Nelle cronache la Casaleggio Associati è sempre definita come la società che gestisce la parte tecnica del Blog, del sito del MoVimento e della piattaforma Rousseau. È la riduttiva narrazione voluta dalla stessa azienda, quella che l’onorevole Luigi Di Maio racconta al Tg1 dopo la morte di Gianroberto. Ma, come abbiamo visto, non è così. L’azienda è il cuore pulsante del MoVimento, che ne è diretta emanazione; le mosse di Davide, in particolare la fondazione dell’Associazione Rousseau dalla quale tiene fuori Grillo, suggeriscono che non ci sia l’intenzione di dare un ordine chiaro ai rapporti tra i due soggetti.
Non è un problema da poco e non è un problema di denaro. O almeno non lo è secondo gli ordini di grandezza a cui eravamo abituati prima di Internet, quando la comunicazione di massa costava tanto.
Non importa quale sia l’entità degli interessi in gioco: è di rilevanza pubblica che una sola persona abbia una grande influenza su un partito potenzialmente di governo, potendo amministrare i suoi processi democratici con grande discrezionalità, senza poteri di controllo interni. Come funzioni la piattaforma Rousseau, quali siano i livelli di accesso e sicurezza, come avvenga il conteggio dei voti, quali siano considerati validi, chi può votare. Tutto ciò è deciso negli uffici di Milano. A Milano si decide quali liste certificare; a Milano si decide chi, tra gli iscritti, ha diritto di voto, visto che questo si acquisisce dopo che il proprio documento di identità viene “convalidato” dagli amministratori della piattaforma; a Milano si decide perfino se e quando indire delle votazioni; a Milano si conosce chi vota cosa e come, anche tra i parlamentari che utilizzano Rousseau.
È di rilevanza pubblica perché Davide Casaleggio è anche presidente della propria società commerciale. A nome di chi parla, quando incontra i suoi clienti e fornitori nel mondo bancario o tra le aziende statali? Per conto dell’azienda o del MoVimento? Quali interessi persegue quando presenta la sua piattaforma Rousseau? Quelli di propaganda del MoVimento o quelli commerciali, per dimostrare le capacità della sua azienda?
A nome di chi parlano i dipendenti della Casaleggio Associati quando si intromettono nella vita del MoVimento, come Maurizio Benzi, socio dell’azienda, quando intervenne contro il Senatore Louis Alberto Orellana nella riunione del MeetUp che portò alla sua espulsione?
E, conoscendo il potere di Casaleggio su tutti gli iscritti, quali interessi perseguono i parlamentari del MoVimento quando presentano leggi che riguardano il business della comunicazione e la tassazione delle multinazionali che operano in Rete? Quelli dei cittadini o quelli di Milano?
Tutte domande che trovano risposta nel macroscopico conflitto di interessi, aggrovigliato come una matassa, che per incapacità organizzativa, per inerzia o peggio la dirigenza e la proprietà del MoVimento hanno creato nel corso degli anni.
Ogni occasione di fare chiarezza è risultata complessa, e da questa situazione hanno tratto vantaggio solo i pochi che hanno le chiavi di tutta la struttura: Davide Casaleggio, i suoi fedelissimi, i suoi dipendenti, la sua azienda. Tutti coloro che hanno a che fare col M5S, che siano parlamentari, parti sociali, imprenditori, partner politici devono prima o poi passare al vaglio di Milano. Dentro o fuori; sì o no; buoni o cattivi: alla fine, tutto passa da via Morone secondo logiche non esclusivamente politiche.
Probabilmente è ormai troppo tardi per porre rimedio: ma sarà utile avere un quadro chiaro se, fra pochi mesi, il MoVimento vincerà le elezioni politiche.
Resta tuttavia una conclusione. Se Silvio Berlusconi oggi avesse avuto vent’anni di meno e avesse scelto di “scendere in campo” con un suo partito, probabilmente avrebbe utilizzato lo stesso schema di Grillo e Casaleggio: la Rete, le società collegate, le fake news, le consulenze…
Ridurre quel sogno di movimento popolare che era il progetto 5 stelle in una Forza Italia 2.0 è stato forse uno dei delitti politici più efferati di questi ultimi anni.