Siamo alla vigilia di un giro sulle montagne russe della crisi di governo. Il pretesto per l’inizio del ballo è la spartizione dei soldi del NextGeneration EU, 209 miliardi, non poca roba, che Conte voleva gestire con una struttura di missione sotto il controllo di Palazzo Chigi. Italia Viva, cogliendo l’occasione, si è messa di traverso e ha fatto saltare il banco.
Data la facilità con cui Conte ha ceduto, Renzi ha deciso di alzare la posta, complice il disastro sulla distribuzione dei vaccini, che sta procedendo molto a rilento.
Così nei prossimi giorni, probabilmente dopo l’epifania, ci sarà qualcosa tra una verifica di governo e un rimpasto. Non credo infatti che l’obiettivo di Renzi sia Conte, quanto piuttosto un suo ridimensionamento.
Tenderei a escludere un voto anticipato: la pandemia non è ancora sotto controllo e nel 2022, come ricorderete, si dovrà eleggere il presidente della Repubblica. E dovrà farlo un parlamento che, per il 60%, deve aspettare ancora un anno e nove mesi per maturare il diritto al trattamento pensionistico.
Lo scenario istituzionale
Ci sono naturalmente altri elementi di contesto importanti da valutare per capire quello che succederà. Non si tratta di fare previsioni, ma di capire quale sia la situazione di partenza.
Dal punto di vista istituzionale, ci sono alcuni appuntamenti elettorali molto importanti nei prossimi mesi, che determineranno il corso degli ultimi anni di legislatura.
Anzitutto il voto a Milano, Torino, Napoli e Roma. Diverse le circostanze.
A Torino, il sindaco uscente dei Cinque Stelle non si ricandida.
A Roma, Virginia Raggi è stata da poco assolta in secondo grado, e non ha intenzione di rinunciare al secondo mandato da sindaco.
A Napoli, Luigi de Magistris ha terminato il suo incarico e si parla di Roberto Fico come possibile candidato.
A Milano il Movimento non ha (mai) grosse aspirazioni e si è già ricandidato il sindaco Sala.
A Torino e Roma si gioca la partita dell’alleanza tra PD e M5s. Se Fico si candidasse a Napoli, si dovrebbe trovare il nuovo presidente della Camera. L’elezione di Roberto Fico era parte dell’accordo tra Movimento e Lega. Forza Italia mantiene la presidenza del Senato. Se dovessero stabilirsi nuovi equilibri, questa sarebbe una casella da riempire alla luce di nuovi accordi.
Lo scenario internazionale
Dal punto di vista internazionale sono due gli elementi che mi pare siano determinanti: l’andamento della pandemia e il nuovo presidente degli Stati Uniti.
La gestione della pandemia, in particolare il piano vaccinale, è un disastro. Prima o poi si farà un bilancio e chiunque abbia permesso una gestione così fallimentare dovrà renderne conto. Non mi stupirei se sul tavolo delle trattative, nei prossimi giorni, ci fossero la gestione commissariale di Arcuri e il ministero della Salute.
Se Renzi volesse fare sul serio, potrebbe reclamare queste due caselle per dimostrare di saper mettere le persone giuste al posto giusto (non sto dicendo che sia in grado di farlo, sto dicendo che ne avrebbe l’occasione) e contemporaneamente utilizzare queste nuove responsabilità per premere sulla richiesta dei fondi messi a disposizione dal MES sanitario.
Il 20 gennaio Biden inizierà il suo mandato di presidente degli Stati Uniti. È importante, in relazione a questa crisi del governo italiano, perché le future relazioni con l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio potrebbero non essere facili. Biden, nel 2017, scrisse un ormai noto articolo in cui confermava che in Italia il Movimento 5 Stelle aveva ricevuto aiuti dalla Russia di Putin.
Di Maio dovrà faticare non poco per convincerlo del contrario, dato che uno dei più ferventi sostenitori dell’amicizia Russo-Stellata – Alessandro Di Battista – potrebbe presto diventare il capo di fatto del suo partito. Di Battista, giova ricordare, andava chiedendo aiuto per la campagna referendaria del 2016 “ai nostri amici dell’ambasciata russa, con tutto quello che abbiamo fatto per loro”. L’abbiamo riportato, mai smentiti, io e Nicola Biondo nel nostro libro Supernova.
Lo scenario politico
Politicamente, quello che potrebbe succedere è un assestamento della maggioranza di governo. Al Senato sono tutti decisivi, ma i numeri cominciano a essere risicati.
Premesso che nessuno vuole andare a votare, bisognerà capire se la soluzione sarà l’ingresso o l’appoggio esplicito di Forza Italia o l’innesto di un gruppo di nuovi “responsabili”, si fa per dire. Il primo caso mi pare complesso: siamo pur sempre in mezzo a una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti, difficile che qualcuno muoia dalla voglia di spendere il proprio marchio per gestire il disastro. Più semplice che parlamentari siano “prestati” senza insegne alla causa, più o meno esplicitamente.
Anche perché la legislatura è a poco più di metà strada e qualche riserva della Repubblica per un governo di unità nazionale prima del voto c’è ancora, in giro. Credo che solo allora Berlusconi e i suoi rischieranno l’alleanza di centro destra, non per salvare Conte.
Una terza ipotesi è l’ingresso del nuovo ipotetico gruppo per sostenere il governo di una figura politica.
Se fosse qualcuno del Movimento 5 Stelle, come ho già detto in passato, credo non si possa escludere Luigi Di Maio. È l’attuale ministro degli esteri, è in parlamento da oltre sette anni, ha ricoperto molte cariche. Politicamente, sarebbe accettabile. Peraltro, Di Battista potrebbe rivendicare di aver contribuito, almeno in parte, a portare il Movimento direttamente a Palazzo Chigi, lasciando l’avversario interno a occuparsi della crisi, non un compito semplice né – con tutta probabilità – politicamente remunerativo.
Se fosse qualcuno del Partito Democratico, ne vedremmo delle belle nel partito di Casaleggio. Sarebbe l’evento scatenante della resa dei conti vera, con Di Battista e Casaleggio ad accusare ogni giorno i governisti di usare i voti degli attivisti per far governare il Partito Democratico. Cinema vero, nonostante le sale chiuse per Covid.