Lo scorso 1 dicembre c’è stata una mozione di sfiducia nei confronti di Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio.
La giunta si regge grazie all’appoggio esterno del Movimento 5 Stelle, che però non ha votato compatto e ha lasciato Zingaretti al suo posto.
Il giorno prima Luigi Di Maio, capo politico del Movimento, seguito da Beppe Grillo, ha invitato i consiglieri laziali a votare compatti la sfiducia per far cadere la giunta e portare la regione al voto.
Roberta Lombardi, capogruppo in consiglio regionale, aveva dato indicazioni diverse: uscire dall’aula per non far cadere Zingaretti, cui ha garantito una sorta di non sfiducia per governare. Non ha, peraltro, nascosto la sua seccatura per l’intervento esterno: “Grillo non si occupa di tematiche territoriali e mi chiedo chi lo abbia spinto a intervenire e cosa gli abbia detto. Per il futuro chiedo a Beppe e Luigi che qualsiasi cosa volessero sapere sul Lazio mi chiamassero“.
Chiaramente, i consiglieri regionali – inclusa Lombardi – non hanno alcuna intenzione di chiudere anzitempo la legislatura rinunciando al proprio ruolo, stipendio, lavoro. Da questa vicenda, però, possiamo ricavare altri due dati che ci permettono di capire meglio i rapporti di forza e i progetti a medio termine dei dirigenti romani e milanesi del partito.
Cerchiamo intanto di spiegare a Lombardi chi ha “spinto” Grillo a quelle dichiarazioni.
Come abbiamo spiegato in Supernova io e Nicola Biondo, Grillo non ha mai preso una decisione, né scritto un post, né avuto alcun ruolo autonomo. Ha sempre avuto e continua ad avere ghostwriter e suggeritori. All’inizio dell’anno ha lasciato Casaleggio Associati, che non gestisce più il suo Blog. Davide Casaleggio, però, attraverso l’associazione Rousseau e in accordo con Di Maio continua ad amministrare la comunicazione del Movimento. Quando Grillo parla del partito, dunque, lo fa su indicazione dei due diarchi: Di Maio e Casaleggio. I quali, evidentemente, sono interessati a far cadere la giunta Zingaretti. Perché?
Lo si capisce guardando ai sondaggi e agli altri segnali, piccoli e grandi, che arrivano dai territori.
Primo indizio: giorni fa, Giancarlo Cancelleri ha dichiarato di essere ben felice di fare alleanze post elettorali con la Lega in Sicilia.
Secondo indizio: alcune settimane prima, l’eurodeputato Marco Valli parlando con La Stampa aveva spiegato che ci sono tentativi e interlocuzioni per il nuovo gruppo europeo, ma è possibile anche un’alleanza con Salvini e Le Pen. Valli è subito dopo caduto in disgrazia ed è ora sospeso dal Movimento.
Terzo indizio: il Movimento ha rinunciato a tutti gli emendamenti, inclusi quelli dei fantomatici “dissidenti”, al decreto sicurezza di Salvini, che così è diventato legge.
Insomma, tutto sembra portare a concludere che l’intenzione dei dirigenti sia quello di proseguire sulla strada di una maggiore convergenza con la Lega, soprattutto in vista delle prossime Europee. A quel voto Salvini potrebbe arrivare in miglior salute e raggiungere se non sorpassare il Movimento. Subito dopo, in funzione del nuovo peso politico dei due alleati, si dovranno trovare nuovi equilibri.
Evidentemente, Di Maio vuole portare in dote qualche scalpo sul tavolo delle trattative, visto che non potrà più vantare l’egemonia elettorale.
La vicenda su Zingaretti, con Grillo usato come clava contro gli stessi consiglieri locali, rientra perfettamente in questa cornice.