Elezioni europee, la posta in gioco per il Movimento 5 Stelle

 

Alle elezioni europee del 23 maggio 2019 non parteciperà il Regno Unito: salvo incredibili colpi di scena, infatti, Londra uscirà dall’Unione il prossimo marzo e perderà quindi i seggi al Parlamento Europeo che verrà rinnovato.

Che c’entra il Movimento? C’entra, ma va fatto un passo indietro e spiegato come funzionano i gruppi parlamentari a Bruxelles.

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I deputati europei possono iscriversi a un gruppo transanzionale di partiti che condividono gli stessi obiettivi oppure al gruppo cosiddetto dei “non iscritti”. Secondo i regolamenti, per formare un gruppo servono almeno 25 parlamentari di sette paesi diversi (la regola dice 1/4 dei paesi membri, il numero non cambierà anche se ci sarà un paese in meno). I deputati non iscritti hanno fortissime limitazioni in termini economici (niente soldi per i collaboratori) e di azione politica (accesso limitato ai dossier, a determinati ruoli, alle commissioni e minor tempo di parola in assemblea plenaria). Questo è il motivo per cui, quattro anni fa, il Movimento cercò e trovò un accordo con lo UKIP di Nigel Farage per la formazione del “Gruppo per la libertà e la democrazia diretta”.

Tra dicembre 2016 e gennaio 2017 David Borrelli, allora principale esponente del M5s al Parlamento Europeo, trattò l’ingresso del partito nell’Alde; sarebbe stato un fatto storico per molti motivi: sarebbero passati dal gruppo meno europeista a quello più europeista del Continente. Pur tra molti mugugni, la base approvò l’operazione che, però, venne fatta saltare proprio dall’Alde.

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Forse, quell’operazione guardava proprio al problema che si presenterà il prossimo anno: orfano dello UKIP, il M5s non è sicuro di trovare 25 parlamentari di sette paesi diversi per formare un gruppo e ottenere quindi soldi e potere.

Le alternative plausibili sembrano, allo stato, essere due: l’ingresso in “Europa delle Nazioni e della Libertà”, il gruppo di Salvini e di Marine Le Pen, o un accordo simile a quello che fece nel 2009 il Partito Democratico che non entrò nel Partito Socialista Europeo dando però vita al gruppo dei “Socialisti e Democratici”.

Questo preluderebbe, evidentemente, a un accordo di governo continentale col Partito Popolare, che si prevede più spostato a destra sulle posizioni di Orbàn. A suffragio di questa ipotesi, il ripensamento del Movimento proprio sulle sanzioni al premier Ungherese: se i parlamentari europei avevano votato a favore, gli stellati italiani hanno impegnato il governo in senso contrario in sede di Consiglio Europeo.

Altre opzioni (ad esempio un accordo coi Verdi) sembra essere non praticabile sia per l’indisponibilità degli ipotetici alleati sia, e soprattutto, perché difficilmente si vorranno mettere a rischio gli equilibri domestici per trovarne di nuovi a Bruxelles.


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