È un argomento decisivo, perché il modo in cui Casaleggio amministra l’associazione la rende, di fatto, la tesoreria e l’unità organizzativa del Movimento 5 Stelle. Infatti, buona parte del bilancio riguarda la gestione degl’iscritti e l’accantonamento per la tutela legale. Nel passato, per dovere di cronaca, questo accantonamento è servito per pagare le multe al Garante della Privacy. Cioè Casaleggio ha usato i soldi che servivano per lo sviluppo della piattaforma, la gestione degl’iscritti, l’organizzazione degli eventi del partito per pagare la propria incapacità di gestire come avrebbe dovuto i dati.
I fondi, ci spiega, arrivano dalle donazioni di “iscritti e portavoce”. Questa è una inesattezza: i portavoce, intesi come i parlamentari, non effettuano “donazioni” ma pagano un servizio commerciale, cioè la piattaforma. Lo dimostra la natura stessa dell’Associazione Rousseau, che ai fini fiscali è considerata un ente commerciale in virtù di questo scambio, servizio per soldi, che non è liberale quindi no può essere considerato una donazione. Rousseau, per quella parte di bilancio, paga infatti l’IVA.
I soldi drenati dal partito verso Rousseau
C’è poi un fatto non indifferente. Parte dei soldi che gli attivisti pensano di donare al Movimento 5 Stelle, che in realtà entrano nelle casse di Rousseau, sono usati da Casaleggio per organizzare i propri eventi. Il famoso gonfiabile a forma di mouse non riporta i loghi del Movimento, ad esempio. Non sono nemmeno iniziative deliberate dagli organi di partito che, di fatto, è stato espropriato della propria capacità finanziaria. Casaleggio deve ringraziare un comma dello statuto, scritto da Luca Lanzalone, che permette a Rousseau di drenare i soldi che dovrebbero essere spesi per l’attività politica.
In questo modo, Casaleggio non solo amministra la piattaforma ma di fatto è la segreteria e la tesoreria del Movimento, che non ha possibilità di organizzare nulla, contattare i propri sostenitori, tenere consultazioni se non con l’assenso del padrone.
Per tenere insieme il gruppo parlamentare, cioè per tutelare il proprio ruolo, Di Maio e Casaleggio hanno accettato di sostenere un candidato insieme al PD in Umbria. Nel commentare la sconfitta del partito dopo il voto di ieri, non si deve scordare la vittoria del gruppo dirigente. Il risultato, infatti, non avrà conseguenze sulla guida del Movimento, anzi.
Sul Blog delle Stelle si parla già di esperimento fallito, inteso come l’accordo col PD “organico”. Il “via libera” era stato dato dal voto sulla piattaforma, scaricando le responsabilità sulla base: questa è l’argomentazione più forte che Di Maio potrà portare in assemblea per mettere a tacere le poche critiche. La responsabilità sarà fatta ricadere su quella parte (molto piccola) del gruppo che, con pontiere Spadafora, da sempre cerca l’accordo col cadavere del PD.
Quegli stessi personaggi, come riporta il Fatto Quotidiano, avrebbero pronta una lettera da inviare a Casaleggio. I poveretti s’illudono che Davide possa essere in qualche modo dispiaciuto del risultato, ma così facendo lo legittimano, una volta di più, nel suo ruolo di proprietario e padrone, dimostrando non essere da soli capaci di aggredire la guida del ministro degli esteri e consolidando lo status quo.
Il Prestanome del Consiglio
Il Partito Democratico persevera nel suo patetico tentativo di romanizzare i barbari, facendosi barbarizzare dal milanese.
Se il tentativo, come pare, è quello di cercare di sbarazzarsi di Casaleggio pensando che Conte abbia una qualche propria personalità politica, o qualche voto, commettono almeno un paio di errori. Il primo è pensare che di Casaleggio ci si possa sbarazzare. Non succederà, o almeno non in questo modo. Il partito è costruito in modo che possa cambiare pelle velocemente, Casaleggio ha dimostrato grande capacità di adattamento. Inoltre, c’è la fila di personale politico pronto per essere speso a livello nazionale che si sta formando silenziosamente nelle istituzioni locali e arriverà in parlamento (magari dopo un giro all’opposizione) più preparato degli attuali dirigenti.
Il secondo è non capire l’origine della popolarità di Conte negli ambienti finanziari e industriali: è Casaleggio che garantisce. La rete di contatti che gli deriva dal proprio business e dalle cene, chissà quanto eleganti, organizzate dall’Associazione Gianroberto Casaleggio, gli hanno consentito di acquisire influenza e garantire per il Prestanome del Consiglio.
Quando cesserà l’esigenza, cesserà questa garanzia. Casaleggio e Di Maio possono ancora dormire sonni tranquilli.
Torniamo a commentare la lettera di Davide Casaleggio al Corriere della Sera. Lo faccio perché il Corriere ha deciso di pubblicarla senza commenti, senza controdeduzioni, senza repliche. Gravissimo soprattutto per quanto riguarda il punto che affronto in questo articolo: Casaleggio e le minoranze.
Con il “paradosso del decisore muto” (qualunque cosa voglia dire) Casaleggio butta nel cesso centinaia di anni di evoluzione della società e dei sistemi democratici liberali.
In sintesi sostiene che quando le minoranze perdono hanno certamente torto, non si sono impegnate abbastanza, non era davvero importante la loro posizione.
Un abominio. Secondo questo ragionamento è giusto che ogni diritto che ancora non è riconosciuto non lo sia. Se in una comunità qualcuno è discriminato perché appartenente a una minoranza è colpa sua che non spiega bene le proprie ragioni.
Non sfiora neanche l’anticamera del cervello (che dev’essere comunque poco spaziosa, vista la stanza) che non si possano avere i mezzi, le risorse, la forza di affermare una propria idea. Che spiegare le proprie ragioni non è necessariamente un’operazione semplice o veloce.
Casaleggio fa perfino degli esempi: Trump e la Brexit. Molto interessante perché lui frequenta esponenti di entrambi questi movimenti. A giugno del 2018 incontrava Steve Bannon a Roma. Tre anni prima, nel suo ufficio, Nigel Farage e il suo staff negli uffici di Casaleggio Associati a Milano. Solo che sia Trump che la Brexit, hanno stabilito le inchieste, sono frutto di colossali violazioni della legge, non della incapacità degli avversari di convincere gli elettori.
Davide Casaleggio è un uomo pericoloso. Va fermato.
Il 31 agosto 2019, prima del voto sul governo M5s-PD, Casaleggio pubblica sul sito dell’Associazione Rousseau – il Blog delle Stelle – quelle che chiama 10 “fake news” da sfatare sulla sua piattaforma. In questo articolo commentiamo la quinta e la sesta, sulle possibili manipolazioni dei risultati e la certificazione del voto.
Sostiene Casaleggio che ogni modifica del codice, ogni accesso al database, ogni azione amministrativa è tracciata, quindi se succede qualcosa durante il voto, come un attacco esterno, si potrebbe correre subito ai ripari.
Ciò è ovviamente un bene, ma c’è un problema: ci sono tipologie di attacchi che non sono facilmente rilevabili, non lo sono per nulla o ci si accorge con ritardo di averle subite. Spiega l’esperto di sicurezza informatica Gianni Cuozzo che il 70% degli attaccati non sa di esserlo, o di esserlo stato. Quelle di cui parla Casaleggio sono giuste precauzioni, ma totalmente insufficienti.
Ma il voto è comunque certificato da un ente terzo, dice Casaleggio. Falso. Falso. Falso. Primo: non esistono enti terzi che certificano voti online. Proprio in occasione del voto sul governo M5s-PD, dopo il voto hanno rilasciato un documento tra il ridicolo e l’incredibile.
Un notaio pagato da Casaleggio, che è lo stesso che ha firmato la nascita del “nuovo M5s” certificava di aver visto a monitor l’esito del voto mentre il provider che amministra i server ha rilasciato i dati di traffico. Stop.
Qui non c’è nessun ente terzo e soprattutto nessuna certificazione del voto.
Ieri sul solito Corriere della Sera (se ve lo state chiedendo: sì, Casaleggio ha degli amichetti al Corriere), c’è un’intervista a Emanuel Mazzilli. Si tratta del programmatore che Casaleggio e Rousseau hanno prelevato da Facebook e messo a lavorare sulla piattaforma.
Ex dipendente anche di Twitter (il che fa capire qualcosina della logica con cui ragionano dalle parti di via Morone, ma questa è un’altra storia), afferma una serie di circostanze che vanno commentate. Alcune sono notizie molto interessanti che aprono finestre sui veri obiettivi di Casaleggio.
Diamo per buono che ha lasciato la California, un lavoro di primo piano in una delle più importanti aziende del mondo per andare da Casaleggio, quello che usava come password amministrativa “davidavi”, perché hanno una “visione comune” su politica e tecnologia.
Mazilli sostiene di aver riscritto “tutte le 14 funzioni esistenti da zero”. Mentre costruiva un team di tecnici che ora coordinerà. Quest’affermazione, detta così, non può essere che una colossale balla. Semplicemente non è possibile fare quanto afferma in 10 mesi.
Primo: la sua esperienza professionale riguarda l’ambito app mobile, territorio completamente diverso da quello in cui opera Rousseau, che è una web app.
Secondo: quel tempo non è minimamente plausibile per “riscrivere da zero tutte le 14 funzioni esistenti” da solo. Proprio non si può fare. Più probabilmente ciò che è stato fatto è una revisione del codice per sistemare i problemi più gravi (ad esempio hanno aggiornato il sistema di login).
Terzo: questa cosa della piattaforma riscritta la ripete più volte. Come se il messaggio che deve passare sia quello. Il che, anche fosse vero, cosa di cui dubito, significa che fino a 10 mesi fa Rousseau era un colabrodo come abbiamo sempre sostenuto mentre Casaleggio lo negava.
La giornalista chiede poi cosa dobbiamo aspettarci per il futuro. Questa è la parte interessante e preoccupante. Sostiene Mazzilli che hanno “progettato il login di Rousseau in modo che possa essere usato per accedere ad altri siti”. Come quando usate Facebook per loggarvi ad altri servizi, così potrete usare Rousseau. Che consente, secondo l’ingegnere, di avere un’identità certificata.
Attenzione, perché sembra che Casaleggio si voglia buttare sul mercato dei servizi digitali per il cittadino e non solo sul voto elettronico come frontiera democratica. La prima cosa che mi viene in mente è che punti a diventare un provider d’identità per SPID. Sarebbe gravissimo: un partito, gestito in quel modo, che fornisce anche identità per accedere all’agenzia delle entrate, al comune, alla posta.
Altra informazione interessante: “Abbiamo un log puntuale degli accessi alle macchine e ai database: qualsiasi cosa facciamo sulle nostre macchine viene registrata”. Riguarda pure quello che succede durante le operazioni di voto quindi. Sarebbe interessante capire quanto puntuale sia il registro perché può essere tranquillamente un bypass all’indicazione di non collegare voti e utenti. Se io traccio su un log in ordine temporale i voti e chi li ha espressi anche in due diversi registri, se faccio il confronto tra i registri posso comunque sapere chi ha votato cosa. Succede questo?
Mazzilli torna dopo mesi a parlare di blockchain per validare il sistema di voto. Ne ho già parlato in passato: la blockchain non serve a nulla in questo ambito (in realtà in nessun ambito, ma va beh…).
Non poteva mancare la bugia sulle passate multe del Garante. Mazzilli sostiene che siano perché avevano sbagliato a scrivere il disclaimer sulla privacy. In realtà perché la piattaforma era insicura: se così non fosse perché mai avrebbe dovuta “riscrivere da zero”?
Non si parla di piattaforma open source, come hanno sostenuto a Italia 5 Stelle ma del progetto che prevede di scrivere collaborativamente l’applicazione mobile. Staremo a vedere, ma il progetto di Casaleggio per la piattaforma Rousseau assume toni sempre più inquietanti.
Sabato è partita la Fase tre del movimento di Casaleggio. La prima può essere identificata con i V-Day e le prime liste civiche; la seconda con lo sbarco in Parlamento e il governo con Salvini. La terza è stata formalizzata sabato e domenica scorsi.
Ogni passaggio di fase si può identificare con un fatto molto preciso e circostanziato: i vertici, Grillo e Casaleggio (prima Gianroberto e ora Davide), si liberano di zavorre che sono inutili per proseguire il percorso.
È una tecnica ben rodata ideata da Gianroberto Casaleggio ai tempi del Blog di Beppe Grillo: all’epoca, ogni tanto scriveva un post molto divisivo. Poteva essere sbilanciato a destra o a sinistra e serviva per allontanare chi non era intenzionato e seguire ciecamente la strada tracciata. Un giorno pubblicò un post razzista, che parlava dell’invasione dei “Rom della Romania” – peraltro la locuzione è specificatamente di Davide: mi disse che serviva per “liberarci di un po’ di questi sinistrorsi che infestano i commenti”.
Linguaggio familiare vero? L’invasione ricorda Salvini, no? E il termine “infestare” lo usa Trump con riferimento alle persone di colore.
Dalla fase uno alla fase due
Il primo passaggio di fase, lo abbiamo raccontato in Supernova, avvenne tra il 2012 e il 2013. Partito di Casaleggio si preparava per lo sbarco in Parlamento e serviva fare pulizia. Approfittando della vicenda di Giovanni Favia, che in uno sfogo registrato fuori onda denunciava quello che oggi conosciamo come il Sistema Casaleggio, Grillo fece un video ridicolo, contraddittorio e feroce: “fuori dalle palle chi pensa che io non sia democratico”. Alcuni se ne andarono prima del voto, altri furono espulsi dai gruppi parlamentari con una epurazione di massa mai vista prima nel primo anno di legislatura.
Dopo il voto europeo del 2014 i tempi erano maturi e il famoso “Direttorio” prese il controllo del partito, sottraendolo a Gianroberto, malato e fragile, con l’aiuto del figlio Davide che manovrava nell’ombra, costruendosi un ruolo e un’organizzazione con l’eredità.
Il primo cambio di fase è coinciso anche con la creazione di un’associazione Movimento 5 Stelle parallela rispetto alla prima (la vecchia “non-associazione”) da parte di Grillo, il suo commercialista e il suo avvocato-nipote.
Dal Direttorio, Luigi Di Maio prende di fatto il controllo del partito e alla fine del 2017 inizia il secondo passaggio di fase, che Di Maio e Casaleggio hanno formalizzato nel weekend passando alla fase tre del Movimento.
La fase tre
Anche in questo caso c’è una nuova struttura, un’altra associazione “Movimento 5 Stelle” fondata stavolta da Di Maio e Casaleggio, che affianca l’Associazione Rousseau. Lo statuto, scritto da Luca Lanzalone, mette all’articolo uno la creatura di Davide come unico fornitore possibile per la comunicazione.
Sabato è arrivata pure l’inizio dell’epurazione, in modalità che ricordano un po’ le minacce corleonesi: “mando il mio saluto ad Alessandro [Di Battista]. Gli ex ministri assenti sbagliano a non venire”, ha detto il padrone della baracca, Davide. Un messaggio chiaro: adesso siamo noi lo Stato. E si fa come dico io, chi non è d’accordo fuori dalle palle (cit).
Domenica Di Maio ha chiarito meglio gli obiettivi: stare al governo sempre, in ogni caso. Il che ha perfettamente senso: è il modo migliore per Casaleggio per ottenere vantaggi, come l’invito all’ONU per pubblicizzare le sue attività di poche settimane fa.
La Fase Tre, come dicevo, è iniziata: è quella in cui il Sistema Casaleggio governa, gli altri fanno da gregari e Casaleggio nomina i suoi ai vertici dello Stato. Di Maio, vedrete, resterà sulla scena: è con lui che Casaleggio ha l’accordo che gli permette di drenare soldi dai parlamentari lasciando a secco il partito.
La Brexit nasce in Via Morone: è un side-effect del Sistema Casaleggio, diventato modello per la nuova democrazia populista digitale.
Non lo dico io: lo dice Arron Banks, il principale finanziatore del comitato Leave.EU e del neonato Brexit Party di Nigel Farage.
I rapporti tra i due mondi nascono nel 2014, quando il Movimento 5 Stelle deve scegliere dove posizionarsi nel Parlamento Europeo. La scelta di Gianroberto Casaleggio era già fatta da tempo, anche se pochi lo sapevano: Nigel Farage, lo UKIP. Il partito che come unico punto programmatico aveva l’uscita del Regno Unito dalla UE.
Le trattative le conducono Grillo e, soprattutto, Davide Casaleggio la cui madre è inglese. Nasce il Gruppo per l’Europa della Libertà e della Democrazia Diretta. Un sistema, di fatto, per consentire ai parlamentari dei due partiti e di qualche altro piccolo alleato di ottenere soldi e tempo di parola.
I Casaleggio, però, cementano il rapporto con Farage e il suo staff che nel 2015 va in visita presso la Casaleggio Associati, via Morone 6, Milano.
All’incontro partecipano, oltre al politico inglese, uno stratega del partito, Raheem Kassam, e la futura CEO del comitato Leave.EU Liz Bilney.
Quell’incontro è cruciale: viene loro spiegato da Casaleggio come hanno utilizzato la rete, i dati, la profilazione degli utenti per costruire il Movimento 5 Stelle. Con questi consigli e l’aiuto di Cambridge Analytica Leave.EU, fondato da Banks, vincerà il referendum del 2016.
Arron Banks, dopo l’incontro di Milano, ricevette un report che lo convinse della necessità di usare il metodo Casaleggio per manipolare il consenso. Ma non solo.
Quel report dev’essere tornato utile anche tre anni dopo, nel gennaio 2019, quando insieme a Nigel Farage fonda il Brexit Party pochi mesi prima del voto europeo. Dice Banks al The Guardian che hanno costruito il partito come “copia carbone” del M5s, del Sistema Casaleggio. Una società legalmente registrata, non un vero e proprio partito, per mantenere il controllo di ogni processo. Perché, spiega, “se hai stretto controllo sulla struttura, i matti non ti possono scalare”.
Con la Brexit, il Sistema Casaleggio ha fatto scuola nel mondo, non c’è dubbio. Il problema è che forse il mondo ancora non se n’è accorto.
Chi vuole togliere a Casaleggio la proprietà di Rousseau forse non si rende conto della macchina da soldi di cui si sta parlando. O forse sì, e allora sono stupidi abbastanza da credere che Casaleggio sia disposto a rinunciarvi. Casaleggio grazie a Rousseau raccoglie soldi dai parlamentari e profila gli utenti grazie ai loro dati, materia prima preziosissima.
Al primo punto c’è, tra le altre, la richiesta che la piattaforma Rousseau diventi di esclusiva proprietà del Movimento 5 Stelle. Ora è posseduta e gestita dall’omonima Associazione, a sua volta di proprietà di Davide Casaleggio e tre suoi tirapiedi.
È ingenuo, se non idiota, pensare che Casaleggio possa rinunciare alla proprietà di Rousseau.
L’investimento
Anzitutto, la piattaforma è il frutto dell’investimento di dodici anni prima di Casaleggio Associati, quasi fallita per portare avanti questo progetto, poi dell’Associazione.
Quando Davide Casaleggio ha spostato l’ha spostata dall’azienda verso l’associazione, ha cominciato a pretendere dai parlamentari un contributo per lo sviluppo e la manutenzione. Questo gli consente di drenare quasi 8 milioni di euro a legislatura, sebbene pare che molti parlamentari si stiano rifiutando di pagare il servizio.
Gestire un flusso di denaro del genere permette di gestire potere, a cui Casaleggio difficilmente rinuncerà.
Questi soldi hanno permesso di costruire un prodotto che presto potrebbe diventare profittevole. Non a caso Casaleggio è andato a promuoverlo alle Nazioni Unite: l’obiettivo è chiaramente piazzare la sua merce all’estero.
C’è altro: i dati.
Come Casaleggio profila gli utenti
Anche se Casaleggio lo nega, tramite Rousseau e il Blog delle Stelle (prima quello di Beppe Grillo) ha costruito negli anni e alimenta tutt’ora un database di utenti a cui sono associati specifici comportamenti.
Non solo tramite il voto: qualsiasi azione all’interno del sito e della piattaforma gli consente di tracciare un profilo, un “modello” di comportamento sia per ciascun iscritto che generale.
Rousseau gestisce molte attività: raccolte fondi, proposte di legge, organizzazione di eventi. Quando un iscritto partecipa, quell’azione consente a Casaleggio di capire a quale “stimolo” ha risposto per compierla. Gli utenti si coinvolgono meglio inviando loro una mail? Un SMS? Un titolo è più efficace di un altro? Quante volte gli utenti aprono le email, quante volte cliccano sui link proposti? Chi accede più spesso alla piattaforma è poi più propenso a fare una donazione? L’entità della donazione a quali comportamenti è correlata?
Peraltro, come conferma la Privacy Policy, la navigazione sui siti di Rousseau è monitorata tramite Google Analytics, Facebook e Twitter. Davide sa tutto dei suoi utenti.
La prova è pure abbastanza visibile nei commenti del Blog Delle Stelle. Accanto al nome di molti utenti sono presenti delle iconcine. Era una vecchia idea di Gianroberto Casaleggio, che gli ha consentito negli anni di profilare, individuare facilmente gli utenti più “fedeli”. A ogni logo corrisponde un evento a cui quell’utente ha partecipato: Il V-Day, Woodstock 5 Stelle, una campagna di donazioni e, da poco, anche l’iscrizione a Rousseau. Gli utenti sono tutti accuratamente profilati e controllati.
Sono informazioni preziosissime che hanno un valore commerciale. Conoscere il comportamento e le reazioni degli utenti sulla base di specifiche azioni, consente di creare dei modelli applicabili ad altri mercati o con altri clienti. Se domani Casaleggio decidesse di permettere l’utilizzo di Rousseau a partiti esteri, potrebbe vendere un servizio affinato negli anni sulla base della profilazione degli utenti prima del Blog di Grillo e ora di Rousseau / Blog delle Stelle. Un vantaggio competitivo importante.
La Cambridge Analytica italiana
Vi ricorda qualcosa? Rousseau adesso e Casaleggio Associati prima stanno facendo la stesso cosa che ha fatto Cambridge Analytica. La società inglese ha utilizzato i dati raccolti per profilare gli utenti con lo scopo di proporre pubblicità politiche personalizzate. I dati, peraltro, erano illecitamente raccolti, una circostanza che ricorda il modo in cui venivano gestiti dalle parti di Via Morone, per il quale Rousseau è stata multata due volte per un totale di 80.000 euro.
L’utilizzo che fa Casaleggio dei dati che profila è forse più inquietante: Rousseau viene utilizzata per prendere decisioni fondamentali che riguardano la vita pubblica del nostro Paese. Dal salvataggio di Salvini dai processi alla formazione dei governi. Saper prevedere come reagiranno gli utenti a un certo stimolo, una domanda posta in un certo modo, una comunicazione inviata in un certo momento gli permette di orientare le decisioni più importanti.
Inoltre, se volesse utilizzare questi dati per migliorare l’offerta della propria società, Casaleggio Associati, noi non lo sapremmo mai. Non ci sarebbe bisogno di un passaggio effettivo di dati: Davide conosce bene i risultati delle analisi che conduce in Rousseau e non servono azioni per trasferire questa conoscenza fuori dall’associazione verso l’azienda.
Resta da capire se sia lecito aggregare i dati di profilazione di servizi diversi (Rousseau, Il Blog delle Stelle, gli eventi organizzati, le donazioni) per alimentare il database di un ente commerciale che ne può estrarre modelli derivati.
Di certo, tutto questo Casaleggio non lo consegnerà gratuitamente a Barillari.
Torniamo a commentare la lettera di Davide Casaleggio al Corriere della Sera. Lo faccio perché il Corriere ha deciso di pubblicarla senza commenti, senza controdeduzioni, senza repliche: se nessuno si occupa di confutare punto per punto le tesi di Casaleggio, il rischio è che vengano prese per buone.
Nel mio piccolo, ho già scritto del primo e del secondo paradosso che secondo Casaleggio staremmo vivendo. Oggi ci occupiamo del terzo, chiamato del “delegante a sua insaputa”.
Il tema è l’organizzazione del consenso e la struttura dei partiti. Secondo Casaleggio c’è una contraddizione nel contestare che il M5s usi Rousseau per votare su tutto e difendere la struttura organizzativa dei partiti. La migliore organizzazione, infatti, sarebbe quella che consegna il potere decisionale al maggior numero di persone possibile.
Anche in questo caso, il ragionamento di Casaleggio parte da presupposti sbagliati, almeno due: che partecipazione coincida con voto e che le decisioni prese da un maggior numero di persone siano automaticamente decisioni migliori.
Tralasciamo il fatto che l’Erede lamenta il fatto che i partiti hanno di solito solo l’1% d’iscritti rispetto ai propri elettori, problema che sarebbe risolto con la tecnologia che aumenterebbe la partecipazione. Questo non è vero mai, almeno finora. Nemmeno per il suo Movimento: gli iscritti sono circa centomila, gli elettori undici milioni. L’1%.
Partecipazione non è (solo) voto
Detto questo, Casaleggio sbaglia nel ridurre la partecipazione al solo voto. Partecipare alla vita politica della propria comunità vuol dire molto di più. Significa discutere, conoscere, studiare, incontrare le persone, vivere la comunità. Il voto è, o dovrebbe essere, solo l’atto finale di un percorso deliberativo. Soprattutto, quando si chiama qualcuno al voto ci si dovrebbe assicurare che chi viene interpellato sia stato adeguatamente formato e informato sul tema in discussione.
Questo è uno dei motivi per cui abbiamo inventato la rappresentanza: non per limiti geografici, come sostiene Casaleggio, ma perché affidiamo le scelte a qualcuno incaricato di approfondire i problemi e trovare soluzioni. Soprattutto, ad assumersi la responsabilità delle decisioni.
Il modello Rousseau, la democrazia diretta, non contempla il concetto di responsabilità. Tutti votano su tutto e nessuno si assume la responsabilità di nulla. Infatti, anche i voti del Movimento su Rousseau sono sempre ratifiche delle decisioni prese dai capi, che quindi non sbagliano mai. E se non sbagliano mai allora perché cambiarli? È un circolo vizioso che tende ad accrescere il potere di chi conquista il vertice dell’organizzazione.
La qualità delle decisioni
Inoltre, le decisioni prese su temi specifici non sono necessariamente migliori se l’intera base viene coinvolta. Maggiore è il numero di persone, minore tende a essere la competenza media sul tema su cui si è chiamati a decidere.
Infatti, anche quando lo Stato acconsente a chiamare l’intero corpo elettorale a prendere una decisione specifica, lo fa con limiti molto stringenti e tramite processi che assicurino la massima e migliore informazione possibile sull’argomento.
Il modo in cui Casaleggio e Rousseau hanno dimostrato di voler utilizzare i loro iscritti prevede, anzi, che le votazioni arrivino a sorpresa, senza il tempo necessario ad approfondire l’argomento in discussione, con quesiti scritti nella maggior parte dei casi per orientare verso la scelta preferita dai vertici. Infatti, puntualmente, quella scelta è sempre risultata vincente.
L’avvocato Lorenzo Borrè, che difende molti attivisti del Movimento espulsi dal partito, ha scritto un lungo articolo per spiegare l’assurdità dell’organizzazione del partito di cui si contano ben tre associazioni M5s.
L’abbiamo documentato anche nel nostro libro Il Sistema Casaleggio io e Nicola Biondo: attorno al Movimento c’è un groviglio di soggetti giuridici che serve per confondere elettori e autorità, utile solo a consentire a Casaleggio e Di Maio a tenere le mani su dati e soldi.
Spiega Borrè che ci sono tre associazioni denominate “Movimento 5 Stelle”. Una fondata nel 2009, quella del famoso non-statuto. Una fondata nel 2012 con lo scopo di presentarsi alle politiche del 2013: soci sono Grillo, suo nipote, il suo commercialista. Una, infine, fondata nel 2017 da Davide Casaleggio e Luigi Di Maio.
Vi suggerisco di leggere con attenzione il racconto di Borrè. È molto lungo e complesso, come lo è questa vicenda. In sintesi, Tra il 2009 e il 2018 i vertici del Movimento sfruttano il marchio e gli strumenti di comunicazione a proprio piacimento, in violazione delle norme civili sull’associazionismo. Escludendo candidati, espellendo attivisti, eleggendo consiglieri, deliberando il programma, sfruttando il sito movimento5stelle.it per la propaganda.
Nel tempo, anche grazie all’Avvocato Borrè, la magistratura stabilisce l’illiceità di numerosi di questi comportamenti, che avvengono in violazione soprattutto dei diritti degl’iscritti al primo Movimento, quello fondato nel 2009.
Casaleggio e la gestione dei dati
Aggiungo io: tra il 2016 e il 2017 l’intervento del Garante della Privacy ha stabilito un ulteriore piano di confusione. Davide Casaleggio e Beppe Grillo hanno gestito i dati del Movimento del 2009 come se fossero di proprietà dell’associazione del 2012. Inoltre, nel passaggio all’associazione Rousseau dalla Casaleggio Associati, non vengono avvisati correttamente gli utenti del cambio del titolare del trattamento. Il Garante si rivolge a Casaleggio in qualità di presidente di Casaleggio Associati. Casaleggio replica in qualità di presidente di Rousseau, salvo poi consegnare la documentazione richiesta tramite la casella email certificata proprio di Casaleggio Associati. Un disastro. Infatti Rousseau paga multe prima per 30.000 poi per altri 50.000 euro.
Tra le irregolarità contestate, il Garante rileva il fatto che nessuno ha di fatto l’autorizzazione alla gestione dei dati. A Rousseau viene concessa una mediazione: utilizzare i dati già posseduti per chiedere nuovamente il permesso al trattamento.
Le due associazioni M5s vampirizzate dalla terza
Casaleggio e Di Maio colgono l’occasione, fondano l’associazione Movimento 5 Stelle del 2017. Attraverso il database iscritti del 2009 contattano tutti gli utenti, gli chiedono di aderire al “nuovo” Movimento ed escludono chi non sottoscrive dalla piattaforma Rousseau.
Come spiega Borrè, Casaleggio e Di Maio vampirizzano tutte le realtà precedenti, utilizzando logo e strumenti, lasciando senza possibilità di ottenere giustizia gli espulsi dalle precedenti associazioni. Di Maio diventa capo politico, Casaleggio fa inserire Rousseau nel nuovo statuto per assicurarsi un fiume di denaro dai parlamentari.