Il MoVimento di Casaleggio

Se ne sono accorti già un po’ tutti: il nuovo Blog di Grillo non è come il “passo di lato” del 2014, su cui poi è tornato. Non è come il padre che accompagna suo figlio all’aeroporto e lo vede iniziare la sua vita da adulto.

Il messaggio con cui Beppe ha lanciato la sua “nuova avventura” è una nostalgica dichiarazione di guerra. Si è reso conto — e chissà se Supernova lo ha aiutato — di essere stato raggirato, scavalcato, scalato e tradito, complice la morte dell’amico Gianroberto.

Ho conosciuto Beppe: sono ancora convinto, anche se so che molti della “vecchia guardia” non la pensano così, che certi gesti gli siano risultati innaturali. Non voglio credere che si sia sentito a suo agio nel trattare come tutti sappiamo i vari “epurati” della storia del MoVimento, alcuni dei quali erano diventati suoi amici personali.

Comunque, ormai il dado è tratto.

Negli ultimi giorni è diventato chiaro che quello di Beppe non è un semplice allontanamento dal Movimento, ma assomiglia sempre di più a un sabotaggio. Per quale motivo al mondo, a quaranta giorni dalle elezioni politiche che potrebbero portare il M5S al governo, dopo averlo visto attraversare il Canale di Sicilia a nuoto e girare l’Italia durante lo Tsunami Tour del 2013, avrebbe dovuto compiere una mossa così drastica, privare il partito della sua indubbia capacità mediatica, se non perché non ci vuole mettere più la faccia?

Il distacco dal passato è clamorosamente definitivo e profondo: i vecchi post sono stati maldestramente copiati sul Blog delle Stelle, mentre dal nuovo beppegrillo.it sono spariti, come la possibilità di commentare. La cancellazione della memoria storica del MoVimento, della sua community virtuale, delle sue abitudini, perfino, passa anche e soprattutto da questi dettagli.

Sarebbe ora di cominciare a chiamarlo il MoVimento di Casaleggio, di chiamarli casaleggini. Il MoVimento di Beppe Grillo è morto e sepolto, ma questo, se avete letto il libro, lo sapete già.

L’inizio della fine

Supernova , il libro-verità che ho scritto insieme a Nicola Biondo sulla nostra esperienza ai vertici del MoVimento 5 Stelle, si conclude con una facile profezia: questa è una storia che va a finire male.

È notizia dell’11 gennaio 2018 — anche se nell’ambiente si sapeva da settimane — che Grillo ha deciso di riprendersi il suo dominio, il suo Blog beppegrillo.it, e darlo in gestione a qualcuno esterno e lontano dalla Casaleggio Associati.

Che Grillo e Casaleggio (Gianroberto) fossero ai ferri corti lo raccontammo a settembre 2016 svelando al pubblico il capitolo “L’ultima telefonata”. Fu un terremoto: fummo ricoperti di insulti e ingiurie da esponenti del MoVimento, amici, giornalisti, ex colleghi. Ma mai una smentita.

Scrivere queste righe, com’è stato scrivere Supernova, è un po’ come fare i conti con me stesso, che ho delle responsabilità — quota parte — per come sono andate, o non sono andate, le cose nel MoVimento. Ma voglio pensare che Beppe, con cui ho condiviso alcune delle esperienze più memorabili della mia vita, pur non facendosi mai più sentire abbia letto i miei interventi pubblici a partire da quello di aprile 2016 sulla Stampa.

In quell’intervista a Jacopo Iacoboni (di cui esce in questi giorni il suo libro sul M5S, “L’Esperimento”), rilasciata all’indomani della morte di Gianroberto Casaleggio, dissi che il MoVimento delle origini era fallito e che stava per essere scalato. L’intervista si concludeva con queste parole:

«Beppe avrà un ruolo decisivo i prossimi mesi. So che di recente si chiede anche lui se la nostra gente volesse tutto questo. È molto dubbioso lui per primo sul M5S di oggi. Gli manderei un consiglio: pensa bene di chi fidarti, guarda il blog adesso, pieno di pubblicità, ricordati di quando mi chiedevi di convincere Roberto a togliere tutti i bottoni “compra” che non ti piacevano. Quello non è piu il Blog, è un asset aziendale. E nessuno voleva un Movimento così».

Scelse, in quel momento, di fidarsi di Davide Casaleggio, il figlio dell’amico scomparso diventato capo della sua azienda e, di conseguenza, deus ex machina del MoVimento. Lo fece, credo, anche perché non aveva altra scelta in quel momento di smarrimento.

Tuttavia, le cose da subito presero una brutta piega. Davide, con la sua fredda lucidità, inziò il golpe il giorno stesso la morte del padre, durante l’orazione funebre che divenne un messaggio ai politici presenti: “Io solo posso interpretare il volere di mio padre”.

Mentre iniziava a scatenarsi La Rivolta, Davide fondava l’associazione Rousseau e vi trasferiva le attività del blog e del MoVimento di cui prima si occupava la Casaleggio Associati, insieme a un suo dipendente, Pietro Dettori, facendo rifiatare i conti in rosso della s.r.l.

Grillo gli diede di fatto un solo compito: fare ordine nella confusione di ruoli della s.r.l., del Blog, del MoVimento, delle varie associazioni collegate, del personale, delle cause giudiziarie. Lo fece nonostante uno dei funzionari del MoVimento, quello a lui certamente più vicino, era consapevole delle limitate capacità di Davide e dei suoi soci e certamente glielo fece presente.

Ora il tempo è scaduto: gli evidenti limiti di Davide nella capacità di gestione e risoluzione dei problemi sono esplosi con il provvedimento del Garante della privacy che ha gridato forte e chiaro “il re è nudo!”. Davide non ha risolto nessuno dei problemi di Grillo e del MoVimento, ma solo alcuni di quelli della sua azienda. I soggetti giuridici che ruotano intorno al MoVimento sono aumentati, le cause di ex attivisti espulsi si sono moltiplicate, delle regole e dello spirito iniziale del MoVimento non c’è più traccia. E c’è la spada di Damocle di multe salatissime, probabilmente in capo anche a Grillo, titolare del trattamento dei dati personali degli iscritti che Davide Casaleggio e l’Associazione Rousseau non sono stati capaci di tutelare.

Le intrusioni informatiche di quest’estate prima e il provvedimento del Garante poi, hanno definitivamente messo in luce l’inadeguatezza di Davide nel portare a termine i compiti che gli aveva assegnato Beppe, soprattutto se confrontati con la maestria con cui Casaleggio Associati ha tratto profitto fino all’ultimo giorno dalle pubblicità presenti sul Blog — “un prodotto con scopo di lucro” come ha dichiarato recentemente Casaleggio, così come l’Associazione Rousseau ha raccolto centinaia di migliaia di euro di donazioni grazie alla popolarità del marchio beppegrillo.it e si appresta a raccogliere i contributi dei futuri parlamentari M5S.

Avevamo ragione io e Nicola: Grillo era veramente incazzato e l’ha dimostrato a modo suo nel corso degli ultimi mesi. Non facendosi vedere, presenziando solo quando poteva, pubblicamente, scaricarsi delle responsabilità come nominare capo politico Di Maio, insufflando nelle orecchie dei parlamentari vicini, come Roberto Fico, parole che, però, non hanno sortito gli effetti di un tempo sulla truppa, ridotta ormai a un manipolo di disertori. Il golpe e la scalata sono riusciti. Di Maio si è preso il MoVimento, lo ha reso un partito stringendo un accordo di ferro con Davide, che ora segue come un’ombra lui e non più Beppe.

Il vecchio capo se ne va. Come sempre negando di farlo, come nel racconto di Dino Buzzati “I sette piani”. Un passo dopo l’altro, negando che la situazione peggiori di piano in piano. Ormai non può nemmeno più esprimersi usando il suo stesso blog: deve scrivere ai tanto odiati giornali per parlare. Grillo scrive al Fatto. Casaleggio al Corriere.

Scrive Grillo: “Stanno articolando questa stupidaggine con una sola costante: sono io che abbandono loro, non loro che abbandonano me”. Un pizzino.

Curioso. Questa storia finisce com’era iniziata: il MoVimento doveva essere come la “Lega” di Bossi, ma “buona” — diceva Gianroberto Casaleggio, leghista della primissima ora — non come “quelli là”, che prima gridavano “Roma ladrona” e poi andavano al governo col “vecchio sistema”. Il MoVimento doveva governare da solo, costi quel che costi, altrimenti opposizione a vita.

Proprio come Bossi, fallito il progetto, Beppe viene messo da parte, scavalcato da arrivisti senza scrupoli che per soldi e potere piscierebbero sulla tomba dei propri genitori pronti, ovviamente, a stringere accordi di governo anche con la Lega.

E se ne va.

Non so se il “nuovo Blog” avrà successo, ma spero che le persone di cui si circonderà Beppe siano all’altezza della sua mente vulcanica e della sua curiosità, talenti che è delittuoso sprecare com’è stato fatto negli ultimi anni. Spero che si diverta almeno la metà di quanto ci siamo divertiti in quegli incredibili anni tra il 2006 e il 2010.

Buona fortuna, Beppe. E grazie lo stesso.

L’ultima telefonata

La voce è un grido e il grido è un “Vaffanculo”.

Solo che non c’è una folla acclamante davanti, e non c’è una piazza.

C’è un uomo e quell’uomo è Beppe Grillo. E l’invito ad andare a quel paese è rivolto a lui. Al telefono. Da Gianroberto Casaleggio.

Ironia del destino, si direbbe. La storia dell’amicizia tra il comico e il manager si conclude com’era iniziata quella del MoVimento 5 stelle.

“Vaffanculo! Non ti voglio più sentire”: queste sono le ultime parole che Grillo ascolta dal Samurai, guerriero ormai stanco e giunto alla fine della sua battaglia contro un male che lo sta uccidendo. E infatti pochi giorni dopo Casaleggio morirà in una stanza dell’Istituto auxologico italiano di via Mosè Bianchi a Milano, vicino alla sua casa che si trova in zona Fiera, dove è ricoverato, registrato sotto il nome falso, da lui stesso inventato, di Gianni Isolato.

La morte di Casaleggio, dopo quell’ultima telefonata, senza la possibilità di un ultimo chiarimento, un riavvicinamento, devasta Beppe Grillo. I suoi amici, le persone a lui più vicine — poche, in realtà, davvero poche, quelle del MoVimento — lo descrivono come un uomo distrutto e smarrito.

Piange, Beppe Grillo. L’uomo che ha fatto ridere l’Italia, poi l’ha fatta arrabbiare, l’inventore del più grande esperimento di partecipazione dal basso mai fatto in Europa, adesso, piange.

Piange per l’amico Gianroberto. Piange per le parole che non si sono detti, o per quelle di troppo. “Negli ultimi tempi Gianroberto si era come incattivito. A volte stentavo a riconoscerlo. Mi spiace sia finita così…” commenta con i suoi.

Ma piange soprattutto, perché sa: senza il Samurai adesso diventa tutto più difficile. Grillo è davvero solo.

Quell’ultima telefonata è uno dei passaggi più rilevanti e drammatici della storia del MoVimento: testimonia quello che il MoVimento già non è più, spiega cosa sta diventando, descrive il rimpianto di Beppe per quello che sarebbe dovuto essere.

È il paradigma di un nuovo assestamento strutturale che la “dirigenza” del MoVimento, nel silenzio totale degli iscritti che poco o nulla sanno, sta perseguendo, e di cui Grillo da tempo si lamenta, ricordando con nostalgia i primi anni del Blog, i primi successi politici, piccoli ma autentici.

La partita è in corso. Ed è la vera partita, la madre di tutte le battaglie, all’interno del MoVimento 5 stelle. Altro che Virginia Raggi, i problemi a Roma o in altre parti d’Italia, le inchieste, le gaffe di Di Maio…

La posta, è enorme. Chi ha le mani sul MoVimento può controllare gli iscritti al Blog, che compongono un database sterminato, determinante per una piccola azienda di marketing digitale, e allo stesso tempo indispensabile per chi voglia guidare il MoVimento.

Sui rapporti stretti, a volte simbiotici, tra i due fondatori si è scritto molto, ma pochi, pochissimi, sanno che negli ultimi mesi di vita Casaleggio non ha informato Grillo di alcuni passaggi fondamentali: la nascita del Blog delle stelle, per esempio, e quella del portale Rousseau. Da Genova la cosa è stata presa male, perché in questo modo non è più il Blog di Beppe Grillo al centro delle attenzioni; il motore propulsore del MoVimento, la sua comunicazione, non passano più da quel portale, ma migrano altrove. Il Samurai Casaleggio sceglie di esternalizzare una serie di servizi, guardando oltre il vecchio sodale, tutelando da una parte la sua azienda, dall’altra accontentando le richieste dei parlamentari che vogliono a tutti i costi un loro spazio che non sia all’ombra del Blog di Grillo.

E questo ovviamente al comico genovese non va giù.

Perché da tempo lui stesso si trova a disagio.

Gli “girano le scatole” — come lui stesso dice — per quello che si va delineando nella marcia verso il potere della sua creatura.

Prima di salire sul palco di Imola alla Festa nazionale dei 5 stelle, nell’Ottobre del 2015, confessa ad alcuni parlamentari: “Non credo sia questo che la nostra gente vuole, io non mi riconosco in questa roba…”

Si cala lo stesso la maschera delle serate migliori ma con il microfono in mano assesta delle bordate spaventose sui MeetUp sempre in guerra e sui parlamentari. Uno in particolare: Luigi Di Maio. “Adesso è una macchina da guerra. Ma quando lo abbiamo preso in provincia di Napoli, parlava come Bassolino…” è la battuta più perfida che dedica al deputato campano. Il Samurai gli fa eco: “Non ci faremo imporre il candidato Presidente del Consiglio dalle tv.”

Solo che Grillo, fuori dal palco, nel MoVimento, conta sempre meno, soprattutto nella sua gestione quotidiana, ormai sempre più accentrata a Roma. E diminuisce progressivamente anche il peso di Casaleggio, che delega, stremato, sempre più la gestione manageriale al figlio Davide.

I fondatori del MoVimento perdono progressivamente tutti i loro riferimenti tra i parlamentari. Rimane soltanto la fedele deputata Carla Ruocco, stimata da Grillo e dal Samurai.

Era stata lei qualche mese prima, nel Gennaio del 2015, ad andare su tutte le furie dopo la Notte dell’onestà a Roma, l’iniziativa dei 5 stelle contro la corruzione e per tenere alta l’attenzione sui fatti emersi dall’inchiesta Mafia Capitale. “D’ora in poi possiamo fare a meno di Beppe” dicono Di Maio e Di Battista, facendo il bilancio dell’iniziativa. E che Beppe non fosse ospite gradito su quel palco era così noto che, all’inizio, in scaletta non compariva nemmeno il suo nome. Lui si prende comunque la scena e, per chiarire i termini della questione, manda a quel paese Renzi, con il quale Di Maio sta in quel periodo flirtando su legge elettorale e altri temi.

“Siete degli ingrati” urla Ruocco inviperita — mentre Fico rimane basito e senza parole — di fronte alle parole dei nuovi leader, parole che le sembrano ingenerose nei confronti del fondatore. A cui ovviamente riferisce l’accaduto.

Poche ore dopo la morte di Casaleggio, è sempre Carla Ruocco a manifestare ad alcuni suoi colleghi tutta la solitudine sua e di Grillo. “Lui è morto, Beppe è isolato e io rimango in mezzo a quei ragazzini cattivi…”. Il riferimento è chiaro.

E in questa storia, di isolato, come abbiamo detto, non c’è solo il nome finto con il quale Casaleggio si registra in clinica. Isolato ormai è Grillo. Lasciando tutto nelle mani di altri, Casaleggio ha di fatto permesso la scalata al MoVimento 5 stelle, consentendo, pur forse non volendo arrivare a questo, che altri lo facessero progressivamente fuori dalla creatura che lui stesso aveva ideato e fondato.

Qualcuno vuole mettere pressione a Grillo perché molli. E così viene fuori che Grillo sarebbe intenzionato a lasciare il simbolo al direttorio.

In molti chiamano il fondatore per avere conferma. Ma Beppe li rassicura: “Non ci penso nemmeno, state tranquilli”.

E così l’ultima spallata a Grillo viene sventata. Ma la resa dei conti è solo rimandata.

Nel frattempo, la cabina di regia del MoVimento vive momenti di grande confusione. Non c’è una guida, non c’è uno statuto. Non si sa neanche quanti siano gli iscritti. Le loro identità sono note solo ai gestori tecnici del Blog e della piattaforma Rousseau.

La domanda è: a chi appartengono gli iscritti del MoVimento? All’associazione MoVimento 5 stelle o all’azienda nei cui server sono contenuti tutti quei dati? E chi li gestirà in futuro quando sarà pronto un nuovo statuto del MoVimento con precisi incarichi?

Da un lato, per la Casaleggio conoscere il comportamento sulla piattaforma e sul Blog degli iscritti ha un enorme valore commerciale. In questo caso, vale la massima molto nota nel settore: quando un servizio online è gratis, significa che il prodotto sei tu.

Dall’altro, sapere come la pensino gli iscritti di un certo territorio, su un determinato tema, o perfino gli stessi parlamentari, è un vantaggio competitivo non indifferente sia verso l’interno che verso l’esterno, per chiunque voglia guidare il partito: Di Maio, se vuole prendere in mano le redini del MoVimento, deve avere accesso a quei dati. Sapere chi, nel gruppo parlamentare, ha votato pro o contro il direttorio, pro o contro l’abolizione del reato di clandestinità, pro o contro le unioni civili, per esempio, farebbe la differenza.

OccupyBeppe

Lettera a un leader traditore

OccupyPalco nel 2014

Siamo nel 2014, l’anno della bruciante sconfitta del MoVimento 5 Stelle alle elezioni europee. A ottobre viene organizzata la manifestazione “Italia 5 Stelle”, la festa del partito, e accade l’inverosimile. La bestemmia in chiesa. Un gruppo di attivisti sale sul palco, espone uno striscione che recita “OccupyPalco” e snocciola una serie di domande ai dirigenti del partito, dai vertici Grillo e Casaleggio ai parlamentari.

Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle, disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo

In Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle, abbiamo raccontato come nasce quella protesta e come, da lì, iniziò uno dei periodi più cupi della storia del M5s, le cui conseguenze, come vedremo, arrivano fino ai giorni nostri. Leggi tutta la storia su Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle, disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

È notizia di questi giorni il fatto che ad alcuni ex attivisti esplulsi viene proposto, per ritirare le cause che spaventano Beppe Grillo, il reintegro e la possibilità di candidarsi nel MoVimento. Uno degli organizzatori di OccupyPalco scrive oggi una lettera aperta a Beppe Grillo, che qui pubblichiamo.


Caro Beppe, forse non ti ricorderai di me anche se ci siamo visti molte volte, quando venivi a Roma ero spesso uno dei tuoi “angeli custodi”: sono un attivista come tanti, o forse dovrei dire ero un’attivista.

Leggo dai giornali che stai offrendo ad alcuni (ex) attivisti di Napoli espulsi dal MoVimento il reintegro e la candidatura (o la candidabilità) se rinunceranno alle cause contro di te.

Il 20 ottobre del 2014 con un PS mi hai cacciato insieme a 3 compagni (Orazio Ciccozzi, Daniele Lombardi e Pierfrancesco Rosselli) dalla comunità di persone con cui ogni giorno lottavamo spalla a spalla per portare trasparenza, onestà e le stelle a noi tanto care. Il motivo? Avevamo fatto troppe domande!

Forse non ti ricorderai di noi, forse non hai nemmeno capito le conseguenze di un gesto per te così banale, così normale, poi diventato anche così frequente, come l’espulsione.

Vorrei provare a descriverti cosa succede ad una persona che ha subìto il tuo tanto usato e abusato provvedimento.

Da un momento all’altro le persone che erano quasi la tua famiglia, quelle con cui condividevi tutto, iniziano a guardarti male: quando entri in una stanza qualcuno sussurra alle tue spalle, iniziano le maledicenze, le piccole calunnie, vieni estromesso dai progetti a cui partecipi, da quelli che tu stesso hai avviato. Sui tuoi profili social iniziano a comparire i bastonatori, i troll, quelli che sono così stupidi da non capire che stanno “guadagnando punti” sulle spalle della vita di altre persone o quelli a cui non frega niente, semplicemente.

Chi viene espulso dal MoVimento nel giro di 3 o 4 settimane è costretto a cambiare il 95% delle sue amicizie: nessuno ti parla più pubblicamente — il rischio di contagio è altissimo — e in molti vivono nel terrore di perdere tutto; non tanto uno strapuntino (quello è un appetito più dei nuovi arrivi, che hanno visto come funziona e in gran parte arrivano preparati con l’anima già mezza venduta) quanto proprio perdere il rispetto delle persone con cui si condivide la quotidianità.

Il MoVimento per anni è stato come una famiglia per tanti attivisti: si passavano giorni e sere a mettere insieme energie e competenze, a volte misere a volte più importanti ma con obiettivi chiari, semplici, in cui non c’era un pensiero al posto in regione o al seggio in Parlamento ma solo come far arrivare alle persone il messaggio che il mondo stava cambiando, che tramite la rete, se usata bene, si potevano fare cose impensabili per dei normalmente isolati cittadini.

Tu e Gianroberto però non volevate che la rete fosse utilizzata liberamente, non l’avete usata in modo aperto, avete cercato di cavalcare il drago, magnificandone la bellezza e il diritto alla sua libertà all’esterno ma incatenando la creatura che avevate risvegliato opponendovi ogni tentativo di sperimentare sistemi di democrazia partecipata avete risposto serrando sempre più le fila, avete iniziato ad andare contro ad ogni singolo articolo del Non Statuto, pur di non permettere che il fulcro del messaggio con cui avevate chiamato alle armi migliaia di attivisti prima e milioni di votanti dopo venisse realizzato.

Così progetti evoluti e condivisi, open source come Liquid Feedback, Airesis e Parelon sono stati gettati in cantina per far posto a Rousseau.

Le piattaforme del Movimento 5 Stelle, caro Beppe, le riconosci subito: database bloccato che diventa proprietà di chi lo gestisce, controllo centrale totale e soprattutto funzionalità ridotte al minimo per non essere pienamente utilizzabile dalla massa.

Poi stasera sento Di Maio in televisione da Fazio che parla di difesa dei più deboli come linea guida nello spirito del MoVimento, e non posso non chiedermi dov’era lui, dove erano tutti i parlamentari del M5S mentre uno dietro l’altro venivano traditi tutti i valori fondanti del Movimento, mentre le regole venivano piegate e plasmate a seconda dell’esigenza di pochi, in stanze chiuse e ben lontano da quel popolo della rete di cui si professa il primato e l’appartenenza?

Che significato diamo alle parole se possiamo permetterci per inseguire l’elettorato dire tutto e il contrario di tutto?

E allora cerco di soffermarmi sul significato di questa tua apparente apertura, Beppe: annulli le espulsioni, stendi la tua potente mano e lavi via le colpe da quei poveri peccatori (a tuo dire, un tempo) che possono ricongiungersi al gregge e accettare le offerte di benevolenza che tu elargisci.

Io non cerco rivalsa, non ho mai avuto bisogno né di denaro in eccesso né di un posto al sole, quando sono salito su quel palco per occuparlo per 10 minuti dopo anni di sacrifici e impegno l’ho fatto per amore del Movimento, perché non volevo che diventasse un tempio in cui fare mercimonio, uno specchietto per le allodole per attirare qualche milione di persone a pensare di star facendo la rivoluzione.

Noi di Occupypalco c’eravamo goliardicamente chiamati così proprio per sottolineare la frenesia con cui si trasferiva la centralità di ciò che conta dalla rete al palco, da attivisti ad arrivisti in un periodo brevissimo.

Non siamo mai andati in televisione e non abbiamo rilasciato interviste, perché stavamo mandando un messaggio a tutti gli attivisti che ancora credevano nel progetto originale, che ancora pensavamo di poter coinvolgere in un processo di dialogo e presa di coscienza.

Non avevamo fatto i conti con la mutazione profonda che, metodi così repressivi della libertà di pensiero e di espressione avevano scatenato nel gruppo ormai diventato branco.

Credo dovrebbe essere chiaro a tutti che se hai fatto la rivoluzione il tuo modo di pensare deve per forza cambiare rispetto a prima.

“Ad ognuno il suo mondo, ad ognuno il suo mondo, ad ognuno il suo mondo…” continuava a ripetere stasera Di Maio a Fazio, riferendosi a quello del Giornalismo per Fabio, e a quello della “Politica” per se stesso, o forse del “Potere”??

Io non ce l’ho con te, Beppe, o con Di Maio o con qualsiasi altro abbia avuto un ruolo in questa mutazione, siamo esseri umani e sbagliamo, ma sinceramente non posso accettare l’idea che a te non venga in mente nient’altro per espiare i tuoi errori che una proposta passata tramite avvocati di utilizzare le candidature come risarcimento alle vittime dei tuoi errori e delle tue leggerezze, quando tu non hai nessun diritto di togliere o offrire alcun che.

In te non riesco a percepire nessun grado di rincrescimento per ciò che hai fatto, per come hai guidato malamente il movimento verso un vortice implosivo che lo ha trasformato in quello che non posso che definire come un incubo oscurantista per il libero pensiero e la partecipazione.

Mi rendo conto che vorrei dirti troppe cose e vorrei davvero che le ascoltassi ma non c’è stata in te traccia di ascolto sinora, sei sempre andato dritto come un treno, giocando a tuo piacimento con la legge e con le regole, confondendo associazioni e travasando dati come tutto fosse tuo e tutto ti fosse dovuto.

Ti invito quindi a confrontarti pubblicamente con me, con Pizzarotti, con Roberto Motta, con tutti i cittadini che hai espulso, per ascoltare, confrontarsi, crescere insieme.

Sei stato comunque un padre per noi, la nobiltà l’hai persa troppo presto, ma se si vuole si può sempre recuperare. Ti prego seriamente di pensarci, di invitare i parlamentari uscenti a non ricandidarsi, a rendersi disponibili tutt’al più a fare da assistenti a persone selezionate in modo diverso che non una votazione dall’oggi al domani sui sistemi controllati dal tuo partner commerciale in modo che venga premiato chi è stato più aderente al pensiero unico e non chi si è dato da fare per far si che questo pensiero evolvesse.

Affrontiamo insieme in rete i nodi da risolvere: queste associazioni fittizie, la figura giuridica del MoVimento, i sistemi di consultazione (Open Source), di voto, la creazione di una scuola politica in rete del M5S. Io credo che siamo sempre in tempo a cambiare, sia come esseri umani che come sistema, dobbiamo solo mettere da parte un po’ del nostro Ego per lavorare davvero mettendo il Tutti Noi davanti.

Che faccio allora Beppe? Aspetto una tua chiamata pubblica ad una tavola rotonda o se la attesa si protrarrà ti farò chiamare io…

Giorgio Filosto

Ci vuole coraggio

Si è detto spesso che nel MoVimento si può trovare tutto e il contrario di tutto. Persone con una storia di sinistra, ex comunisti, ex fascisti, figli di ex fascisti. Si possono trovare i toni concilianti di Morra, quelli offensivi e misogini di Giarrusso, quelli spacconi — quindi, in definitiva, pavidi — di Di Maio, quelli barricaderi di Di Battista, che però si mette in giacca e cravatta al cospetto dei funzionari del partito di Putin.

Qual è il collante? Cosa permette a questi toni, visioni del mondo, obiettivi così diversi di sopportarsi, nonostante tutto? Com’è stato possibile farli incontrare e farli convivere finora?

Non c’è una sola risposta: più fattori contribuiscono a quest’amalgama indefinito e indefinibile, che ne costituisce addirittura un punto di forza e si possono riassumere in:

  1. Semplificazione: era il pallino di Gianroberto Casaleggio, che ammirava in Grillo soprattutto la capacità di leggere un contesto o un problema, elaborarlo e comunicarlo “in maniera semplice”. Così il MoVimento, invece di cercare un interlocutore, cerca sempre un nemico da combattere (i corrotti, il PD, i giornalisti…). Invece di elaborare soluzioni complesse, sceglie quelle semplici (“fuori dall’Euro”, “tagliamo gli stipendi ai politici”, “soldi a tutti col reddito di cittadinanza”). Messaggi semplici, sono evidentemente più facili da veicolare e da comunicare, ma la conseguenza diretta è la formazione di una classe dirigente pavida, come vedremo al secondo punto.
  2. La paura, di conseguenza: se il messaggio è semplice, ed è semplice veicolarlo e attirare attivisti e voti, allora è necessariamente altrettanto semplice commettere un errore. Basta una piccola incongruenza nella narrazione, una veloce contraddizione, e tutto crolla. Servono quindi concetti semplici, ma spuntati, mai netti, sempre doppi. No all’abusivismo, ma c’è quello di necessità. No all’evasione, ma capiamo gli imprenditori che non riescono a pagare gli stipendi. No alla mafia, ma bisogna capirla perchè “aveva una sua etica, poi è stata corrotta dalla finanza”. Fuori dall’euro, ma a Cernobbio ci andiamo.
    Politici che pretendono di avere soluzioni e argomentazioni semplici sono fondamentalmente pavidi: hanno paura di perdere voti e consenso, hanno paura di perdere il loro status; e, in alcuni casi, hanno paura e basta. Ricordo che, una decina di anni fa, Gianroberto dovette ritardare la pubblicazione di un post sul blog di Beppe Grillo che parlava di mafia. “C’è una sola cosa di cui Beppe ha davvero paura: la mafia”. Quel post venne poi pubblicato, ma è nota la timidezza di Grillo quando si reca in Sicilia.
  3. L’illusione: se sei scollegato dalla complessità del reale, perché la realtà ti fa paura, per disegnare una visione, un progetto, l’unico modo che hai è vendere illusioni. Il MoVimento, di illusioni, ne vende a tonnellate. Agli elettori, illudendoli, per esempio, di poter dare uno stipendio a tutti senza che nessuno lavori. Ai propri attivisti, illudendoli che chiunque possa diventare qualcuno senza alcuna competenza (disse Grillo in un comizio: “anche la casalinga di Voghera può fare il ministro delle finanze”). Ai propri eletti, illudendoli che sì: possiamo vincere. E così, anche se punti tutto sulle regionali siciliane, e le perdi, devi comunque dire “va bene così, siamo soddisfatti, da qui possiamo arrivare a Palazzo Chigi”.

L’illusione, in quest’ultimo caso, forse non è il poterci arrivare davvero: a Palazzo Chighi i Cinque Stelle possono anche arrivarci. L’illusione è non doversi, un minuto dopo, scontrare con la realtà evitata per anni.

Lo Staff

Lo staff, oggi, è uno dei tanti termini che l’avvento del MoVimento ha imposto nella cronaca politica. Apparire nuovo ha le sue liturgie, i suoi costi e precise regole.

“Staff” rimanda a un’idea di costruzione e sicurezza di un evento, cancella l’idea di una direzione, di una centralizzazione, di una guida.

“Staff” spersonalizza una questione, la rende neutra, priva di passione, una problema da risolvere per passare al prossimo.

Il Blog avrà successo perché ha dietro uno “staff”, anche se la narrazione vorrebbe far credere che fosse bastata una buona idea e un po’ del tempo libero di Grillo regalati ai lettori.

Se la democrazia diretta è il fine, uno staff lavora per quell’obiettivo, cancellando d’un colpo quei termini grigi e polverosi del secolo scorso — segreteria, presidenza, comitati ecc. — che rimandano ai partiti e alle loro strutture. Ma lo fa da una posizione esterna, disinteressata, non ha responsabilità — quindi non ha colpe — è solo parte dell’ingranaggio, sostituibile come tutti. I membri dello “staff” sono in qualche modo tutelati. Una costruzione a suo modo geniale, che permette oggi a Luigi Di Maio di dire di Davide Casaleggio che “è solo il tecnico che ci aiuta con la piattaforma Rousseau”.

Grillo — non ancora auto nominatosi capo politico — era il megafono, il garante, e Gianroberto Casaleggio non stava “dietro, ma al suo fianco”, come avrebbe detto al Corriere della Sera, e non c’era nessun corpo intermedio tra i due e gli attivisti. Tranne, appunto, lo staff.

Lo staff però ha un datore di lavoro, appartiene a un’azienda, non al Blog o, successivamente, al MoVimento ma alla Casaleggio Associati srl.

Qualsiasi azione dello staff dipende dall’azienda.

Tutti ormai sanno chi fa parte dello staff, ma l’anonimizzazione è un tratto distintivo, serve a spersonalizzare e tracciare un confine chiaro seppur non visibile tra chi prende le decisioni o partecipa a esse e chi obbedisce. Niente male per chi vuole creare una comunità.

Lo staff è composto dal nucleo dirigente della Casaleggio, tutti i soci e alcuni tra i dipendenti più fidati. In via Morone, a Milano, si verificano tutti gli strani incroci che solo le grandi storie sanno mettere in scena: amore e odio, luce e oscurità, creazione e morte, business e attivismo. Via Morone è creazione e cieca obbedienza, è il posto in cui è successo tutto, è sala parto e luogo del delitto, è incubatrice e tomba. È qui che Gianroberto Casaleggio ha scritto: “Ogni eletto risponderà al Programma M5S e alla propria coscienza, non a organi direttivi.”

E, per ironia della sorte, proprio lo staff propaganderà le sue parole.

Il senso di Di Maio per il potere

Vi ricordate il Direttorio del MoVimento 5 Stelle? Era quell’organo istituito da Grillo e Casaleggio all’indomani della sconfitta alle elezioni europee del 2014 per coordinare il M5S. Grillo era “un po’ stanchino”, aveva bisogno di aiuto, così con un post sul Blog diede a cinque persone, tra cui Luigi Di Maio, l’incarico di coordinare le attività del partito.

Difeso a spada tratta dai cinque come organo informale per tenere unito il MoVimento e aiutare i fondatori nella sua gestione, il Direttorio venne sciolto meno di due anni dopo e l’unico referente di Milano e Genova diventò Luigi.

Oggi, dopo la nomina di Di Maio a capo politico per le prossime elezioni, nel gruppo parlamentare si è ricominciato a parlare della necessità di scelte “collegiali”, di un mini-direttorio. Il Candidato ha stroncato subito l’idea: “non serve”. Perché ha cambiato opinione così nettamente?

Scordate tutto quello che sapete e avete letto fin’ora. Il Direttorio fu, in realtà, strumentale alla scalata di Di Maio al vertice; fu imposto ai due garanti dopo mesi di pressioni, nel momento di massima debolezza di Casaleggio a causa della sua malattia. Ora che le redini del MoVimento sono saldamente nelle sue mani, perché mai dovrebbe condividere il potere con i suoi avversari?

Scrive uno dei futuri membri del Direttorio:

“È evidente che Pizzarotti & company stanno tentando la scalata. È altrettanto evidente che noi dobbiamo fare una sola cosa: anticiparli e disinnescarli con le nostre qualità… Alcuni parlamentari, manovrati da Parma, stanno pensando ad azioni che, seppur destinate al fallimento, ci continueranno a logorare per i prossimi mesi”

Viene poi proposta la costituzione di una “squadra di referenti su singole materie” che sarà coordinata da una persona fidata:

E sarà Luigi Di Maio, la persona che ha più capacità (molto ma molte più di me) nel portare a termine questo compito.

Nel libro trovate anche la rabbiosa risposta dei fondatori, per nulla entusiasti di mandare in soffitta il Non Statuto, che vietava esplicitamente la creazione di un coordinamento o una segreteria.

Sarà la prima di decine di violazioni, piccole e grandi, che cambieranno pelle al MoVimento, rendendolo uno strumento nelle mani di pochi, scaltri carrieristi a Cinque Stelle.

La sicurezza informatica in Casaleggio Associati: a quando è aggiornata?

Tra agosto e settembre 2017, il Blog di Beppe Grillo e la piattaforma Rousseau — che il MoVimento 5 Stelle usa per votare il proprio programma e scegliere i propri candidati — hanno subìto gravi e ripetute violazioni di sicurezza, come raccontato in modo preciso da David Puente in questi articoli.

Un utente anonimo ha dimostrato di poter accedere ai dati personali degli iscritti al partito e di poter manipolare le votazioni. Il Garante della Privacy ha aperto un’istruttoria, tutt’ora in corso.

È noto che beppegrillo.it sia gestito da Casaleggio Associati, azienda per cui ho lavorato dal 2007 al 2010, e che la piattaforma Rousseau sia stata inizialmente sviluppata dalla stessa società, che l’ha poi donata all’Associazione Rousseau fondata e presieduta da Davide Casaleggio.

Per capire le cause di questi incidenti può essere utile sapere come venivano gestiti i processi relativi alla sicurezza informatica in Casaleggio, almeno fino al 2010.

Gestione delle password

Le password di accesso a tutti i prodotti e servizi utilizzati venivano conservate in chiaro — cioè non criptate — in un file di testo salvato sul server aziendale, visibile a tutti i dipendenti. Il server si trovava fisicamente negli uffici di Milano ma era potenzialmente accessibile dall’esterno via Internet.

Ci veniva consigliato di non salvare quel file sui nostri computer personali, anche se non c’era il divieto di utilizzarli.

Un tweet di r0gue_0, che ha violato ripetutamente il Blog di Grillo e la piattaforma Rousseau tra agosto e settembre 2017

Aggiornamenti di sicurezza dei software

Per quasi tutti i siti sviluppati dall’azienda — ad esempio il Blog di Grillo, quello di Antonio Di Pietro e di Italia dei Valori — veniva usata la piattaforma di pubblicazione Movable Type. Questo strumento veniva spesso manipolato per aggiungere funzioni non previste nella sua versione originale: per questo motivo, si evitava l’installazione degli aggiornamenti rilasciati dal produttore — anche quelli di sicurezza — , essendo infatti complesso e costoso replicare le stesse modifiche dopo gli aggiornamenti stessi.

Risposta agli incidenti di sicurezza

Nel periodo 2007–2010 ho assistito ad alcune violazioni della sicurezza del blog di Beppe Grillo, in particolare alcuni “defacement” (cioè la modifica di alcune pagine da parte di terzi esterni).

Non ricordo ci fosse una specifica procedura di risposta agli incidenti di sicurezza, se non il fatto che il provider — l’azienda che forniva e amministrava i server — suggeriva sempre la reinstallazione di tutti i sistemi.

Dopo quegli attacchi ci si era affidati ai tecnici del provider per cercarne le cause e si era discusso internamente la possibilità di rintracciare i responsabili. Una vulnerabilità, in particolare, riguardava il modulo di contatto del Blog, che permetteva l’invio di file allegati senza un preventivo controllo di sicurezza. In quel caso, la soluzione individuata dal responsabile aziendale fu quella di cambiare nome ai file con determinate estensioni (.gif, .exe, .php, …) che venivano caricati.

Ovviamente, non so se dopo il 2010 siano state definite procedure e protocolli diversi. Ad oggi, però, il Blog di Beppe Grillo utilizza una versione obsoleta (4.31) di Movable Type, rilasciata il 20 agosto 2009.

Nelle mani di chi

M5S violato: il primo partito italiano è “a disposizione”

Danilo Toninelli, foto da linkiesta.it

Lo stesso hacker che in agosto aveva dimostrato quanto fosse vulnerabile la piattaforma Rousseau si ripresenta oggi, pubblicando immagini che sembrano confermare che il voto per il candidato premier M5S non è stato affatto sicuro.

Ci sono due aspetti su cui si deve riflettere, perché stiamo parlando del primo partito del Paese, che il prossimo anno potrebbe avere responsabilità di governo.

Il programma

I punti del programma, almeno fino ai primi di agosto, sono stati votati sulla stessa piattaforma. Siamo sicuri che interessi più o meno grandi non abbiano investito qualche soldo per manipolare e orientare il voto, dato che sembra essere così semplice?

No, non lo siamo e non possiamo esserlo: tutte le votazioni su Rousseau sono da considerarsi potenzialmente manipolate. Il sistema è palesemente insicuro, sono stati commessi errori grossolani, sia dal punto di vista tecnico che per quanto concerne la comunicazione delle violazioni di sicurezza.

In un momento storico in cui perfino gli Stati Sovrani indagano sulla sicurezza dei processi democratici “offline”, affinati in centinaia di anni, davvero vogliamo affidare la stesura di un programma a un sistema così facilmente permeabile a infiltrazioni e manipolazioni?

Per chi volesse approfondire il tema della permeabilità e scalabilità del MoVimento 5 Stelle, vi consiglio il libro che ho scritto insieme a Nicola Biondo: Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle, disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

Il metodo

Il modo in cui sono state affrontate queste violazioni è imbarazzante. In estate, l’Associazione Rousseau — che amministra l’omonima piattaforma — ha affermato di aver denunciato il tecnico che per primo aveva segnalato a loro, non pubblicamente, la fragilità della piattaforma. Già questo è un errore grave: quel tecnico avrebbe dovuto ricevere un premio per l’aiuto fornito: Ora nessuno segnalerà più problemi su quel portale, lasciandolo in balìa dei malintenzionati.

Prima e durante il voto per il candidato premier, si sono sprecate frasi a effetto sulla rinnovata sicurezza di Rousseau. Al termine del voto il Blog di Grillo ha scritto:

“Nelle giornate di ieri e oggi abbiamo notato dei tentativi di attacchi, simili ai precedenti, che sono stati respinti. La nostra casa era difesa come una fortezza”.

Ancora oggi, il deputato Toninelli si mostra sicuro di sé, nonostante le tragiche evidenze:

“L’hacker Rogue? “Potrebbe dire qualsiasi cosa, non ci interessa. Non c’è stato assolutamente nessun attacco hacker riuscito. Cerca visibilià”.

Purtroppo, tutto questo evidenzia quanto il M5S e l’associazione Rousseau di Davide Casaleggio non abbiano chiara la gravità dell’accaduto e delle conseguenze. Oppure, peggio, dimostra la volontà di non affrontare seriamente il problema: è fallito, per ora, il tentativo di digitalizzare i processi democratici dei partiti.

La maggiore partecipazione non si ottiene a bassi costi e in sicurezza. Non si ottiene nemmeno a bassi costi e senza sicurezza: il numero di partecipanti e iscritti è comunque meno di un decimo di quello del secondo partito italiano, che usa metodi più tradizionali per scegliere il proprio segretario.

In questo modo, Rousseau è solo uno strumento nelle mani di chi vuole orientare le politiche del MoVimento 5 Stelle: per chi ha molto interesse per farlo e nemmeno troppo denaro, i cancelli della “fortezza digitale” sono spalancati.


Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle è disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo

Io e Nicola Biondo abbiamo affrontato il tema della scalabilità e permeabilità del MoVimento 5 Stelle in Supernova — Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle. Eravamo presenti, dal 2007 al 2014, alla creazione e all’arrivo in Parlamento del M5S: in questo libro raccontiamo la storia di come il sogno di Gianroberto Casaleggio sia diventato un pericoloso inganno.

Supernova è disponibile su Amazon, Google Play, iBooks, IBS, e Kobo.

Rousseau e la Rete del Grillo

Nelle cronache la Casaleggio Associati è sempre definita come la società che gestisce la parte tecnica del Blog, del sito del MoVimento e della piattaforma Rousseau. È la riduttiva narrazione voluta dalla stessa azienda, quella che l’onorevole Luigi Di Maio racconta al Tg1 dopo la morte di Gianroberto. Ma, come abbiamo visto, non è così. L’azienda è il cuore pulsante del MoVimento, che ne è diretta emanazione; le mosse di Davide, in particolare la fondazione dell’Associazione Rousseau dalla quale tiene fuori Grillo, suggeriscono che non ci sia l’intenzione di dare un ordine chiaro ai rapporti tra i due soggetti.

Non è un problema da poco e non è un problema di denaro. O almeno non lo è secondo gli ordini di grandezza a cui eravamo abituati prima di Internet, quando la comunicazione di massa costava tanto.

Non importa quale sia l’entità degli interessi in gioco: è di rilevanza pubblica che una sola persona abbia una grande influenza su un partito potenzialmente di governo, potendo amministrare i suoi processi democratici con grande discrezionalità, senza poteri di controllo interni. Come funzioni la piattaforma Rousseau, quali siano i livelli di accesso e sicurezza, come avvenga il conteggio dei voti, quali siano considerati validi, chi può votare. Tutto ciò è deciso negli uffici di Milano. A Milano si decide quali liste certificare; a Milano si decide chi, tra gli iscritti, ha diritto di voto, visto che questo si acquisisce dopo che il proprio documento di identità viene “convalidato” dagli amministratori della piattaforma; a Milano si decide perfino se e quando indire delle votazioni; a Milano si conosce chi vota cosa e come, anche tra i parlamentari che utilizzano Rousseau.

È di rilevanza pubblica perché Davide Casaleggio è anche presidente della propria società commerciale. A nome di chi parla, quando incontra i suoi clienti e fornitori nel mondo bancario o tra le aziende statali? Per conto dell’azienda o del MoVimento? Quali interessi persegue quando presenta la sua piattaforma Rousseau? Quelli di propaganda del MoVimento o quelli commerciali, per dimostrare le capacità della sua azienda?

A nome di chi parlano i dipendenti della Casaleggio Associati quando si intromettono nella vita del MoVimento, come Maurizio Benzi, socio dell’azienda, quando intervenne contro il Senatore Louis Alberto Orellana nella riunione del MeetUp che portò alla sua espulsione?

E, conoscendo il potere di Casaleggio su tutti gli iscritti, quali interessi perseguono i parlamentari del MoVimento quando presentano leggi che riguardano il business della comunicazione e la tassazione delle multinazionali che operano in Rete? Quelli dei cittadini o quelli di Milano?

Tutte domande che trovano risposta nel macroscopico conflitto di interessi, aggrovigliato come una matassa, che per incapacità organizzativa, per inerzia o peggio la dirigenza e la proprietà del MoVimento hanno creato nel corso degli anni.

Ogni occasione di fare chiarezza è risultata complessa, e da questa situazione hanno tratto vantaggio solo i pochi che hanno le chiavi di tutta la struttura: Davide Casaleggio, i suoi fedelissimi, i suoi dipendenti, la sua azienda. Tutti coloro che hanno a che fare col M5S, che siano parlamentari, parti sociali, imprenditori, partner politici devono prima o poi passare al vaglio di Milano. Dentro o fuori; sì o no; buoni o cattivi: alla fine, tutto passa da via Morone secondo logiche non esclusivamente politiche.

Probabilmente è ormai troppo tardi per porre rimedio: ma sarà utile avere un quadro chiaro se, fra pochi mesi, il MoVimento vincerà le elezioni politiche.

Resta tuttavia una conclusione. Se Silvio Berlusconi oggi avesse avuto vent’anni di meno e avesse scelto di “scendere in campo” con un suo partito, probabilmente avrebbe utilizzato lo stesso schema di Grillo e Casaleggio: la Rete, le società collegate, le fake news, le consulenze…

Ridurre quel sogno di movimento popolare che era il progetto 5 stelle in una Forza Italia 2.0 è stato forse uno dei delitti politici più efferati di questi ultimi anni.