Di meschini, sciacalli e bugiardi
Ieri, l’Ereditiere Davide Casaleggio ha confermato di aver cacciato di proposito Jacopo Iacoboni dalla convention di Ivrea, dandogli del meschino e ricordando l’ultimo comunicato stampa di suo padre, Gianroberto Casaleggio, che lo chiamava sciacallo e smentiva le ricostruzioni del giornalista. Tenete a mente questo dettaglio, ci torniamo fra un attimo.
Vi racconto intanto un episodio su Davide che mi riguarda.
Siamo nel 2009 e io sono un dipendente di Casaleggio Associati. Ad aprile, un mio parente stretto — già malato — si aggrava. La situazione era tale per cui chiesi a un collega di poterlo sostituire in un viaggio aziendale a Roma, dove vive quel ramo della mia famiglia, per poterlo salutare, cosa che grazie a quel collega potei fare.
Informai, inoltre, tutti i miei capi che entro poco tempo avrei potuto avere bisogno di qualche giorno di ferie, facendo intendere l’imminente possibile funerale. Per qualche motivo che ignoro, la cosa irritò Davide. Il mio caro mancò a metà maggio.
Quel fine settimana chiesi tre giorni di ferie, sempre informando tutti i soci via mail e Davide di persona la domenica, visto che entrambi ci trovavamo a Torino alla fiera del Libro.
Spensi quindi il telefono e andai di nuovo a Roma.
Per scrupolo, la mattina del funerale controllai la posta. In replica alla mia richiesta formale di ferie, mi viene chiesto di tornare a Milano la mattina seguente entro le 10 per improrogabili impegni. Rispondo che l’unico modo sarebbe stato, per motivi organizzativi, lasciare la cerimonia funebre. Cosa che feci.
Davide mi rispose quindi privatamente ammettendo che il problema non era lavorativo, ma che non avevo risposto a una sua telefonata che mi fece mentre mi trovavo nella camera mortuaria. Del resto, quale momento più opportuno per telefonare a un proprio dipendente, se non quando sai che sta piangendo un parente defunto.
Tornato al lavoro, infatti, non ebbi consegne al di fuori della routine per 10 giorni. Non c’era nessuna urgenza.
Questo è il modo in cui capitava venissero trattati i dipendenti di Davide, che lo sappiano coloro che pensano di fare accordi con queste persone. Se non sbaglio c’è una parola precisa per definire questo genere di atteggiamento da parte delle aziende nei confronti dei loro dipendenti.
Ma non è tutto.
Tornato in ufficio Davide insinuò che non avessi mai avuto alcun parente malato o morto. A quel punto mi recai nello studio di Gianroberto — col quale avevo un ottimo rapporto e che era il presidente dell’azienda— e gli raccontai tutta la vicenda dall’inizio alla fine, pretendendo le scuse di suo figlio, che era anche suo socio.
Mi disse: “Ti chiedo io scusa per lui e per conto dell’azienda. Davide fatica a nascondere la gelosia nei confronti delle persone con cui vado d’accordo. Ti assicuro che gli farò pesare tutto il mio disagio per quanto accaduto e, di nuovo, ti chiedo scusa”.
Mi è tornato in mente questo episodio proprio a causa della citazione di quel suo ultimo comunicato. Gianroberto smentiva con forza, dandogli addirittura dello sciacallo, la ricostruzione di Iacoboni secondo cui Davide avrebbe assunto il controllo delle attività relative al Movimento di lì a breve.
È da notare che non si trova una sola dichiarazione di Gianroberto Casaleggio sul figlio. Nessuno, o quasi, sapeva in quel momento chi fosse. La notizia era quindi clamorosa, se confermata, come poi si è incaricata di fare la Storia.
Tutti coloro che andavano d’accordo con Gianroberto, in un modo o nell’altro sono stati allontanati. Io me ne andai a un anno da quell’episodio (continuando però a lavorare con Gianroberto, sentendolo settimanalmente). Così fece il mio collega David. Lo stesso è capitato a Matteo Ponzano, Nicola Biondo e Filippo Pittarello.
Eppure, mai Gianroberto aveva parlato di suo figlio in relazione al M5S. Mai aveva fatto sapere di voler fondare l’associazione Rousseau, costituita mentre Roberto è sul letto di morte a poche ore dal suo trapasso, consentendo a Davide, aiutato dai suoi avvocati, di diventarne il dominus.
Lui, un figlio di cui Gianroberto era costretto a scusarsi coi propri dipendenti, che raramente il padre presentava ai suoi uomini di fiducia, che quasi nessuno, prima di quel momento, conosceva tra i parlamentari M5S. L’unico riferimento pubblico a questo suo figlio è quel comunicato di smentita di Iacoboni. L’ultima cosa che Gianroberto ha voluto fare nella sua vita, dalla clinica in cui si era fatto registrare come Gianni Isolato, è negare con forza di voler lasciare la sua creatura politica, frutto del lavoro di vent’anni, a suo figlio, che invece riuscirà a ereditarla con un atto notarile per soli trecento euro.
Proprio il comportamento coerente che ci si aspetta da una persona lucida nelle sue ultime ore di vita. Quello che tutti noi penseremmo di fare se fossimo consapevoli di aver poco tempo prima del commiato da questa Terra: un atto notarile e un comunicato stampa per negarlo.
Se fossi Iacoboni, andrei fiero di essere chiamato meschino da un soggetto come Davide Casaleggio.