Conversazione con Nicola Biondo e Marco Canestrari sugli stati generali del Movimento 5 Stelle.
Puntata di “Lo stato del Diritto: Gli Stati Generali del Movimento 5 Stelle” di mercoledì 11 novembre 2020 che in questa puntata ha ospitato Irene Testa (tesoriera del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito), Nicola Biondo (giornalista e scrittore), Marco Canestrari (informatico, già collaboratore della Casaleggio Associati).
Tra gli argomenti discussi: Casaleggio, Conflitto D’interessi, Crimi, Di Battista, Diritto, Economia, Elezioni, Fico, Grillo, Guardia Di Finanza, Moby, Movimenti, Movimento 5 Stelle, Parlamento, Partiti, Partito Democratico, Philip Morris, Piattaforma Rousseau, Politica, Riciclaggio.
Nuovi episodi stressano la tenuta del governo Conte II: l’inchiesta sulle donazioni a Rousseau, Renzi sotto indagine, l’elezione di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti.
Cosa si è sbagliato nell’analisi delle destre dopo la caduta del Muro di Berlino? Una carrellata da Berlusconi a Farage passando per Casaleggio e Podemos.
I vostri vocali con le risposte su Conte e il ministro Pisano.
Ci sono alcuni segnali che preannunciano cambi nella maggioranza. Forza Italia manda segnali di disponibilità. La legislatura reggerà, nessuno si assumerà al responsabilità di andare al voto in piena pandemia, ma il governo Conte soffre per l’incapacità di governare la crisi e per lo scontro interno al Movimento Cinque Stelle.
Un audio di Alessandro Di Battista rende bene quale sia lo scontro: si tratta della regola dei due mandati. L’ex deputato e Casaleggio, su questo, stanno conducendo due campagne coordinate, e l’Erede ricorda che Vito Crimi resterà capo politico solo fino al 31 dicembre 2020.
Ne parliamo anche con Jonathan Targetti, con cui ho chiacchierato anche di +Europa, Renzi, Calenda.
Infine, un mio commento sulla gestione in occidente della pandemia: inserire il tempo, risorsa scarsa e preziosa, nell’equazione può aiutare a capire quali provvedimenti siano i più saggi ed efficaci.
C’è un bell’articolo di Nicola Pedrazzi sul Mulino. L’analisi storica sulla genesi e il successo del Movimento 5 Stelle sono assolutamente condivisibili e vi consiglio di leggerle con attenzione. C’è tanto, in quelle righe, anche su di noi.
Nicola rilancia il pezzo su Twitter con questo commento:
Io non condivido la tesi. Forse poteva essere vero qualche anno fa: il Movimento non era organico al centrosinistra, come non lo era al centro destra pur condividendone sostanzialmente tutte le peggiori piattaforme. Ciò che davvero voleva e vuole ottenere il Clan Casaleggio non è rovesciare il sistema ma sedersene a capotavola. Ora, tale obiettivo può essere ottenuto in svariati modi, con la destra, con la sinistra, con una legge maggioritaria, eccetera.
Ma io credo che un errore molto grave sia sopravvalutare la nobiltà delle intenzioni del centrosinistra italiano. Soprattutto il Partito Democratico, temo si senta investito di una missione sacra per conto di Dio per la quale ogni compromesso diventa digeribile pur di restare al potere. Lo dice la storia. Il PD – nelle sue successive reincarnazioni – è quel partito che ha spiegato di dover governare con Mastella per evitare Berlusconi. Poi con Berlusconi per evitare Grillo e Casaleggio. Adesso con Grillo e Casaleggio per evitare Salvini. Non credo ci siano limiti scolpiti nella pietra.
Per questo, dal mio punto di vista, la questione va ribaltata: accettare una personalità mediocre come Conte, accettare il macroscopico conflitto d’interessi di Casaleggio, significa che culturalmente Grillo e Casaleggio hanno vinto. Non Di Maio.
Io penso che il Movimento 5 Stelle, oramai, non sia “estraneo” al centrosinistra, ma che il centrosinistra sia ormai organico – per scelta consapevole – ai Cinquestelle fintanto che la somma dei parlamentari di ciascuno permetterà loro di restare coi piedi ben piantati nei ministeri. Non è vero, come dice Bersani, che il M5S sia un “personaggio in cerca d’autore”: l’autore ce l’hanno, si chiama Davide Casaleggio. È il centrosinistra che si è adattato a cambiare spartito a seconda delle circostanze. La domanda è: il PD è disposto a sacrificare il governo Conte (con l’elezione del capo dello stato fra due anni) se il mese prossimo Di Battista dovesse vincere (qualsiasi cosa voglia dire da quelle parti) il congresso?
Io credo che da qui non se ne possa uscire, finché non ci sarà qualche sostanziale novità nell’offerta politica del Paese.
In questa prima puntata del nuovo corso del Podcast parliamo subito del nuovo possibile assetto del Movimento 5 Stelle. Mentre Crimi e Lombardi sono costretti a rispondere su Facebook a Casaleggio, che pubblica le sue condizioni sul Blog delle Stelle, Di Battista e Appendino si riposizionano per scalare il partito e stringono un accordo con Casaleggio.
Per la serie il ciarlatano della settimana (scherzo, non ne farò una rubrica, ma dovevo sputare questo rospo), un breve racconto della storia di Stefano Montanari.
Infine la storia che ha commosso il web: l’incredibile vicenda di Franco Sala, il re del Twitter, raccontato da David Puente.
Ho partecipato alla trasmissione Porno Politika di Enrico Pazzi. Abbiamo parlato di quello che sta succedendo nel Movimento 5 Stelle, del rapporto con il Partito Democratico e di quali sono i probabili scenari futuri.
La nona presunta fake news riguardo il voto su Rousseau che Casaleggio vorrebbe sfatare riguarda la presenza di profili fake sulla piattaforma.
Sarebbero identità false, non corrispondenti a persone reali.
La replica rispetto a questa contestazione è piuttosto debole. Sostiene che i profili sono certificati solo se viene caricato un documento ufficiale, una email e un numero di telefono verificati.
Solo che un controllo del genere è molto facile da aggirare. Anzitutto, non è detto che chi sta fisicamente davanti allo schermo sia effettivamente chi dice di essere. Questo problema è irrisolvibile se non c’è un controllo fisico, di persona, dell’iscritto. Non si può avere in alcun modo la sicurezza che sia io a usare i miei documenti e non altri.
Aprire un indirizzo email e ottenere un’utenza telefonica è questione di pochi minuti. Non è nemmeno possibile controllare che il numero di telefono sia effettivamente intestato a chi lo usa. Le argomentazioni di Casaleggio, quindi, sono inutili. Tant’è che già dieci anni fa, quando si stava progettando il sistema, una dei problemi che io stesso avevo sollevato era proprio la modalità di verifica dell’identità. La scelta di Gianroberto Casaleggio fu quella di non complicare il processo ma inserire un deterrente legale. L’idea era quella di sfruttare la norma che punisce chi dichiara falsamente la propria identità. Quella norma però è ora stata soppressa, quindi anche avvenisse non c’è alcun modo di punire questo comportamento.
Inoltre, non si affronta il problema tecnico di eventuali errori del codice che permettessero la duplicazione delle utenze o il voto multiplo.
Infine, dichiarare il numero di aventi diritto al voto, come fa Rousseau, senza possibilità di verificarlo è totalmente inutile. È la parola di Casaleggio, di cui ci si deve fidare. E un sistema di voto che non sia intrinsecamente sicuro ma che preveda la necessità di fidarsi di qualcuno è di per sé inadeguato.
Casaleggio Associati gestiva i dati del partito di Di Pietro. Il modo in cui la sua carriera e il suo partito sono finiti ne sono conseguenza diretta.
Quella vicenda è l’esempio pratico del motivo per cui Davide Casaleggio, tramite Rousseau, è il vero padrone del Movimento 5 Stelle.
Facciamo un passo indietro: tra il 2005 e il 2010 Casaleggio Associati ha gestito la comunicazione dell’Italia dei Valori, il partito di Antonio Di Pietro. Tra le attività, ci fu lo sviluppo di un sistema di gestione dell’anagrafica del partito che si chiamava UBIK.
Ubik era un software che permetteva ricerche tra gl’iscritti, invio di comunicazioni a segmenti di persone, una rudimentale profilazione.
Se volevi invitare gl’iscritti di Milano a una conferenza, mandare un comunicato solo ai giornalisti, scrivere solo ai contatti di Palermo, potevi farlo con Ubik.
Casaleggio Associati organizzava regolarmente gli eventi del partito e l’invio di comunicazioni e monitorava il successo (tecnicamente la “conversione”) di ciascuna comunicazione.
Aveva cioè acquisito la capacità di gestire quei dati, pur non essendo di proprietà dell’azienda. Il know how per l’amministrazione del partito era di fatto negli uffici di Casaleggio Associati.
Quando, dopo il voto europeo del 2009, i dirigenti dell’Italia dei Valori costrinsero Di Pietro a rinunciare alle consulenze di Casaleggio, che stava “infiltrando” il partito con le candidature promosse dal Blog di Beppe Grillo, UBIK, i canali di comunicazione, i contatti cominciano ad essere gestiti da personale di Roma. Fu letteralmente un disastro. Nessuno si rivelò in grado di gestire con efficacia quel patrimonio di dati, nessuno aveva il know how. Era rimasto in azienda e fu reinvestito nel Movimento 5 Stelle.
Il Movimento e Rousseau
Bene, il Movimento è nelle stesse condizioni: l’Associazione Rousseau possiede tutto il know how, le capacità di amministrazione sia dei dati che dei fondi del partito. Casaleggio e il suo staff sono gli unici che sanno utilizzare gli strumenti che loro stessi hanno costruito nel corso del tempo.
Conoscono i profili dell’elettorato, come reagiscono alle comunicazioni le persone che vengono contattate, chi sono gli elettori più impegnati e così via.
Se per qualsiasi motivo Il Movimento non fosse più amministrato da Casaleggio farebbe la stessa fine dell’Italia dei Valori. Per questo Davide è di fatto il padrone del partito e può disporne come più gli aggrada.
Max Bugani sarebbe un personaggio irrilevante, esisterebbe solo grazie al fatto che i giornali parlano di lui (cit.). Se non fosse che alcuni anni fa prese il contenuto di una conversazione riservata tra consiglieri del M5s e la consegnò a Gianroberto Casaleggio. Si parlava proprio di Casaleggio – nello specifico si proponeva di limitarne il potere nel partito. Gianroberto gradì molto: scrisse un post sul blog di Grillo, riportando la conversazione coi nomi oscurati. La minaccia, più che vagamente corleonese, funzionò. Quei consiglieri vennero espulsi e Bugani entrò nelle grazie del clan Casaleggio e fece molta carriera, nonostante la sua spiccata tendenza al fallimento.
Da sempre è socio di Davide Casaleggio nell’Associazione Rousseau. Quando parla, sta parlando Casaleggio. Quando assume un incarico, lo assume Casaleggio.
È stato nello staff di Di Maio a Palazzo Chigi e oggi è il capo staff di Virginia Raggi al Campidoglio, dopo aver lasciato il precedente incarico.
Già questo fatto segnala che Via Morone aveva digerito l’accordo con il Partito Democratico solo per convenienza. Questa legislatura può essere salvata, ma c’è bisogno di tempo per preparare la prossima, durante la quale Casaleggio può permettersi un ruolo di minore responsabilità, se non addirittura di opposizione.
Il modello è quello del noleggio dei seggi parlamentari a trecento euro al mese: possono essere 300, 150 o 100, è più importante che il personale politico rimanga di stretta osservanza casaleggiana, mentre adesso il gruppo è tenuto insieme dalla paura del voto, visto che molti non si possono ricandidare o non saranno rieletti.
La scelta di Casaleggio nelle parole di Max Bugani
Infatti, oggi sul Fatto Quotidiano Bugani svela parte della visione di Casaleggio. La sensazione è che sia “finito un ciclo” e che non si possa ripetere quanto fatto in questi quindici anni. Ci vogliono “linee politiche nuove e forti” e una diversa organizzazione perché il capo politico non può “avere su di sé un carico di responsabilità infinite”.
Salva infine Virginia Raggi, un “giocatore da tenere in squadra”.
Secondo Bugani-Casaleggio si “apre comunque una nuova fase”. Vedremo quali saranno le prossime mosse di Milano. Casaleggio è interessato a mantenere il flusso di denaro verso Rousseau a livelli sufficienti per il suo progetto.
Il taglio del parlamentari comporterà in ogni caso un taglio dei fondi e la strategia non potrà che puntare sulle regioni, altro bacino di seggi a pagamento. I prossimi anni potremmo dunque assistere un ripiegamento locale del Movimento, che magari passerà la prossima legislatura all’opposizione o defilato, per prepararsi al giro successivo.