Nuova violazione a Rousseau, c’è anche una donazione fantasma

di Nicola Biondo e Marco Canestrari

“Non ho fatto alcuna donazione a Rousseau o al Movimento cinque stelle”.

A parlare è uno dei sette donatori della piattaforma Rousseau i cui dati sono stati divulgati dall’hacker r0gue_0 durante la violazione effettuata tra il 5 e il 6 settembre 2018, qui raccontata da David Puente.

Con questa testimonianza l’intera vicenda si arricchisce di un nuovo capitolo, quello dal risvolto più sorprendente: il donatore a sua insaputa.

I donatori pubblicati da r0gue_0

Il suo nome è finito in rete insieme a quelli di altri sei cittadini italiani: finanziatori, per poche decine di euro, di Rousseau, la piattaforma già finita nel mirino del Garante per la protezione dei dati personali e multata per 32mila euro per le sue carenze in tema di sicurezza informatica.

Il Corriere della Sera ha avuto conferma da due di questi donatori che la lista pubblicata è vera e che quelle donazioni sono state effettivamente operate. Ma un terzo donatore citato nel leak — che abbiamo contattato — nega di essere perfino iscritto.

“Non sono iscritto a Rousseau, né sono mai stato iscritto al Blog di Grillo”.

Eppure nella lista compare la sua mail, oltre che il suo nome e il cognome, com’è possibile?

Non ne ho idea.

Forse qualcuno aveva l’accesso alla sua mail e ha fatto per lei quella donazione?

Nessuno utilizza la mia mail, le assicuro.

Quindi lei nega di aver mai fatto quella donazione a Rousseau?

Sì, assolutamente. Mai fatta.

Ce ne sarebbe abbastanza per chiedere un ulteriore approfondimento su come vengono utilizzati i dati a Via Morone, perché questo episodio ci permette di dedurre alcuni fatti nuovi.

È entrato in vigore il nuovo Regolamento Generale per la protezione dei dati (GDPR), molto più severo della normativa precedente. L’utente coinvolto che abbiamo contattato sostiene di non essere iscritto a nessuno dei servizi informatici gestiti prima da Casaleggio Associati e poi dall’associazione Rousseau, quindi verosimilmente il Garante per la Privacy dovrà indagare sul come e perché questi dati fossero in possesso dell’Associazione di Casaleggio.

La GDPR prevede che si possa chiedere al gestore dei dati quali informazioni possieda su di noi: questa possibilità e le modalità di esercitare tale diritto devono essere chiaramente riportate sul sito interessato, cosa che il sito di Rousseau non fa. C’è solo un generico link “Contatti” che rimanda a un form sul sito del Movimento. Non si capisce nemmeno se i dati siano in carico al Movimento o a Rousseau. Non si capisce se iscrivendosi alla piattaforma di un’associazione privata ci si iscrive anche a un partito politico.

In materia di “data breach”, cioè di perdita dei dati in seguito a violazione, questo episodio dovrebbe rientrare nell’ambito degli articoli 33 e 34 della GDPR, che impongono la comunicazione della violazione al Garante e ai soggetti interessati. Vedremo nelle prossime 72 ore se tale obbligo verrà ottemperato. Sarà interessante soprattutto verificare se e quali protocolli di risposta, test periodici, attività di indagine sono stati predisposti. Non è secondario: uno dei responsabili di Rousseau è il ministro della Giustizia Bonafede.

In ogni caso, le cose per Davide Casaleggio si mettono male: c’è un procedimento aperto dopo la violazione dell’estate 2017 in seguito al quale il Garante Soro, dopo aver preso personalmente in carico la pratica, aveva imposto di raggiungere alcuni obiettivi minimi di sicurezza. Casaleggio aveva chiesto e ottenuto una proroga che scade il 30 settembre, in virtù del periodo elettorale: questa proroga non sembra è stata sfruttata per risolvere i problemi di sicurezza; non del tutto, almeno, perché nel frattempo sono state sviluppate e presentate altre iniziative ospitate dalla piattaforma e/o promosse dall’Associazione Rousseau. Ne troviamo traccia anche nei nuovi dati diffusi: “rsu_academy_proponi_corso” sembra fare riferimento alla nuova “Rousseau Open Academy”.

Tra le altre cose, i tecnici del Garante dovranno verificare che i sistemi siano stati aggiornati e che ogni possibile minaccia alla sicurezza sia stata individuata e disinnescata. Se i problemi che hanno portato a questa nuova violazione sono gli stessi dello scorso anno, si configura una palese violazione e sottovalutazione delle normative in vigore.

Come già spiegato, Casaleggio può godere di un fiume di soldi di provenienza pubblica, ossia gli stipendi dei parlamentari del Movimento 5 Stelle. Per questo privilegio deve ringraziare l’avvocato Luca Lanzalone — adesso agli arresti per la vicenda dello stadio della Roma — che inserì nello statuto del MoVimento l’associazione Rousseau come unico fornitore possibile per le lo sviluppo della piattaforma di democrazia diretta e degli strumenti di comunicazione. Di fatto, il partito ha appaltato a Casaleggio anche il reperimento di nuovi iscritti.

Di questi soldi e di questo tempo, Casaleggio che ne ha fatto? In un anno ha perso il 30% degli iscritti, come ha raccontato Luciano Capone sul Foglio, ha subìto almeno tre violazioni di sicurezza, ha utilizzato le risorse previste per lo sviluppo e la messa in sicurezza della piattaforma per attività diverse, come la Rousseau Open Academy che addirittura è ospitata su un sito diverso da quello del Movimento e della piattaforma.

Queste domande fanno tornare alla mente le inquietanti dichiarazioni di David Borrelli. Contattato sempre da Luciano Capone, fece intendere di sapere qualcosa sulla gestione allegra dei dati e dei fondi dell’Associazione di Casaleggio, cercando di allontanare da sé ogni responsabilità. Poche settimane dopo lasciò il Movimento e l’Associazione Roussseau. Un episodio del tutto singolare, soprattutto per l’inconsueta cortesia a lui riservata dai vertici del primo partito di governo.

Piano piano, si compone il rompicapo degli interessi che ruotano attorno alla macchina costruita dai Casaleggio in dieci anni. Una macchina ormai rodata anche se gestita in modo dilettantistico, per cui episodi come la promessa di relazioni agli sponsor di Casaleggio o le cene private organizzate per finanziare una delle scatole cinesi — l’associazione Gianroberto Casaleggio — non possono essere più considerati tra loro scollegati e casuali.

Gli errori de L’Espresso

Esagerare non aiuta, esattamente come minimizzare. Ecco perché l’Espresso sbaglia.


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Il 3 settembre scorso Emiliano Fittipaldi ha pubblicato un lungo articolo sulla propaganda di Lega e Movimento 5 Stelle.

Scrivo questo mio per sottolineare alcuni errori e alcune mancanze, consapevole che possa sembrare strano da parte mia. Non voglio che questo sia letto come un “attacco” a l’Espresso o a Fittipaldi. Eppure, è pericoloso tanto sottovalutare quanto sopravvalutare le risorse e le capacità degli uffici stampa dei partiti di governo: restare fuori fuoco significa non riuscire a individuare le giuste contromisure, a mio avviso.

Ecco dunque i passaggi non convincenti.

Quelli che contano davvero si contano su una mano, ma gli addetti e i collaboratori esterni sono centinaia e lavorano 24 ore su 24 senza concedersi pause.

Il numero di “centinaia” di persone è inverosimile. Se anche ipotizzassimo il minimo deducibile, ossia due centinaia di persone, e se queste venissero pagate 1200 euro netti al mese sarebbe una spesa di oltre sei milioni di euro all’anno. Non risultano dai bilanci dei due partiti (la Lega peraltro, com’è noto, ha 49 milioni di problemi da risolvere) né da quelli dell’associazione Rousseau. Tanto più che nel resto del pezzo si fa sempre riferimento a “poche decine di persone”.

Se Fittipaldi ha qualche dettaglio in più, sarebbe opportuno che lo rendesse noto.


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…piattaforme conquistate con software sofisticati che moltiplicano i messaggi promozionali e monitorano minuto per minuto il “sentiment” degli utenti…

Questo messaggio sta passando nel sentire comune: si pensa che gli uffici comunicazione abbiano nel tempo sviluppato tecnologie sofisticate che gli permettono chissà quali analisi dei dati. Più verosimilmente, stanno utilizzando meglio di altri gli strumenti a disposizione di tutti: chiunque può accedere agli strumenti di analisi di Google, Facebook, Twitter e sviluppare qualche servizio che integri i flussi di dati non è nulla di tecnicamente “sofisticato”. Non credo si faccia un buon servizio al pubblico dipingendoli come “invincibili”. Anche perché la situazione è perfino peggiore: ha ragione Morisi quando dice che le condivisioni e l’engagement sono, almeno adesso, organiche, cioè ad opera di utenti per lo più reali.

Non è da escludere l’uso di botnet su Twitter in alcuni momenti (lo stesso Morisi, un giorno, s’è lasciato scappare che non sono più necessarie, lapsus che forse conferma il loro utilizzo in passato), o la creazione account fasulli per “animare” la conversazione, ma per affermarlo va provato.

…la Casaleggio Associati ha abbandonato “l’uno vale uno” e investe ogni sforzo strategico su pochissimi soggetti politici

Questo è un peccato veniale, ma è sempre opportuno ricordare che Casaleggio Associati non si occupa più formalmente del Movimento. Hanno opportunamente schermato le attività dietro l’Associazione Rousseau, che condivide con l’azienda parte del personale (Davide Casaleggio, Pietro Dettori che è passato da una all’altra) e la sede. La scatola cinese che hanno creato per appropriarsi dei milioni di euro che gli versano i parlamentari è, a mio avviso, più interessante che la retorica di epoca berlusconiana del partito-azienda. Di nuovo: è peggio di così: è un inganno ingegnerizzato, che vale la pena di raccontare.

Morisi “forza” l’algoritmo di Facebook per far apparire la faccia e le ruspe di Salvini anche sulle pagine di persone che mai avrebbero visitato la sua

“Forzare l’algoritmo” è una frase affascinante, ma tecnicamente priva di senso. Non si tratta di forzare nulla, ma di intuirne il funzionamento seguendo linee guida che, peraltro, è la stessa Facebook (meno Google, ma è noto quando ci sono aggiornamenti e si può intuire come cambieranno i risultati delle ricerche) a suggerire strategie per massimizzare visualizzazioni ed engagement. Non sono supergeni, non dipingeteli come tali: sono solo cialtroni ben organizzati.

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Ma in realtà è Pietro l’artefice principale del successo mediatico del M5S: ha curato per anni il blog di Grillo, ha realizzato i siti moltiplicatori di notizie (e di bufale) come “La Fucina” e “Tze-Tze”

Si riferisce a Pietro Dettori. Qui è proprio sbagliato cronologicamente, almeno per quanto riguarda Tze-Tze, a cui Casaleggio ha iniziato a lavorare nel 2009 (ne sono testimone). La Fucina, invece, inizialmente è stata usata come raccoglitore di notizie sensazionalistiche dopo l’interruzione del rapporto di Casaleggio Associati col gruppo GEMS, per il quale curava il sito “Cadoinpiedi”. Pietro, probabilmente, ha gestito i due siti per un periodo, ma non li ha certo ideati.

Dettori ha costruito quasi da solo il nuovo hub del partito sui social, lavorando sugli algoritmi per diffondere il verbo attraverso decine di siti ufficiali e ufficiosi

Questa potrebbe essere una notizia: se Fittipaldi è a conoscenza di alcuni siti ufficiosi gestiti da Dettori sarebbe utilissimo sapere quali sono e come si può provare che facciano capo a Dettori. È di nuovo un’accusa grave che va dimostrata.

“Qualcuno racconta persino che sia stato proprio Dettori — dopo il gran rifiuto di Sergio Mattarella a nominare il no euro Paolo Savona come ministro dell’Economia — a suggerire ai vertici l’ipotesi da fine mondo, quella dell’avvio dell’iter di impeachment del presidente della Repubblica.”

Non “qualcuno”: io e Nicola Biondo da Supernova, grazie a fonti che ce l’hanno raccontato.


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Davide Casaleggio e il recupero crediti 5s

Abbiamo finalmente capito il ruolo di Davide Casaleggio nel Movimento 5 Stelle: il recupero crediti. Stiamo parlando dei soldi che il regolamento M5s impone agli eletti del partito di versare all’associazione Rousseau, di cui Davide Casaleggio è presidente per gestire l’omonima piattaforma. Gestione non proprio fatta a regola d’arte: Casaleggio è da un anno sotto indagine da parte del Garante per la Privacy, che ha già imposto una multa da 32.000 euro per la violazione della normativa sul trattamento dei dati personali.

Dicevamo, recupero crediti: il Giornale ieri racconta che ai parlamentari arrivano tre solleciti al mese per il versamento dei 300 € ciascuno previsti, sottolineando come, ciononostante, la piattaforma sia “ferma”. Casaleggio, senza citarlo direttamente, ieri replica sul Blog delle Stelle spiegando ai creditori perché devono pagare. Nel farlo, però, ci dà alcune informazioni che sollevano dubbi sulla sua gestione e spiegano perché sia costretto a inseguire i soldi che, evidentemente, gli eletti pentastellati non sono poi così entusiasti di versare nelle casse private dell’associazione dell’Erede.

Giova ricordare che la concessione per gestire i dati e i processi democratici del partito è prevista dallo statuto scritto da Luca Lanzalone — oggi agli arresti domiciliari — , all’art. 1c; il regolamento delle ultime elezioni, invece, prevede — artt. 2q e 6r — che i candidati versino a Rousseau 300 euro al mese destinato al “mantenimento delle piattaforme tecnologiche”. Casaleggio, nel suo articolo, racconta che quei soldi sono usati anche per organizzare “corsi e giornate di approfondimento” e la “Rousseau Open Academy”, un sitarello con alcuni video girati dai parlamentari (con le attrezzature pagate da chi?). Tutte attività che il partito non ha deliberato di finanziare, che anzi vengono presentate sempre a nome dell’associazione privata, la quale ha brevettato i propri marchi.

Junior, dunque, ha in concessione lo sviluppo di una piattaforma informatica e si impegna a farla utilizzare entro il 2018 a un milione di persone; per farlo si fa dare un fiume di denaro — che sollecita regolarmente — ma

  • dopo un anno gli iscritti sono in calo, poco più di 100.000 rispetto ai quasi 150.000 dichiarati negli anni scorsi
  • la piattaforma Rousseau è tecnicamente una ciofeca — è stata più volte violata — e la gestione dei suoi dati è risultata illegale
  • almeno parte dei fondi, invece di essere utilizzati per la messa in sicurezza e lo sviluppo, sono utilizzati per eventi e iniziative esclusive dell’ente privato concessionario
  • l’autodifesa del presidente dell’associazione privata Rousseau arriva dall’organo ufficiale del primo partito di governo, utilizzato come blog personale dal suo gestore — che è sempre Davide Casaleggio

Ci sarebbero ampi margini per la revoca della concessione: in breve, Casaleggio si comporta come il Benetton di Luigi Di Maio.

Un altro fatto è interessante: Davide Casaleggio nel perorare la causa della sua ciofeca digitale la paragona all’automobile, all’iPhone, a Netflix. Il futuro della democrazia spiegata come un prodotto commerciale (parasussidiato dal pubblico, in questo caso). D’altronde, l’Erede viene spesso avvistato a farne una vera e propria promozione in Italia e all’estero; di più: gode di una schiera di testimonial di lusso, una truppa di 330 parlamentari, ministri, viceministri, sottosegretari, qualche migliaio di consiglieri comunali e regionali, che non perdono occasione per sponsorizzare la sua merce e invitano a effettuare donazioni all’associazione Rousseau.

Come da tradizione famigliar-aziendale, infine, gli stipendi li paga qualcun altro: prima Pietro Dettori viene spostato da Casaleggio Associati a Rousseau, con gran beneficio al bilancio dell’azienda; oggi passa da Rousseau al ministero di Di Maio insieme al socio Bugani, che assomma le cariche di consigliere comunale e vicecapo segreteria sempre di Di Maio.

Ci sarà da lavorare molto per districare questa matassa di interessi, incarichi, girandole di soldi e traffico di influenze che stanno governando il paese.

Quanto durerà la bromance gialloverde?

Ho lanciato un sondaggione su Twitter per capire il clima nella mia filter-bubble sulla durata del governo. Il risultato non mi ha stupito affatto: oltre la metà pensa che il governo cadrà dopo le europee: verosimilmente rappresenta niente più della speranza di chi ha risposto. Speranza condivisibile, ma temo illusoria.

Non so quanto durerà Conte, ma gli interessi dei partiti di governo e dei rispettivi gerarchi sono più numerosi e profondi di quello che sembrano. Non lasciatevi ingannare dalle pavide uscite del presidente della Camera Roberto Fico: dei protagonisti della sua tentata rivolta non c’è più traccia. La più esposta, Laura Castelli, fonte primaria del nostro libro Supernova, ha cercato — senza successo — di ottenere un ministero, ma il passaggio nelle truppe del ragazzino di Pomigliano le ha comunque fruttato un sottosegretariato. Altri, penso a Dario Tamburrano che non credo sia felice nel vedere 177 persone sequestrate su una nostra nave militare, non dicono una sola parola su quanto sta avvenendo. Le europee sono vicine.

Ci sono fattori storici, politici, economici e umani che rendono improbabile una prematura rescissione del contratto di governo. Vediamo quali.

I fattori storici

In questo Parlamento e nel Paese non c’è una maggioranza diversa da quella attuale. La destra alleata della Lega negli enti locali è ormai quasi inesistente a livello nazionale; a sinistra c’è aria di smobilitazione. Se per ipotesi cadesse il governo non ci sarebbe verosimilmente altro da fare che andare al voto, con risultati non dissimili a quelli di marzo.

I fattori politici

Ma lo stesso voto anticipato è un’eventualità assai remota. Questa legislatura è caratterizzata dal record storico di parlamentari di prima nomina, molti dei quali veri e propri miracolati che, inseriti come riempilista, non si aspettavano di passare in una notte da un reddito spesso inesistente a 150.000€ all’anno.

Allo stesso modo, molti membri del governo capiscono che una congiunzione astrale come quella di quest’anno difficilmente si ripeterà. La Lega è riuscita a smarcarsi da Berlusconi senza perdere le regioni; il M5S ha ottenuto un risultato ben oltre le attese che gli ha permesso, tra l’altro, di sedare i malumori interni distribuendo cariche nelle commissioni e perfino alla Presidenza della Camera; premiando, contemporaneamente, tutti i membri del clan che ha scalato il Partito. Difficile il bis.

Se, sempre per ipotesi, si tornasse al voto i rapporti di forza con la Lega sarebbero probabilmente invertiti: prima di rischiare questo, Di Maio concederà a Salvini pure le mutande.

I ruoli che si sono distribuiti nell’alleanza consentono sia alla Lega che al MoVimento 5 Stelle di perseverare nelle rispettive propagande, che non sono affatto incompatibili: v’è accordo su tutto, ma Salvini va forte sulle orme di Telesio Interlandi mentre Di Maio è un utile soggetto di ricerca per la dimostrazione dell’effetto Dunning-Kruger. Quando gli ricapita?

I fattori economici

Abbiamo già accennato al fatto che un buon 60% di parlamentari sta incassando il biglietto vincente della lotteria. C’è un’altra persona con un biglietto da 10 milioni di euro da riscuotere a rate: Davide Casaleggio. Tramite la sua Associazione Rousseau intasca ogni mese 300 euro da ciascun parlamentare, più altre somme variabili a seconda della carica dagli altri eletti del MoVimento 5 Stelle. Inoltre, due dei suoi tre soci, Bugani e Dettori, hanno un comodo stipendio pubblico, il che gli consente forse di risparmiare qualcosa in casa Rousseau oltre ad avere accesso ai profittevoli salotti romani (remember Lanzalone?). Come sia possibile tutto questo l’abbiamo spiegato in passato e ci torneremo anche in futuro, ma è chiaro che Junior spenderà tutta la sua — molta — influenza per mantenere questi privilegi.

I fattori umani

Infine, non dobbiamo dimenticare che tutti i protagonisti di questa vicenda hanno davvero l’occasione irripetibile della vita. Salvini e Di Maio non hanno lavorato un giorno in vita loro; Roberto Fico si arrabattava per campare; Di Battista sta viaggiando il mondo coi soldi nostri e quelli di Berlusconi, facendosi pure pagare dal Fatto Quotidiano (che è, oggettivamente, un capolavoro commerciale degno della Chicago degli anni Venti).

Non si può, francamente, pretendere che queste persone mollino tutto solo perché sono degli incapaci che stanno mandano il paese alla rovina. Sarebbe davvero chiedere loro troppo.

La scalata di Davide: come controllare un Paese del G7 con 300 euro. Parte 3

La sede legale di Rousseau è in via Gerolamo Morone 6, la stessa della Casaleggio Associati, il presidente dell’Associazione Rousseau è lo stesso della Casaleggio Associati, il sistema operativo dell’Associazione Rousseau è stato realizzato dalla Casaleggio Associati, il simbolo dell’Associazione Rousseau è stato registrato della Casaleggio Associati.

Il primo dipendente a tempo pieno dell’Associazione Rousseau — il fido Pietro Dettori — è un ex dipendente della Casaleggio Associati.

Ma se è normale che un padre lasci in eredità le quote azionarie dell’azienda che ha fondato al figlio, molto meno normale è che gli lasci la gestione organizzativa e tecnica del partito che ha fondato.

Cosa che avviene in due passaggi rimasti segreti fino a quando, alla fine dell’inverno 2018, un’inchiesta di Luciano Capone su Il Foglio la rende pubblica.

Quattro giorni prima di morire nella sua stanza dell’Istituto Auxologico, di fronte Gianroberto si presenta un notaio. È il momento in cui si decide la successione a Davide che riceve in consegna vita natural durante la gestione e il controllo del MoVimento.

La tempistica, lo ripetiamo, è davvero particolare: da oltre due anni il Samurai conosce la sua prognosi, eppure aspetta fino all’ultimo per sancire da un letto d’ospedale, in condizioni disperate, il passaggio di consegne.

Nasce così l’otto aprile 2016 l’associazione Rousseau, per «promuovere lo sviluppo della democrazia digitale nonché coadiuvare il MoVimento 5 stelle». È composta da solo due persone, padre e figlio, costo dell’operazione notarile, 300 euro. Non basta: con gli articoli 6 e 13 dell’atto costitutivo il potere di Casaleggio jr viene blindato: il ruolo di presidente di Rousseau sarà per sempre nelle mani di uno dei due Fondatori, solo che uno è moribondo, attaccato da due anni da un tumore al cervello e di lì a quattro giorni scomparirà.

Ancora non basta. Una settimana dopo Davide convoca una riunione rimasta segreta per due anni in cui cambia l’atto fondativo di Rousseau. Rimasto l’unico membro di Rousseau, è necessario modificare lo statuto in modo da affidare «la gestione e la rappresentanza della Associazione a un singolo amministratore».

Per farlo ha però bisogno di due «prestanome». Il 20 aprile 2016, di fronte allo stesso notaio di qualche giorno prima, si presenta Davide Casaleggio con due nuovi soci: Federico Maria Squassi e Michelangelo Montefusco.

Sono gli avvocati che, tra le altre cose, inviavano ai militanti le lettere di espulsione a seguito dei post scriptum sul Blog di Grillo. Squassi e Montefusco entrano in Rousseau «per consentire a Casaleggio — scopre Capone — l’abolizione di un organo collegiale come il Consiglio direttivo e per accentrare tutti i ruoli decisionali in un’unica figura, con i più ampi poteri di gestione e di rappresentanza ordinaria e straordinaria» e «senza limitazione alcuna». La «nuova assemblea» approva all’unanimità la nomina di Davide Casaleggio, che si astiene. Dopo la riunione, i due legali entrati in Rousseau escono dall’associazione. È passata un’ora appena. Il gioco è fatto, l’italian job di Davide riesce perfettamente.

È la nascita di qualcosa di unico al mondo: Davide diventa gestore a vita dei big data del MoVimento, delle sue procedure decisionali, lega a sé, anche economicamente, le sorti del primo partito italiano con una associazione privata. Ed è il capo di una società che si occupa di web marketing. Ossia gestisce milioni di dati. Chi ci dice che quei dati non possano essere utilizzati commercialmente?

Ma il mondo fino a quel momento non sa nulla: solo il 25 aprile 2016 sul Blog si annuncia la nascita di Rousseau. Non lo fa Davide ma una lettera postuma di Gianroberto: lo statuto che lui ha firmato mentre si trovava in condizioni disperate in un letto d’ospedale è però cambiato, come abbiamo visto.

Il 5 maggio Davide Casaleggio ammanta la sua operazione con un gesto «liberale»: fa entrare in Rousseau due persone in rappresentanza del M5s, il consigliere comunale di Bologna Max Bugani e l’europarlamentare David Borrelli. I due però, per statuto, non hanno alcun potere: lo dirà lo stesso Borrelli qualche mese dopo. «Non so nulla, sono in quell’associazione perché Beppe mi ha chiesto di esserci, ma è come se non ci fossi. Tutti gli incarichi sono intestati a Davide Casaleggio». Davide trova la sua gallina dalle uova d’oro.

Il nuovo statuto del partito, datato 30 dicembre 2017, blinda l’accordo con il partito. Gli strumenti informatici del MoVimento saranno forniti da Rousseau, per sempre. Il regolamento per le candidature quantifica una cifra: tutti gli eletti in Parlamento dovranno obbligatoriamente versare una «tassa» da 300 euro al mese nelle casse dell’associazione di Casaleggio.

Provate ad immaginare se Renzi avesse auto in eredità dal padre un’azienda a cui il PD avesse dato in appalto e per sempre il sistema informatico del partito.

Mentre la sua società per tre anni di seguito perdeva fatturato, con 330 eletti la Rousseau di Casaleggio drenerà circa 6 milioni di euro in cinque anni e vedremo se saranno presi dallo stipendio o rendicontati e quindi saranno soldi pubblici. Su come Rousseau spende i soldi c’è buio pesto, così come non sappiamo chi siano i clienti della Casaleggio Associati. Il fornitore di servizi Davide Casaleggio potrebbe dire se il sistema informatico che costa ai parlamentari 300 euro al mese è stato messo a punto dai suoi dipendenti e se questi siano stati pagati? C’è stato un passaggio di denaro tra le due entità dirette dallo stesso presidente?

La piattaforma Rousseau è obsoleta e inefficiente, e per questo preda di incursioni hacker. Chi può negare la possibilità che i dati di Rousseau non siano merce di scambio?

Nonostante le roboanti dichiarazioni sulla democrazia diretta di Rousseau, il contributo degli iscritti all’attività parlamentare tramite la piattaforma online è prossimo allo zero.

Nonostante questo, l’Erede per successione azionaria afferma che i vecchi partiti sono «obsoleti e diseconomici…» mentre noi «garantiamo un servizio migliore e siamo più efficienti».

O anche: «sono un semplice iscritto che offre volontariamente e gratuitamente assistenza tecnica».

Di bugie e segreti questa storia è piena.

Casaleggio Associati promette contatti e relazioni a chi la sponsorizza

Tocca tornare sul conflitto di Interessi di Davide Casaleggio, alla luce delle notizie emerse in questi giorni, visto che la sua azienda, Casaleggio Associati, promette condivisione di contatti e relazioni per chi gentilmente sponsorizza le sue indagini di mercato.

Riassunto: la scorsa settimana Casaleggio era a cena, tra gli altri, con Luca Lanzanone, arrestato il giorno seguente ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sullo Stadio della Roma, #unaretatafattabene insomma.

Lanzalone è un avvocato di fiducia in ambienti 5 Stelle ed è, tra l’altro, colui che avrebbe scritto materialmente il nuovo statuto del MoVimento 5 Stelle, che assegna all’Associazione privata Rousseau — presidente sempre il nostro Casaleggio — la gestione della comunicazione (Blog delle Stelle) e della democrazia (piattaforma Rousseau) del Movimento. Per svolgere questi compiti, il regolamento M5s prevede che parlamentari e consiglieri regionali versino 300 euro al mese ciascuno, tra i 5 e i 9 milioni di euro nell’arco di una legislatura.

Casaleggio ieri, nel rispondere imbarazzato alla domanda di un giornalista, ha fatto intendere che i due si fossero trovati in quel ristorante quasi per caso. Purtroppo il Fatto Quotidiano e Repubblica, tra gli altri, hanno documentato come quella fosse in effetti una cena di finanziamento organizzata da un’altra entità della galassia Casaleggio: l’Associazione Gianroberto Casaleggio, i cui soci sono ignoti ma il presidente si conosce: sempre Davide. Alla cena, non la prima invero, erano presenti imprenditori, collaboratori del Movimento, parlamentari. Almeno un socio di Casaleggio Associati, a guardare il suo account Instagram, si trovava a Roma quel giorno quindi è presumibile che fosse anche lui presente.

Un bel groviglio di interessi mediatici, politici, imprenditoriali attavolato a due passi dal Senato della Repubblica per parlare di lavoro, sviluppo economico, welfare. Mancava solo il ministro competente.

Come abbiamo raccontato in Supernova, i Casaleggio non sono nuovi all’utilizzo delle proprie relazioni a vantaggio ora della propria azienda, ora del Movimento o di qualche cliente.

Sarebbe opportuno che saltasse fuori la lista degli invitati, per un motivo preciso. Tra le varie attività di Casaleggio Associati c’è l’ormai noto rapporto annuale sull’e-commerce, presentato quest’anno a Milano e a Roma. Ebbene, visitando la pagina web dell’evento, si scopre che agli sponsor del rapporto di quest’anno viene offerta — come benefit, carte vincenti” — il networking e i contatti che l’azienda può fornire, senza ben specificare quali. Per caso tra gli invitati a quella cena c’era qualcuno dei finanziatori dei convegni di quest’anno, che sarebbe potuto così entrare in contatto e in relazione anche con i politici che hanno rapporti con Casaleggio?

Lanzalone, Casaleggio e i milioni di euro

È stato Luca Lanzalone a scrivere il nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle e quindi a consegnare, di fatto, a Davide Casaleggio il potere negoziale e di condizionamento di cui gode nel Movimento 5 Stelle; e , soprattutto, la possibilità di raccogliere dai parlamentari M5s, nell’arco della legislatura, quasi sei milioni di euro per la sua Associazione privata, Rousseau.

Abbiamo raccontato in Supernova il “metodo Casaleggio” per la gestione delle relazioni, del potere e del denaro. Abbiamo scritto di come Davide Casaleggio utilizzi il suo ruolo di presidente dell’Associazione Rousseau per promuovere la propria immagine e la propria azienda; di come, secondo un ex dipendente di Casaleggio Associati, a Milano tenessero sotto controllo le elezioni per le primarie di Roma in tempo reale; di come Davide sia infine riuscito a blindare la sua associazione privata nello Statuto del Movimento 5 Stelle e imporre agli eletti una quota da versare a tale soggetto.

Sul Foglio, Luciano Capone ha documentato come Casaleggio sia diventato il dominus dell’Associazione Rousseau appena morto suo padre Gianroberto.

Oggi, grazie all’inchiesta sullo Stadio della Roma, sappiamo chi ha permesso a Davide Casaleggio di consolidare questo suo potere, non esplicitato in alcuna carica elettiva nel partito ma infilato nella scatola cinese dell’Associazione Rousseau: Luca Lanzalone. Nel “giro” dal 2016, è stato consulente per la giunta Nogarin a Livorno, per la giunta Raggi a Roma fino a diventare presidente di Acea e ha pure rappresentato, col suo studio, Grillo e il M5s nelle cause intentate da alcuni attivisti espulsi.

Repubblica e il Fatto scrivono oggi che Lanzalone, poche ore prima del suo arresto, era a cena con Davide Casaleggio* e alcuni importanti rappresentanti del Movimento. Il Fatto si spinge a ipotizzare che abbiano parlato di nomine e Marco Travaglio, nel suo editoriale, descrive il rapporto tra i due come “intimo”.

La stampa di oggi è sostanzialmente unanime nel ritenere che sia stato proprio Lanzalone a scrivere lo Statuto del Movimento che consegna all’Associazione Rousseau di Davide — e solo a lei — il compito di amministrare e sviluppare gli strumenti di democrazia diretta e la comunicazione ufficiale (Il Blog delle Stelle) del Movimento. Sulla base di questo Statuto, viene chiesto agli eletti in Parlamento (e nei consigli regionali) di versare una quota di trecento euro mensili all’Associazione. Oltre a sviluppare la piattaforma Rousseau, con risultati piuttosto scarsini finora dato che il Garante della Privacy ha aperto una pratica per il modo con cui vengono trattati i dati personali degli iscritti, Casaleggio ogni tanto usa questi soldi e l’organo ufficiale del partito di governo per pubblicare le proprie interviste sui rapporti prodotti dalla sua Azienda — Casaleggio Associati.

Di recente Casaleggio ha lanciato l’iniziativa “Rousseau Open Academy”: ci apriamo al mondo creando uno spazio per tutti coloro che vogliano mettersi a disposizione degli altri per creare questa conoscenza”. Un’iniziativa culturale promossa dalla sua Associazione privata, insomma, che gli permetterà di ampliare la sua rete di relazioni all’estero. A nome di Rousseau, però, non a nome del Movimento, anche se i finanziamenti arrivano dalle donazioni dei parlamentari e degli attivisti che frequentano il Blog delle Stelle.

Davide si è costruito, grazie anche all’aiuto di Lanzalone, un ruolo centrale anche se non strettamente politico, non sottoposto a controllo democratico: il presidente di Rousseau non viene eletto, quindi non è in discussione; Rousseau è l’unico fornitore possibile da Statuto del Movimento, quindi non può essere cambiato. Casaleggio usa questo ruolo anche per promuovere se stesso e le sue attività di imprenditore: quando i giornalisti lo incontrano agli eventi, sono costretti a chiedergli se parla nel suo ruolo di Presidente di Rousseau o Presidente di Casaleggio Associati.

Viene da chiedersi se sia democraticamente igienico, ammesso che l’episodio sia confermato, che Davide Casaleggio, che tanto deve a Luca Lanzalone, venga invitato alle cene con esponenti del partito e con lo stesso Lanzalone per parlare di “nomine”.

Mattarella e la tenuta delle democrazie

Ridisegnare gli Stati per sopravvivere al progresso


Risulta ogni giorno più evidente che, in Italia e nel mondo, le nostre strutture democratiche sono sottoposte a uno stress test di portata storica che non è detto verrà superato.

Gli Stati occidentali moderni sono stati progettati dopo la Seconda Guerra Mondiale: all’epoca i poteri erano retti da equilibri tutto sommato semplici da organizzare, basandosi sul principio della separazione dei poteri. Anche il contropotere proprio delle società democratiche, l’informazione, ha assolto alla funzione di accompagnare e filtrare le carriere dei “potenti”, fossero essi politici, amministratori, vertici aziendali.

Anche quando i filtri non funzionavano, c’erano comunque gli anticorpi: Nixon fu costretto alle dimissioni grazie a un’inchiesta giornalistica, quando la professione di giornalista godeva della necessaria considerazione, nel
pubblico, e della necessaria credibilità.

L’esercizio del potere subiva una serie di controlli e bilanciamenti tali da determinare un consenso pubblico rispetto al funzionamento del sistema. Un delicato equilibrio scolpito nelle nostre Costituzioni.

Quell’equilibrio non esiste più.

In vent’anni il DNA delle nostre società è mutato, nel bisogno di essere rappresentati e nel bisogno di comunicare. L’innovazione tecnologica ha messo nelle tasche di ciascuno di noi la possibilità concreta di comunicare senza filtri e senza contropoteri.

Oggi si manifestano le conseguenze di questo fatto. Ai vertici delle istituzioni arrivano personalità senza alcuna preparazione tecnica o politica, avendo facoltà di mentire e cambiare posizione a distanza di poche ore su qualsiasi argomento. Non tanto perché il giornalismo non fa più il suo mestiere ma perché, anche per colpe proprie nel capire come stava cambiando il mercato editoriale, è diventato un contropotere inefficace. I leader politici, per scalare le istituzioni, non hanno più bisogno dell’intermediazione del giornalismo: il rapporto con la base elettorale è diretto, immediato inteso come senza mediazione. Possono mentire senza perdere consenso, perché chi lo farà notare — il giornalista — non sarà più interlocutore di quella base elettorale, che prima — appunto — mediava il rapporto, e quindi non sarà ascoltato.

Il caso italiano è esemplare: i leader possono forzare gli equilibri costituzionali con successo, perché nessun contropotere ha più la forza di contrastarne le argomentazioni.

Ieri, il Capo dello Stato Mattarella ha esercitato una sua prerogativa costituzionale rifiutandosi di nominare il Ministro dell’economia proposto dal Presidente del Consiglio incaricato. Ci sono decine di commentatori, costituzionalisti, giornalisti, uomini delle istituzioni che confermano il diritto del Presidente di farlo, ma il messaggio che è passato è l’opposto: per l’opinione pubblica Mattarella ha violato la Costituzione.

Da quando le forze “antisistema” hanno infiltrato le istituzioni, abbiamo avuto una crisi ad ogni singolo passaggio previsto dalla Costituzione. E quasi ogni volta la crisi si è superata con una forzatura della Carta: la rielezione di Napolitano, l’elezione di Mattarella a maggioranza semplice (non una forzatura, ma resta comunque un presidente eletto grazie al consenso personale dell’allora segretario del partito di maggioranza relativa), l’attuale crisi di governo, il cui dibattito si basa sull’interpretazione di una prerogativa costituzionale del Presidente della Repubblica.

Da questa situazione se ne uscirà solo con nuovi assetti democratici che tengano conto della mutata distribuzione del potere. Bisogna ridisegnare le istituzioni e i processi democratici, reinventare gli strumenti di partecipazione, aggiornare gli strumenti in mano a ciascun singolo potere e contropotere affinché possano svolgere il loro compito. Questo è un processo inevitabile, e bisogna augurarsi che sarà un processo pacifico e ordinato.

Per tentare di avviarlo nell’alveo delle regole che ancora tengono, se io fossi Mattarella prenderei atto che la natura monocratica della sua funzione non è sufficiente a reggere il peso della sua decisione — dato il contesto — , e chiederei un parere di interpretazione autentica alla Corte Costituzionale, mettendo sul tavolo le dimissioni. In questo modo al peso della Presidenza si aggiungerebbe quello della Corte nel sostenere le fondamenta delle istituzioni.

Per aggiornare l’infrastruttura democratica in un passaggio storico così complesso servono istituzioni solide la cui autorevolezza sia condivisa. Il rischio, altrimenti, è che si disegnino i nuovi assetti sul principio della legge del più forte.

Il Garante non garantisce Rousseau

Il Garante della Privacy Antonello Soro non si fida di Davide Casaleggio. Impone di fornire all’Autorità il codice della piattaforma Rousseau, la dichiarazione di un professionista o una società terza sulla sicurezza delle nuove modifiche e, soprattutto, prende in carico personalmente la pratica.

È questa la sintesi del nuovo provvedimento, datato 16 maggio 2018, che segue quello dello scorso dicembre e riguarda lo stato di avanzamento delle prescrizioni imposte al capo-ombra del MoVimento 5 Stelle.

La vicenda inizia ad agosto dello scorso anno quando la piattaforma Rousseau subisce due violazioni di sicurezza, qui raccontate dall’ottimo David Puente, talmente gravi da mettere in allarme il Garante della Privacy. Viene condotta un’indagine che si conclude con alcune prescrizioni: vanno garantite la sicurezza del voto e la protezione dei dati personali. L’indagine, infatti, aveva fatto emergere una grave insufficienza tecnica e, soprattutto, aveva confermato che i voti espressi sulla piattaforma sono direttamente riconducibili agli iscritti.

Per le violazioni riscontrate, l’Associazione Rousseau è già stata multata per 32.000 euro dal Garante.

Ebbene, il provvedimento di due giorni fa segna anzitutto un cambio di passo. A differenza del precedente, il relatore è personalmente il Presidente dell’Authority Soro. In gergo si chiama “escalation”: ora se ne occupa il massimo livello, segno della gravità del caso e dell’insufficienza delle risposte fornite dall’Associazione Rousseau e da Davide Casaleggio.

Analizziamo nel dettaglio il nuovo provvedimento.

Nella prima parte, si dà notizia di due comunicazioni, una del 20 febbraio da parte di Casaleggio l’altra di una settimana dopo, il 27, da parte di Beppe Grillo.

Nella prima, Casaleggio “ha dato conto delle misure di sicurezza già adottate chiedendo, al contempo, la proroga del termine fissato dal Garante” per implementare un sistema che consenta di tracciare gli accessi e le operazioni effettuate sul database. Insomma, si chiede la certificazione del voto da parte di un ente terzo. Questa prescrizione è richiesta perché il sospetto è che il sistema di e-voting sia consultabile e/o manipolabile da soggetti non autorizzati e/o per motivi diversi dalle finalità previste. Come ho raccontato più volte, Casaleggio ha potenzialmente accesso a tutti i dati degli iscritti, ed è questo che gli conferisce un potere di influenza sul Movimento che il Garante, evidentemente, ritiene di dover limitare. Eppure implementare un sistema di “log” non è tecnicamente così difficile, men che meno richiedere a un ente terzo di certificare le procedure di voto: l’hanno già fatto in passato. Chissà perché si richiede una proroga di addirittura sei mesi.

Grillo, invece, si defila: rimanda tutte le richieste all’Associazione Rousseau e si assume la responsabilità solo per il nuovo Blog, attraverso il quale non vengono raccolti dati personali. In breve: Casaleggio è solo, se la deve sbrigare lui, Grillo non tira fuori un soldo.

Si passa poi ai “profili di criticità” emersi nella comunicazione di Casaleggio del 20 febbraio “rispetto ai quali si rende necessario acquisire ulteriori informazioni e/o documentazione al fine di poter valutare l’effettivo adeguamento alle prescrizioni impartite”. Insomma: Soro non si fida e vuole vedere le carte. In un modo, come vedremo, del tutto inusuale: un ulteriore indizio della serietà della situazione.

Ecco le criticità.

Primo: Casaleggio ha informato delle nuove misure di sicurezza in una comunicazione considerata “temporaneamente soddisfacente”; il Garante però vuole che glielo dica un professionista terzo indipendente, non l’Associazione, e infatti la risposta “deve essere integrata con l’indicazione dell’operatore (società o professionista) che ha condotto l’assessment e dagli esiti di tale attività in forma di report tecnico”.

Secondo: era stato richiesto che gli utenti utilizzassero necessariamente password sicure, più lunghe di otto caratteri e sottoposte a una verifica di complessità. Il Garante ritiene la prescrizione applicata solo parzialmente: al momento vale solo per i nuovi iscritti mentre dovrebbe essere imposta anche a quelli vecchi. Addirittura si spinge a dare un suggerimento imbarazzante per l’Associazione Rousseau, che ci sarebbe dovuta arrivare da sola: “Occorre piuttosto intraprendere una campagna di invito alla modifica della password nei confronti degli interessati già iscritti, prevedendo l’obbligo di attuare tale modifica alla prima sessione di collegamento utile attivata con le credenziali (tuttora) deboli”.

Terzo: si ritiene soddisfatta la prescrizione di applicare un certificato di sicurezza al dominio, un’operazione banalissima; era già incommensurabilmente grave che non fosse stato fatto prima.

Quarto: “al fine di consentire a questa Autorità di verificare la veridicità di quanto dichiarato, si rende necessario acquisire la documentazione relativa al codice di programmazione modificato […] (cd. codice sorgente)” utilizzato per implementeare un sistema più robusto di sicurezza delle password.

Traduco: dite di utilizzare una tecnologia più sicura per salvare le password. Bene, mi fate vedere se l’avete fatto davvero e come?

La frase così formulata da Soro è gravissima. Dice chiarissimamente di non fidarsi di Davide Casaleggio e sembra chiedere addirittura di visionare il codice sorgente della piattaforma per verificare quanto da lui dichiarato. Per intenderci, è l’equivalente di chiedere al proprio partner di vedere le chat di WhatsApp.
La prescrizione è talmente grave che ho chiesto a un mio collega esperto di sicurezza quanto sia frequente: “non c’è una ragione plausibile per cui un ente garante debba chiedere il codice sorgente”. Se l’ha fatto, dunque, la situazione deve essere davvero compromessa.

Quinto: il Garante prende atto che il Blog di Beppe Grillo è stato spostato su un’altra piattaforma, non gestita dall’Associazione Rousseau né da Casaleggio Associati e sulla quale non viene richiesto alcun dato personale. La prescrizione relativa a beppegrillo.it decade.

Casaleggio ha quindi tempo fino al 30 giugno per fornire la documentazione richiesta “che consenta di valutare l’effettivo adempimento delle prescrizioni”; viene accolta la richiesta di prorogare al 30 settembre il termine per l’implementazione di un sistema di certificazione del voto ma viene ricordato che il 25 maggio entra appieno in vigore la GDPR, le nuove norme sul trattamento dei dati che prevedono altissime sanzioni in caso di violazione. Sottinteso: su questo non verrà concessa alcuna deroga, anzi: “i soggetti destinatari del presente provvedimento dovranno pienamente adeguarsi”.

Firmato, come dicevamo, il relatore e Presidente Antonello Soro.

In conclusione, Davide Casaleggio e l’Associazione Rousseau sono sotto stretta sorveglianza del Garante della Privacy, che non si fida più dell’Erede per via dei pregressi e già sanzionati illeciti e per la mancata ottemperanza di molte delle prescrizioni imposte a dicembre.

Che la legislatura abbia inizio con un bel voto su Rousseau!

Il caso di Lucia Annunziata

Forse sarebbe il caso di dire le cose con parole chiare: c’è un tale non eletto da nessuno che si comporta da bullo nei confronti dei giornalisti e delle giornaliste italiane. Ne parla Luciano Capone sul Foglio raccontando il metodo-Casalino: il capo della comunicazione del MoVimento 5 Stelle impone a tutte le trasmissioni televisive che i parlamentari grillini godano di un trattamento speciale ed evitino il contraddittorio. O così o niente intervista: un ricatto che impedisce ai conduttori di fare il proprio lavoro e al pubblico di avere un’informazione completa.

Succede a tutti, anche ai giornalisti più autorevoli, anche a quelli del Servizio Pubblico.

Lo possiamo testimoniare direttamente.

A settembre del 2016 il Corriere della Sera e La Stampa pubblicano la prima anticipazione di Supernova (ora in libreria e su Amazon); tra le primissime redazioni televisive che ci contattano per un’intervista c’è quella di In Mezz’ora, la trasmissione di Lucia Annunziata su Rai3. È chiaro che il racconto dei due più stretti collaboratori di Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo sia una notizia. Veniamo invitati per la domenica successiva. Poi rimandati di un paio di settimane. Infine la redazione ci scrive entusiasta: “a meno di notizie clamorose, domenica due ottobre siete in onda”.

Succede però qualcosa. La redazione prima temporeggia, poi ci fa sapere che il nostro invito è stato messo “in stand by”. Qualcuno aveva chiaramente fatto intendere che la nostra presenza avrebbe comportato delle conseguenze.

Contattiamo la redazione di In Mezz’ora di nuovo il 17 dicembre: “Ciao, quando finirà l’embargo su Supernova decretato da Casalino?”. Risposta: “Lasciamo perdere”.

Il nostro embargo è durato quasi due anni ed è stato rotto solo da due emittenti: TgCom24 e La7, la scorsa settimana, grazie all’invito di Gaia Tortora, che ringraziamo. Continua, invece, l’embargo nei confronti di Jacopo Iacoboni, autore di numerosi articoli e un altro libro, L’Esperimento, sui pentastellati.

Attenzione: sarebbe facile strillare contro “il giornalismo asservito ai potenti”, come fanno quelli.

Ma non è questa la nostra opinione. Lucia Annunziata è vittima, non complice. Lo diciamo chiaramente e senza alcun doppio pensiero.

Le trasmissioni politiche hanno senso di esistere, soprattutto sul Servizio Pubblico, se danno voce a tutti. Era sbagliato tenere fuori il MoVimento prima, sarebbe sbagliato tenerli fuori adesso. Tra i due mali, quello peggiore è privare il pubblico della voce di chi rappresenta il 32% dell’elettorato. Ci è facile capire perché veniamo esclusi noi, anche se è inaccettabile.

Ha ragione Nicola Porro: “Serve una risposta di mercato, e cioè una presa di posizione da parte dei giornalisti e degli editori”. Questo ricatto funziona perché in TV c’è, per fortuna, concorrenza e quindi può essere disinnescato solo con la volontà di tutte le redazioni, che devono all’unisono rifiutarlo. A tutela del mercato stesso: non passerà molto tempo prima che, per autodifesa, anche gli altri partiti adottino la stessa strategia, e a quel punto non ci sarà più niente da fare.