La scorsa settimana Luigi Marattin ha proposto di obbligare chiunque voglia usare i social network a fornire un documento d’identità, ma evita il dialogo con gli esperti che lo contestano.
Non voglio parlare della proposta (sintesi: è una puttanata, Stefano Zanero qui spiega bene perché), ma il modo in cui non ha interagito in rete con la comunità.
Questa è l’ennesima eredità di Gianroberto Casaleggio. Una delle critiche più fondate che si facevano al Blog di Grillo degli anni Duemila è che fosse un canale unidirezionale.
Grillo, in realtà Casaleggio, scriveva un post, sotto c’erano i commenti ma Grillo non replicava mai.
La scelta era voluta: Casaleggio non ingaggiava mai, in chiaro, una discussione con qualcuno. Piuttosto, pescava dai commenti quelli che riteneva utili a sostenere le sue tesi o raggiungere i suoi obiettivi e li rilanciava.
Così ha fatto Marattin in questi giorni: non ha mai replicato direttamente agli esperti che contestavano, documentatamente, la sua proposta. Pescava dal mucchio alcune critiche, di sua scelta, senza citare l’autore, e le commentava spesso alterando il senso della contestazione iniziale.
Perché Marattin evita il dialogo?
Questo sistema è molto insidioso: permette a chi lo usa di dare una parvenza d’interesse al dialogo, galvanizzando i follower (all’epoca i lettori del Blog) e di fatto non rispondendo mai nel merito delle questioni. I toni assertivi provocano la reazione di chi non è d’accordo, spesso frustrata che quindi porta chi legge a ritenere non sufficientemente solida la contestazione.
Il veleno di Gianroberto
Non è certo il caso di Stefano Zanero, Fabio Chiusi e altri che hanno puntualmente spiegato e documentato i motivi per cui quella proposta è inutile, dannosa e stupida. Ma è interessante, anzi è preoccupante, registrare come il veleno di Gianroberto sia ormai penetrato in quasi tutte le dinamiche politiche, dalla discussione alle visioni più lunghe.