni.

Per lei, ma anche per lui, com’è noto, sono già state applicate impensabili deroghe allo Statuto che, teoricamente, vieta di candidare indagati e impone loro le dimissioni qualora si fosse già in carica.

L’altro grande sponsor di Raggi è Luigi Di Maio. Nella notte della vittoria, a seguirla come un’ombra è il suo capo staff Vincenzo Spadafora: Raggi in pochi giorni piazza come assessori al Campidoglio due suoi stretti ex collaboratori. Per Luigi il successo di Raggi è anche il suo trampolino di lancio verso Palazzo Chigi.

È a Luigi che Raggi si rivolge nei momenti più critici: è su di lui che si è appoggiata per difendere sia Muraro che Marra, lo ha convinto a proteggerla mentre mollava il tecnico Minenna, l’ha aiutata nel puntellare la sua disastrosa immagine.

Per lei sono stati cambiati i parametri morali del MoVimento: mentre prima qualcuno diceva che “ai politici non va applicata la presunzione di innocenza… Per me se c’è un dubbio non c’è alcun dubbio”, oggi che è indagata per abuso d’ufficio (il 28 settembre 2017 è stata chiesta l’archiviazione per questo reato e il rinvio a giudizio per falso, nda) il MoVimento ha inaugurato il garantismo a due velocità: veloce e spietato con gli avversari, dolce e pieno di riguardi con i suoi esponenti. E su di lei è stato disegnato un “nuovo codice morale” che fa entrare il MoVimento nel club dei partiti. Nonostante le grane giudiziarie, e le evidenti colpe politiche, non si deve dimettere.

Il senso di Di Maio per il potere

Vi ricordate il Direttorio del MoVimento 5 Stelle? Era quell’organo istituito da Grillo e Casaleggio all’indomani della sconfitta alle elezioni europee del 2014 per coordinare il M5S. Grillo era “un po’ stanchino”, aveva bisogno di aiuto, così con un post sul Blog diede a cinque persone, tra cui Luigi Di Maio, l’incarico di coordinare le attività del partito.

Difeso a spada tratta dai cinque come organo informale per tenere unito il MoVimento e aiutare i fondatori nella sua gestione, il Direttorio venne sciolto meno di due anni dopo e l’unico referente di Milano e Genova diventò Luigi.

Oggi, dopo la nomina di Di Maio a capo politico per le prossime elezioni, nel gruppo parlamentare si è ricominciato a parlare della necessità di scelte “collegiali”, di un mini-direttorio. Il Candidato ha stroncato subito l’idea: “non serve”. Perché ha cambiato opinione così nettamente?

Scordate tutto quello che sapete e avete letto fin’ora. Il Direttorio fu, in realtà, strumentale alla scalata di Di Maio al vertice; fu imposto ai due garanti dopo mesi di pressioni, nel momento di massima debolezza di Casaleggio a causa della sua malattia. Ora che le redini del MoVimento sono saldamente nelle sue mani, perché mai dovrebbe condividere il potere con i suoi avversari?

Scrive uno dei futuri membri del Direttorio:

“È evidente che Pizzarotti & company stanno tentando la scalata. È altrettanto evidente che noi dobbiamo fare una sola cosa: anticiparli e disinnescarli con le nostre qualità… Alcuni parlamentari, manovrati da Parma, stanno pensando ad azioni che, seppur destinate al fallimento, ci continueranno a logorare per i prossimi mesi”

Viene poi proposta la costituzione di una “squadra di referenti su singole materie” che sarà coordinata da una persona fidata:

E sarà Luigi Di Maio, la persona che ha più capacità (molto ma molte più di me) nel portare a termine questo compito.

Nel libro trovate anche la rabbiosa risposta dei fondatori, per nulla entusiasti di mandare in soffitta il Non Statuto, che vietava esplicitamente la creazione di un coordinamento o una segreteria.

Sarà la prima di decine di violazioni, piccole e grandi, che cambieranno pelle al MoVimento, rendendolo uno strumento nelle mani di pochi, scaltri carrieristi a Cinque Stelle.

La sicurezza informatica in Casaleggio Associati: a quando è aggiornata?

Tra agosto e settembre 2017, il Blog di Beppe Grillo e la piattaforma Rousseau — che il MoVimento 5 Stelle usa per votare il proprio programma e scegliere i propri candidati — hanno subìto gravi e ripetute violazioni di sicurezza, come raccontato in modo preciso da David Puente in questi articoli.

Un utente anonimo ha dimostrato di poter accedere ai dati personali degli iscritti al partito e di poter manipolare le votazioni. Il Garante della Privacy ha aperto un’istruttoria, tutt’ora in corso.

È noto che beppegrillo.it sia gestito da Casaleggio Associati, azienda per cui ho lavorato dal 2007 al 2010, e che la piattaforma Rousseau sia stata inizialmente sviluppata dalla stessa società, che l’ha poi donata all’Associazione Rousseau fondata e presieduta da Davide Casaleggio.

Per capire le cause di questi incidenti può essere utile sapere come venivano gestiti i processi relativi alla sicurezza informatica in Casaleggio, almeno fino al 2010.

Gestione delle password

Le password di accesso a tutti i prodotti e servizi utilizzati venivano conservate in chiaro — cioè non criptate — in un file di testo salvato sul server aziendale, visibile a tutti i dipendenti. Il server si trovava fisicamente negli uffici di Milano ma era potenzialmente accessibile dall’esterno via Internet.

Ci veniva consigliato di non salvare quel file sui nostri computer personali, anche se non c’era il divieto di utilizzarli.

Un tweet di r0gue_0, che ha violato ripetutamente il Blog di Grillo e la piattaforma Rousseau tra agosto e settembre 2017

Aggiornamenti di sicurezza dei software

Per quasi tutti i siti sviluppati dall’azienda — ad esempio il Blog di Grillo, quello di Antonio Di Pietro e di Italia dei Valori — veniva usata la piattaforma di pubblicazione Movable Type. Questo strumento veniva spesso manipolato per aggiungere funzioni non previste nella sua versione originale: per questo motivo, si evitava l’installazione degli aggiornamenti rilasciati dal produttore — anche quelli di sicurezza — , essendo infatti complesso e costoso replicare le stesse modifiche dopo gli aggiornamenti stessi.

Risposta agli incidenti di sicurezza

Nel periodo 2007–2010 ho assistito ad alcune violazioni della sicurezza del blog di Beppe Grillo, in particolare alcuni “defacement” (cioè la modifica di alcune pagine da parte di terzi esterni).

Non ricordo ci fosse una specifica procedura di risposta agli incidenti di sicurezza, se non il fatto che il provider — l’azienda che forniva e amministrava i server — suggeriva sempre la reinstallazione di tutti i sistemi.

Dopo quegli attacchi ci si era affidati ai tecnici del provider per cercarne le cause e si era discusso internamente la possibilità di rintracciare i responsabili. Una vulnerabilità, in particolare, riguardava il modulo di contatto del Blog, che permetteva l’invio di file allegati senza un preventivo controllo di sicurezza. In quel caso, la soluzione individuata dal responsabile aziendale fu quella di cambiare nome ai file con determinate estensioni (.gif, .exe, .php, …) che venivano caricati.

Ovviamente, non so se dopo il 2010 siano state definite procedure e protocolli diversi. Ad oggi, però, il Blog di Beppe Grillo utilizza una versione obsoleta (4.31) di Movable Type, rilasciata il 20 agosto 2009.

Nelle mani di chi

M5S violato: il primo partito italiano è “a disposizione”

Danilo Toninelli, foto da linkiesta.it

Lo stesso hacker che in agosto aveva dimostrato quanto fosse vulnerabile la piattaforma Rousseau si ripresenta oggi, pubblicando immagini che sembrano confermare che il voto per il candidato premier M5S non è stato affatto sicuro.

Ci sono due aspetti su cui si deve riflettere, perché stiamo parlando del primo partito del Paese, che il prossimo anno potrebbe avere responsabilità di governo.

Il programma

I punti del programma, almeno fino ai primi di agosto, sono stati votati sulla stessa piattaforma. Siamo sicuri che interessi più o meno grandi non abbiano investito qualche soldo per manipolare e orientare il voto, dato che sembra essere così semplice?

No, non lo siamo e non possiamo esserlo: tutte le votazioni su Rousseau sono da considerarsi potenzialmente manipolate. Il sistema è palesemente insicuro, sono stati commessi errori grossolani, sia dal punto di vista tecnico che per quanto concerne la comunicazione delle violazioni di sicurezza.

In un momento storico in cui perfino gli Stati Sovrani indagano sulla sicurezza dei processi democratici “offline”, affinati in centinaia di anni, davvero vogliamo affidare la stesura di un programma a un sistema così facilmente permeabile a infiltrazioni e manipolazioni?

Per chi volesse approfondire il tema della permeabilità e scalabilità del MoVimento 5 Stelle, vi consiglio il libro che ho scritto insieme a Nicola Biondo: Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle, disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

Il metodo

Il modo in cui sono state affrontate queste violazioni è imbarazzante. In estate, l’Associazione Rousseau — che amministra l’omonima piattaforma — ha affermato di aver denunciato il tecnico che per primo aveva segnalato a loro, non pubblicamente, la fragilità della piattaforma. Già questo è un errore grave: quel tecnico avrebbe dovuto ricevere un premio per l’aiuto fornito: Ora nessuno segnalerà più problemi su quel portale, lasciandolo in balìa dei malintenzionati.

Prima e durante il voto per il candidato premier, si sono sprecate frasi a effetto sulla rinnovata sicurezza di Rousseau. Al termine del voto il Blog di Grillo ha scritto:

“Nelle giornate di ieri e oggi abbiamo notato dei tentativi di attacchi, simili ai precedenti, che sono stati respinti. La nostra casa era difesa come una fortezza”.

Ancora oggi, il deputato Toninelli si mostra sicuro di sé, nonostante le tragiche evidenze:

“L’hacker Rogue? “Potrebbe dire qualsiasi cosa, non ci interessa. Non c’è stato assolutamente nessun attacco hacker riuscito. Cerca visibilià”.

Purtroppo, tutto questo evidenzia quanto il M5S e l’associazione Rousseau di Davide Casaleggio non abbiano chiara la gravità dell’accaduto e delle conseguenze. Oppure, peggio, dimostra la volontà di non affrontare seriamente il problema: è fallito, per ora, il tentativo di digitalizzare i processi democratici dei partiti.

La maggiore partecipazione non si ottiene a bassi costi e in sicurezza. Non si ottiene nemmeno a bassi costi e senza sicurezza: il numero di partecipanti e iscritti è comunque meno di un decimo di quello del secondo partito italiano, che usa metodi più tradizionali per scegliere il proprio segretario.

In questo modo, Rousseau è solo uno strumento nelle mani di chi vuole orientare le politiche del MoVimento 5 Stelle: per chi ha molto interesse per farlo e nemmeno troppo denaro, i cancelli della “fortezza digitale” sono spalancati.


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Io e Nicola Biondo abbiamo affrontato il tema della scalabilità e permeabilità del MoVimento 5 Stelle in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Eravamo presenti, dal 2007 al 2014, alla creazione e all’arrivo in Parlamento del M5S: in questo libro raccontiamo la storia di come il sogno di Gianroberto Casaleggio sia diventato un pericoloso inganno.

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Rousseau e la Rete del Grillo

Nelle cronache la Casaleggio Associati è sempre definita come la società che gestisce la parte tecnica del Blog, del sito del MoVimento e della piattaforma Rousseau. È la riduttiva narrazione voluta dalla stessa azienda, quella che l’onorevole Luigi Di Maio racconta al Tg1 dopo la morte di Gianroberto. Ma, come abbiamo visto, non è così. L’azienda è il cuore pulsante del MoVimento, che ne è diretta emanazione; le mosse di Davide, in particolare la fondazione dell’Associazione Rousseau dalla quale tiene fuori Grillo, suggeriscono che non ci sia l’intenzione di dare un ordine chiaro ai rapporti tra i due soggetti.

Non è un problema da poco e non è un problema di denaro. O almeno non lo è secondo gli ordini di grandezza a cui eravamo abituati prima di Internet, quando la comunicazione di massa costava tanto.

Non importa quale sia l’entità degli interessi in gioco: è di rilevanza pubblica che una sola persona abbia una grande influenza su un partito potenzialmente di governo, potendo amministrare i suoi processi democratici con grande discrezionalità, senza poteri di controllo interni. Come funzioni la piattaforma Rousseau, quali siano i livelli di accesso e sicurezza, come avvenga il conteggio dei voti, quali siano considerati validi, chi può votare. Tutto ciò è deciso negli uffici di Milano. A Milano si decide quali liste certificare; a Milano si decide chi, tra gli iscritti, ha diritto di voto, visto che questo si acquisisce dopo che il proprio documento di identità viene “convalidato” dagli amministratori della piattaforma; a Milano si decide perfino se e quando indire delle votazioni; a Milano si conosce chi vota cosa e come, anche tra i parlamentari che utilizzano Rousseau.

È di rilevanza pubblica perché Davide Casaleggio è anche presidente della propria società commerciale. A nome di chi parla, quando incontra i suoi clienti e fornitori nel mondo bancario o tra le aziende statali? Per conto dell’azienda o del MoVimento? Quali interessi persegue quando presenta la sua piattaforma Rousseau? Quelli di propaganda del MoVimento o quelli commerciali, per dimostrare le capacità della sua azienda?

A nome di chi parlano i dipendenti della Casaleggio Associati quando si intromettono nella vita del MoVimento, come Maurizio Benzi, socio dell’azienda, quando intervenne contro il Senatore Louis Alberto Orellana nella riunione del MeetUp che portò alla sua espulsione?

E, conoscendo il potere di Casaleggio su tutti gli iscritti, quali interessi perseguono i parlamentari del MoVimento quando presentano leggi che riguardano il business della comunicazione e la tassazione delle multinazionali che operano in Rete? Quelli dei cittadini o quelli di Milano?

Tutte domande che trovano risposta nel macroscopico conflitto di interessi, aggrovigliato come una matassa, che per incapacità organizzativa, per inerzia o peggio la dirigenza e la proprietà del MoVimento hanno creato nel corso degli anni.

Ogni occasione di fare chiarezza è risultata complessa, e da questa situazione hanno tratto vantaggio solo i pochi che hanno le chiavi di tutta la struttura: Davide Casaleggio, i suoi fedelissimi, i suoi dipendenti, la sua azienda. Tutti coloro che hanno a che fare col M5S, che siano parlamentari, parti sociali, imprenditori, partner politici devono prima o poi passare al vaglio di Milano. Dentro o fuori; sì o no; buoni o cattivi: alla fine, tutto passa da via Morone secondo logiche non esclusivamente politiche.

Probabilmente è ormai troppo tardi per porre rimedio: ma sarà utile avere un quadro chiaro se, fra pochi mesi, il MoVimento vincerà le elezioni politiche.

Resta tuttavia una conclusione. Se Silvio Berlusconi oggi avesse avuto vent’anni di meno e avesse scelto di “scendere in campo” con un suo partito, probabilmente avrebbe utilizzato lo stesso schema di Grillo e Casaleggio: la Rete, le società collegate, le fake news, le consulenze…

Ridurre quel sogno di movimento popolare che era il progetto 5 stelle in una Forza Italia 2.0 è stato forse uno dei delitti politici più efferati di questi ultimi anni.

La scalata di Di Maio

Questo è un estratto di Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle.

Una fonte parlamentare del MoVimento 5 Stelle ci racconta la scalata di Di Maio, tra incontri e colpi di mano contro l’Assemblea.

La sua agenda è nelle mani di quattro persone, tra cui spicca Vincenzo Spadafora, un passato politico peripatetico a tutti gli schieramenti con al suo attivo una serie di nomine in cariche di sottogoverno. È alla rete di contatti di Spadafora che Luigi affida il suo accreditamento all’esterno: incontri — quasi tutti privati — con diplomatici, imprenditori, lobbisti, amministratori delegati, direttori di giornali. Anche qui un tour personale, leaderistico, in cui mai l’aspirante inquilino di Palazzo Chigi ha pensato di coinvolgere altri colleghi e sui quali poche e scarne sono le informazioni in nome della trasparenza.

La domanda è: a nome di chi parlava Di Maio quando faceva questi incontri? E se non aveva alcuna investitura, perché li ha fatti e per giunta in solitaria?

Chi autorizza Di Maio a prendere posizioni divisive sulle unioni civili, sullo ius soli, sull’immigrazione, sull’abusivismo “di necessità” e su mille altri argomenti?

Ecco come l’insider racconta la sua scalata.

“Tornando alla scalata di Di Maio, l’arma vincente è proprio stata quella di escludere dall’assemblea la discussione, qualunque dinamica o strumento per mettere a punto la strategia.

L’assemblea parlamentare si svuota completamente di significato e potere, in parallelo va strutturandosi una corrente: chi è con il direttorio, e con Di Maio, e chi è contrario.

Il direttorio comincia a fare squadra coi colleghi “lobotomizzati” (quelli che non sanno e non vogliono capire bene le dinamiche). A loro, per convincerli che la strategia Di Maio sarà sempre la migliore e soprattutto quella alla quale non opporsi, iniziano a dare delle parti, dei ruoli, dei post sul Blog, delle citazioni pubbliche”.

Appoggio in cambio di visibilità.

Continua l’insider: “L’assemblea certamente non è stupida e riprende a vivere di malumori, ormai sepolti dopo la fuoriuscita dei dissidenti. Sono incapaci di gestirsi la discussione di grandi temi (compiti del direttorio, incompetenza della responsabile comunicazione, apparizioni televisive, evoluzioni delle regole interne al movimento). Tutto resta negli spifferi delle finestre di Montecitorio, in questo brutto alone di omertà, che poco ha a che fare con l’Onestà”.

I conti dell’azienda

Per legge, una s.r.l. come Casaleggio Associati è obbligata a depositare un bilancio presso la Camera di Commercio. Non ci sono però vincoli sulla stesura del bilancio: non è obbligatorio rendere pubblica la lista di clienti e fornitori, e nemmeno dettagliare le voci di costi e ricavi. Non ci sarebbe nulla di male, se l’azienda non fosse sempre stata e sia ancora il motore e il fulcro di un movimento politico che è il principale partito di opposizione del Paese, e che ha ottime probabilità di diventare maggioranza alle prossime elezioni.

E’ quindi di interesse pubblico conoscere le fonti di ricavo dell’azienda e le influenze che nel corso degli anni hanno contribuito in maniera determinante al successo del Movimento.

I bilanci della Casaleggio Associati, bisogna sottolineare, non evidenziano flussi di denaro particolarmente importanti per un’azienda che occupa tra le otto e le dodici persone nel corso degli anni. Il problema, semmai, è il contrario: i rossi di bilancio non possono essere sostenibili per lungo tempo; vedremo come il controllo di fatto del Movimento ha consentito alla società di trasferire alcuni costi ad altri soggetti legati al Partito e a garantirsi vitali ricavi.

Il blog di Grillo apre nel gennaio del 2005 e viene pubblicizzato durante la tournée teatrale di quell’anno, dal titolo “beppegrillo.it”.

Quanto costa? Tanto. Casaleggio stimava all’epoca un investimento minimo di poco più di 130.000 euro all’anno. Nel 2005 i costi di banda sono più alti di quelli di oggi, così come i costi dei server. Al blog, nel 2005, lavorano 2–3 persone, tra tecnici e curatori di contenuti, tra cui lo stesso Casaleggio.

Grillo non crede nel progetto e non ci mette un soldo.