La mossa del Cavallo di Di Battista
Negli ultimi giorni, complice l’attivismo di Matteo Renzi, il governo Conte è tornato a traballare.
In ballo c’è la gestione dei 200 miliardi dei fondi stanziati da Next Generation EU. Sono tanti soldi, che Conte pensava di poter gestire con una struttura di missione nominata da lui e che rispondesse a lui. Non poteva non generare reazioni, che infatti ci sono state.
Queste fibrillazioni si aggiungono agli ammiccamenti delle scorse settimane da parte di Forza Italia, di cui abbiamo pure parlato.
Si stanno creando le condizioni per una nuova maggioranza. Non è detto che succeda, ma se Conte non dovesse reggere si aprono scenari dall’esito non ancora del tutto prevedibile. Secondo me, tra le ipotesi possibili, c’è un governo Di Maio.
Luigi Di Maio è in parlamento da sette anni e mezzo, ha fatto il vice presidente della Camera, il capo di partito, il vice presidente del Consiglio, il ministro dello Sviluppo economico, del Lavoro e, soprattutto, degli Esteri. A prescindere da come questi ruoli sono stati ricoperti – anzi soprattutto per come sono stati ricoperti, e fra un attimo spiego perché – non vedo perché non possa fare il capo del governo.
Il Movimento nelle prossime settimane voterà il nuovo direttorio. I membri verranno votati uno a uno, una mossa per impedire ad Alessandro Di Battista di dominare l’organo collegiale. Ma difficilmente impedirà che ne diventi l’esponente più influente. L’ultima volta che il partito di maggioranza relativa del governo ha cambiato guida in corsa, il governo non ha retto. Enrico Letta fu sostituito da Matteo Renzi.
In questo caso, Di Battista avrebbe tutto l’interesse a indicare Di Maio capo del governo al posto di Conte. I prossimi due anni saranno disastrosi, quale modo migliore per scaricare le responsabilità sull’avversario interno e rivendicare allo stesso momento di aver permesso, con la sua guida, di avere il primo Presidente del Consiglio del Movimento? Potrebbe perfino rivendicare il merito di avere riunito il partito attorno al vecchio capo, a cui viene concessa la gloria, negli ultimi anni di carica parlamentare, della più alta carica istituzionale a cui possa, per età, aspirare.
Nel frattempo, Di Battista e Casaleggio avrebbero tutto il tempo di organizzarsi per la campagna elettorale del 2023, con la corrente di Di Maio impegnata nell’Esecutivo.
Di Maio, per ovvi motivi, non credo rifiuterebbe. Aggiungendo al curriculum la carica di presidente del Consiglio il suo futuro politico sarebbe assicurato, più di quanto già non lo sia, e volendo potrebbe, immagino sia questo il suo pensiero in queste ore, cercare di riprendere la guida del Movimento da Palazzo Chigi (sarebbe comunque difficile per Casaleggio mettersi contro il capo del governo, su qualsiasi tema).
Non sarebbe difficile, per Di Maio, farsi sostenere da Forza Italia, che ha già fatto capire di essere disponibile. Certo, ci sarebbe il rischio di concedere molto spazio all’opposizione di Salvini e Meloni, ma Di Maio non verrà ricandidato quindi non credo sia un problema che lo tocchi da vicino.
Il sabotaggio degli Stati Generali
Chi segue questo blog e il mio podcast sa della guerriglia a bassa intensità che si sta combattendo tra il Movimento 5 Stelle, o meglio il movimento parlamentare, e l’Associazione Rousseau di Davide Casaleggio.
Rousseau – che si autodefinisce il “cuore del Movimento” – è il soggetto attraverso il quale Casaleggio controlla il partito. È indicato all’articolo uno dello Statuto del Movimento come l’unico soggetto titolato a gestire l’amministrazione del Movimento, la sua cassa, i suoi processi di selezione del personale politico. Casaleggio è inamovibile dal proprio ruolo e questo ha generato una crescente tensione coi parlamentari, molti dei quali non potranno più essere ricandidati per via della regola dei due mandati.
Così, da mesi c’è uno scontro tra questi attori, che vede però Casaleggio in posizione di grande vantaggio, per il ruolo che ricopre, il know how che possiede, le risorse finanziarie che può gestire.
Dal punto di vista della comunicazione, la principale confusione è dovuta al fatto che il Blog delle Stelle, l’organo di comunicazione ufficiale del Movimento, è di proprietà di Casaleggio/Rousseau, che quindi ne può disporre come meglio crede.
Casaleggio ha operato nel corso dell’anno per sabotare i cosiddetti Stati Generali, un’iniziativa di Vito Crimi per cercare di spostare il baricentro del potere da Milano verso Roma. Ha cercato di orientare il voto, come vedremo riuscendoci solo in parte, pubblicando quasi quotidianamente contenuti propri, senza confrontarsi con gli altri dirigenti del partito, spingendo la base verso la propria posizione.
Anche la scorsa settimana si sono verificati nuovi episodi di questo scontro.
Si sono svolte le votazioni sull’esito degli Stati Generali, 23 quesiti (vedremo fra poco, l’esito) a cui hanno risposto circa 17mila persone, un decimo degli iscritti al partito.
Subito dopo, il Movimento romano ha convocato una nuova tornata di assemblee virtuali degli Stati Generali, questa volta focalizzati sulla nuova “agenda” politica del partito. Il programma. Contestualmente, è stato annunciato un sito dedicato, diverso da Rousseau, registrato a fine ottobre. Un tentativo, a mio avviso fallimentare in partenza, per dirottare un po’ di traffico dal blog delle Stelle, dominato da Casaleggio.
Queste assemblee si svolgeranno il 19 e il 20 dicembre.
Casaleggio si prende la base
Come si svolgeranno il 19 e 20 dicembre le riunioni organizzate dall’Associazione Rousseau. Una provocazione frontale di Casaleggio nei confronti del partito romano, un ennesimo tentativo di sabotaggio del processo di emancipazione dall’Erede che Crimi sta disperatamente, con poco successo, tentando.
Quando si apre il Blog delle Stelle, infatti, il primo post in evidenza è proprio quello sull’evento di Rousseau, e non su quello del partito, chiamato “La Base incontra Rousseau”. Una provocazione molto evidente, a partire dall’uso del termine “Base”, una presa in giro della traiettoria verso la forma partito che Crimi e Di Maio vorrebbero dare ai Cinque Stelle, in contrasto con la struttura personale di Casaleggio.
Anche l’obiettivo è una sfida di Casaleggio agli Stati generali: “disegnare nuovi spazi – avanzati e personalizzati rispetto ai vecchi meetup – su Rousseau che consentano agli iscritti di creare gruppi locali, incontrarsi, portare avanti battaglie condivise sul proprio territorio”.
Un chiaro tentativo di sfruttare a proprio vantaggio l’esigenza emersa dai territori durante gli Stati Generali, rispondendo con una soluzione prima che lo facciano i parlamentari. Sarebbe una dimostrazione plastica di efficienza della struttura di Casaleggio rispetto a quella proposta da Roma, che ormai si muove coi riti e le lentezze del Palazzo.
Continuo a ritenere che questa sfida sarà vinta da Casaleggio. Lo è già dal punto di vista della comunicazione, per il vantaggio competitivo che ha potendo gestire in prima persona il Blog delle Stelle, ma pure per l’immagine che viene data nell’invito a partecipare – da parte di Casaleggio – rispetto alla sensazione di riunione ristretta che ha quella di Crimi a cui ci si potrà iscrivere dai prossimi giorni, quando tutti si saranno già impegnati a partecipare all’evento di Rousseau.
Casaleggio, invece, si spende in prima persona e sarà in conferenza insieme agli altri soci di Rousseau.
Il voto sui risultati degli Stati Generali
Il 10 e 11 dicembre si sono svolte le prime votazioni sull’esito degli Stati Generali. Rousseau si conferma il posto in cui gli attivisti approvano decisioni già prese altrove: ognuno dei 23 questi ha ricevuto l’approvazione da un insieme molto ridotto di votanti: un decimo degli aventi diritto, che ha votato “sì” tra il 60% e il 95% a seconda del quesito.
Sebbene questo comporti una vittoria formale di Crimi e del partito romano, è chiaro che questa iniziativa è molto poco sentita dalla base.
Le domande riguardavano questioni formali di organizzazione (struttura territoriale, carta dei valori, organi collegiali, riconoscimento di rappresentanze territoriali anche dove non ci sono eletti) e sostanziali di finanziamento.
Questo punto e quello riguardante il rapporto con Rousseau, che dovrà essere regolato da un contratto di servizio o da un accordo di partnership, potrebbero impensierire Casaleggio, che ancora non si espone direttamente.
I comitati di scopo, istituiti per le tornate di elezioni, garantivano flussi di denaro quando cessavano di esistere con le rimanenze versate a Rousseau. Il contratto di servizio potrebbe significare che la piattaforma verrà tolta dallo Statuto M5s.
Tutto dovrà però essere votato su Rousseau, e siccome le parti in causa saranno due difficilmente Casaleggio rinuncerà alla scrittura dei testi dei quesiti e soprattutto a cosa mettere in votazione.
La campagna che sta conducendo è verosimilmente pensata per arrivare preparato al momento della verità, quello vero.
Ci arriverà però con alcuni suoi uomini nel direttorio prossimo venturo e un rapporto con gli attivisti ben più consolidato di quello che hanno i parlamentari.