Abbiamo finalmente capito il ruolo di Davide Casaleggio nel Movimento 5 Stelle: il recupero crediti. Stiamo parlando dei soldi che il regolamento M5s impone agli eletti del partito di versare all’associazione Rousseau, di cui Davide Casaleggio è presidente per gestire l’omonima piattaforma. Gestione non proprio fatta a regola d’arte: Casaleggio è da un anno sotto indagine da parte del Garante per la Privacy, che ha già imposto una multa da 32.000 euro per la violazione della normativa sul trattamento dei dati personali.
Dicevamo, recupero crediti: il Giornale ieri racconta che ai parlamentari arrivano tre solleciti al mese per il versamento dei 300 € ciascuno previsti, sottolineando come, ciononostante, la piattaforma sia “ferma”. Casaleggio, senza citarlo direttamente, ieri replica sul Blog delle Stelle spiegando ai creditori perché devono pagare. Nel farlo, però, ci dà alcune informazioni che sollevano dubbi sulla sua gestione e spiegano perché sia costretto a inseguire i soldi che, evidentemente, gli eletti pentastellati non sono poi così entusiasti di versare nelle casse private dell’associazione dell’Erede.
Giova ricordare che la concessione per gestire i dati e i processi democratici del partito è prevista dallo statuto scritto da Luca Lanzalone — oggi agli arresti domiciliari — , all’art. 1c; il regolamento delle ultime elezioni, invece, prevede — artt. 2q e 6r — che i candidati versino a Rousseau 300 euro al mese destinato al “mantenimento delle piattaforme tecnologiche”. Casaleggio, nel suo articolo, racconta che quei soldi sono usati anche per organizzare “corsi e giornate di approfondimento” e la “Rousseau Open Academy”, un sitarello con alcuni video girati dai parlamentari (con le attrezzature pagate da chi?). Tutte attività che il partito non ha deliberato di finanziare, che anzi vengono presentate sempre a nome dell’associazione privata, la quale ha brevettato i propri marchi.
Junior, dunque, ha in concessione lo sviluppo di una piattaforma informatica e si impegna a farla utilizzare entro il 2018 a un milione di persone; per farlo si fa dare un fiume di denaro — che sollecita regolarmente — ma
- dopo un anno gli iscritti sono in calo, poco più di 100.000 rispetto ai quasi 150.000 dichiarati negli anni scorsi
- la piattaforma Rousseau è tecnicamente una ciofeca — è stata più volte violata — e la gestione dei suoi dati è risultata illegale
- almeno parte dei fondi, invece di essere utilizzati per la messa in sicurezza e lo sviluppo, sono utilizzati per eventi e iniziative esclusive dell’ente privato concessionario
- l’autodifesa del presidente dell’associazione privata Rousseau arriva dall’organo ufficiale del primo partito di governo, utilizzato come blog personale dal suo gestore — che è sempre Davide Casaleggio
Ci sarebbero ampi margini per la revoca della concessione: in breve, Casaleggio si comporta come il Benetton di Luigi Di Maio.
Un altro fatto è interessante: Davide Casaleggio nel perorare la causa della sua ciofeca digitale la paragona all’automobile, all’iPhone, a Netflix. Il futuro della democrazia spiegata come un prodotto commerciale (parasussidiato dal pubblico, in questo caso). D’altronde, l’Erede viene spesso avvistato a farne una vera e propria promozione in Italia e all’estero; di più: gode di una schiera di testimonial di lusso, una truppa di 330 parlamentari, ministri, viceministri, sottosegretari, qualche migliaio di consiglieri comunali e regionali, che non perdono occasione per sponsorizzare la sua merce e invitano a effettuare donazioni all’associazione Rousseau.
Come da tradizione famigliar-aziendale, infine, gli stipendi li paga qualcun altro: prima Pietro Dettori viene spostato da Casaleggio Associati a Rousseau, con gran beneficio al bilancio dell’azienda; oggi passa da Rousseau al ministero di Di Maio insieme al socio Bugani, che assomma le cariche di consigliere comunale e vicecapo segreteria sempre di Di Maio.
Ci sarà da lavorare molto per districare questa matassa di interessi, incarichi, girandole di soldi e traffico di influenze che stanno governando il paese.