Mortificazione del senso nazionale
Da molto cercavo le parole, gli esempi e il momento per esprimere al meglio il concetto. Ora li ho trovati.
Io odio la Patria. Non ce l’ho in particolare con l’Italia o gl’italiani: odio il concetto di Patria, residuato dell’epoca più buia della pur breve storia dell’uomo.
Patria, “terra dei padri”: non ha alcun senso provare sentimenti verso una particolare zona del mondo solo perché ci si è nati. Non c’è alcun merito né demerito nel nascere italiano, inglese, francese, americano, giapponese, africano; non c’è un popolo più meritevole di altri per diritto divino o di nascita. Amare la Patria implica un orgoglio di appartenenza che non ha senso di essere, una superiorità intrinseca che presuppone l’indegnità dell’altro in quanto amante di altre patrie. Un abominio antropologico.
È questo il momento giusto per dirlo: in nome della patria, nel paese in cui ho avuto la sorte di venire al mondo, si sta consumando di nuovo l’orrore. È questo il momento in cui meglio si comprende il pericolo dell’amor di patria.
In nome della patria si abbandonano per mare disperati che hanno la sorte non solo di non essere nati entro determinati confini, ma anche di avere la pelle scura.
In nome della patria si tornano a cercare capri espiatori dei propri fallimenti nelle minoranze.
In nome della patria, della sua difesa, lo Stato stringe amicizie coi peggiori autocrati del nostro tempo.
In nome della patria, oltreoceano, s’ingabbiano bambini.
Io provo disgusto per la patria. Anche se fosse vero che la patria stia subendo un abuso e un oltraggio, poco importa: coltivare l’amor patrio è un rischio che non si può correre. È un’arma troppo potente per correre il pericolo che finisca nelle proverbiali mani sbagliate. Un sentimento troppo intenso per essere governato.
L’amor di patria è un ingombrante parassita che in molti, troppi casi si appropria degli spazi propri della misericordia e della pietà umana. Un virus che si moltiplica nutrendosi e fagocitando la compassione.
Io, figlio, fratello e cognato di militari, fui tra coloro che apprezzarono il ritorno della parata del due giugno, dei tricolori per le strade, dei festeggiamenti per il la ricorrenza della fondazione della Patria. Penso ora che le scelte del presidente Ciampi siano state sciagurate: è troppo semplice, per chi non conosce vergogna, trasformare l’omaggio a chi offre la propria vita per la sicurezza dei connazionali in una prova muscolare di bullismo.
Le nostre società hanno bisogno degli Stati per organizzarsi: questo è comprensibile. Ci servono regole, strutture, organi che garantiscano il vivere civile. Ho rispetto per l’autorità dello Stato e delle organizzazioni sovrastatali quando sono funzionali a garantire libertà, diritti e servizi alla comunità. Ammiro quelle comunità e quegli Stati che stabiliscono regole semplici per aderire alle loro carte fondamentali dei valori tramite ciò che chiamiamo cittadinanza. Cerco con curiosità di arricchire la mia comprensione del mondo attraverso la scoperta delle culture che abitano e fanno vivere la mia città, Londra.
Non ho invece rispetto per la patria che subordina libertà e diritti in funzione del luogo di nascita, un principio privo di qualsiasi logica che accetti l’uguaglianza di tutti gli uomini e donne.
Se questo è la patria, io odio la patria.